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Telmo Pievani: «Se muore la biodiversità moriamo anche noi»

di Vincenzo Petraglia
7 Febbraio 2024

Si parla spesso (e comunque sempre non a sufficienza!) di cambiamento climatico, molto meno di salvaguardia degli ecosistemi. Un errore che può rivelarsi fatale per la nostra salute e quella del pianeta. Vediamo perché con uno dei massimi esperti italiani di biologia ed evoluzionismo, che ci spiega anche cosa possiamo fare per migliorare le cose. Prima che sia davvero troppo tardi...

Telmo Pievani è uno dei più apprezzati divulgatori scientifici in circolazione. Filosofo, evoluzionista, scrittore con all’attivo svariati libri, autore di programmi televisivi di successo dedicati al mondo della scienza, docente di Filosofia delle Scienze biologiche presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova.

Lo abbiamo conosciuto in occasione dell’ultima edizione de I Dialoghi di Trani e con lui abbiamo parlato in quest’intervista di biodiversità e cambiamenti climatici, allevamenti intensivi e reali rischi che come genere umano corriamo, anche a livello di nuove possibili pandemie future in un contesto, quello naturale e ambientale, dove tutto è collegato e nulla può essere trattato in modo a sé stante. Pena il futuro (non tanto lontano) nostro e dell’intero pianeta. A meno che non si riesca a invertire prima possibile la rotta. Come fare ce lo spiega Pievani in quest’interessantissima intervista che riguarda da molto vicino tutti noi. 

Telmo Pievani

Telmo Pievani (foto: Rossano Ronci)

Siamo veramente vicinissimi al punto di non ritorno per quel che riguarda i cambiamenti climatici?

Purtroppo sì. Se le politiche rimarranno le stesse di oggi, non solo supereremo la soglia di 1,5 gradi, ma andremo oltre i 2 gradi. Gli scienziati, analizzando svariati ambiti – ghiacci polari, correnti oceaniche, permafrost, foreste boreali -, sono concordi sul fatto che, raggiunti gli 1,5 gradi, andremo con grande probabilità incontro a un punto di non ritorno, una sorta di effetto domino che avrà conseguenze a cascata devastanti per la vita sulla Terra.

Il problema è che la pandemia, la guerra, la crisi economica hanno rallentato il percorso che si era intrapreso con relativa decisione qualche anno fa…

È vero ahinoi, prima della pandemia il cambiamento climatico si era finalmente guadagnato il posto che meritava, anche nel dibattito pubblico, anche grazie ai movimenti giovanili e ovviamente ai dati sempre più allarmanti e alle conseguenze sempre più palpabili derivanti da questo macro problema. Si stavano cominciando a prendere misure interessanti sul piano economico per una profonda riconversione del modello di business capitalistico, mentre adesso, purtroppo, pare che la crisi sociale ed economica abbia messo di nuovo in secondo piano il dibattito e l’impegno delle nazioni, in quanto la politica non riesce, causa le necessità contingenti, più a guardare in prospettiva, ma cerca solo di correre ai ripari per tamponare la situazione di instabilità, la paura, il disorientamento, e la rabbia sociale.

Così è per il tema della biodiversità, quanto mai importante, perché interagisce con il cambiamento climatico ed è al centro della crisi ambientale: oggi purtroppo è diventato qualcosa da trafiletto in ultima pagina dei giornali.

Eppure l’ozono, che secondo gli ultimi dati potrebbe chiudersi tra il 2045 e il 2066, ha dimostrato che se si vuole i problemi da noi stessi causati si possono risolvere. Perché non si riesce a fare altrettanto nei confronti della lotta al riscaldamento globale?

Il riscaldamento globale è un fenomeno difficile da afferrare per la nostra mente perché è graduale, progressivo, non lineare. È un qualcosa di probabilistico, determinato da medie e statistiche, quindi non si può sapere con certezza se e quando accadrà un determinato disastro ambientale. Per questo la nostra mente fatica a capirlo. Se poi a tutto ciò aggiungiamo interessi economici, negazionismo e fake news, si capisce quanto la situazione sia a dir poco complessa e renda difficile mettersi d’accordo sull’evidenza del fenomeno e di conseguenza agire in modo deciso e concreto per fare qualcosa di veramente efficace.

bosco

Foto: Gryffyn. M. / Unsplash

Poco fa accennava all’importanza della biodiversità e a quanto la sua salvaguardia sia presa ancora meno in considerazione rispetto alla lotta al climate change. Ma qual è esattamente la relazione fra cambiamenti climatici ed erosione della biodiversità?

La crisi climatica ha effetti estremamente negativi sugli ecosistemi, li impoverisce, e questo incide sulle nostre condizioni sociali ed economiche. Ovviamente a pagare il prezzo più alto sono i Paesi più poveri, quelli delle zone tropicali ed equatoriali. La crisi ambientale quindi ha anche forti implicazioni di ingiustizia sociale: aumentano disuguaglianze, tensioni, conflitti, flussi migratori legati a povertà, guerre e carestie, legate a loro volta alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

La stessa probabilità che esploda una pandemia – e quella da Covid 19 l’ha dimostrato ampiamente – è legata alla distruzione dell’ambiente. Più devastiamo le foreste primarie, habitat privilegiato di animali-serbatoio di virus, più aumenta la probabilità che avvengano salti di specie e, con essi, che si verifichi la comparsa di pandemie devastanti

Se proseguiamo nella distruzione delle popolazioni di insetti impollinatori, fra cui per esempio le api, ma non solo esse, come sta purtroppo accadendo, pagheremo un costo altissimo, visto che più del 70% delle colture alimentari umane nel mondo dipende direttamente o indirettamente da quegli insetti.

Ape

Foto: Krzysztof Niewolny / Unsplash

I dati sulla distruzione della biodiversità in generale sono drammatici: si parla di una riduzione superiore al 30%, il che significa che una sola specie, quella umana, ha annientato in pratica un terzo di tutte le altre specie viventi. E attenzione, non parliamo solo di specie animali, che sono forse quelle a cui siamo più attente anche per un discorso di maggiore affezione che abbiamo nei confronti degli animali, ma anche di drammatica scomparsa delle piante.

Tanto per fare un esempio, nelle acque dolci, quindi fiumi e laghi, la perdita di biodiversità nell’ultimo mezzo secolo si aggira intorno all’80%. Qualcosa che a livello evolutivo non è mai successo nella storia, neppure al tempo dell’impatto degli asteroidi sulla Terra o delle grandi eruzioni vulcaniche. Siamo oltre qualsiasi capacità rigenerativa da parte della natura! E il problema è che se “muore” la biodiversità moriamo anche noi.

Ovviamente il clima sulla Terra è cambiato anche in passato e le specie si sono adattate, ma questa volta tutto sta cambiando troppo velocemente, e non a causa di cicli naturali ma a causa delle attività umane climalteranti, e questo va a colpire una biodiversità già sottoposta a una fortissima pressione. Il risultato sarà, se non si inverte velocemente la rotta, che pagheremo tutti un prezzo molto salato per tutti i danni che stiamo provocando al nostro pianeta, alla nostra casa…

Come se ne esce?

Dobbiamo capire che investire nella salvaguardia della biodiversità conviene a tutti. Ogni essere vivente sulla Terra è legato da un rapporto di parentela, da una comune genealogia che dà vita a quello che Charles Darwin chiamò l’albero della vita, un grande albero della biodiversità che partendo da un antenato comune universale e unicellulare vissuto intorno a 3,7 miliardi di anni fa ha portato, attraverso una serie infinita di variazioni, adattamenti e meccanismi evolutivi, alla diversità delle forme di vita sul nostro pianeta. Dunque, si capisce quanto sia importante conoscere e proteggere la biodiversità, perché ogni cosa in questo nostro mondo è interrelata.

Se non la proteggiamo ne paghiamo presto o tardi tutti le conseguenze, come ben ha dimostrato d’altronde nella sua tragicità la pandemia, che ci è costata molto più di quanto ci sarebbe costato investire in prevenzione. La prevenzione, infatti, è un investimento, non un costo.

Bisognerebbe chiedersi: quanto si guadagna devastando per esempio la foresta primaria in Amazzonia? Sono stati fatti degli studi e si è visto che si guadagna molto di più preservandola, per tutti i vantaggi che la prevenzione offre: minori costi legati ai maggiori rischi di pandemie, calamità naturali, emissioni di anidride carbonica con conseguenti costi da sostenere per la salute, e così via. Dunque non si capisce perché si continui a perseverare in azioni così dannose per tutti, anche a livello economico.

Trasferendo questo concetto dal globale al nostro Paese, il cui territorio, lo sappiamo, è molto fragile, dovremmo chiederci: quanto ci costa ogni anno il dissesto idrogeologico? La risposta è: molto di più rispetto a quanto ci costerebbe se facessimo prevenzione; si stima un decimo di quanto spendiamo per riparare e ripristinare ciò che viene distrutto dalle calamità naturali.

Dovremmo imparare a non correre ai ripari solo quando la catastrofe è avvenuta. Sappiamo già le conseguenze dell’interramento e della cementificazione di un fiume; perché dunque ci comportiamo come se non lo sapessimo? Quando le cose accadono, ormai è già troppo tardi, meglio dunque prevenirle. A maggior ragione in un Paese come l’Italia, che vanta uno dei tassi di biodiversità più alti al mondo, favorito proprio dalla particolare e irregolare conformazione geografica e geologica del territorio, che rendono al tempo stesso lo Stivale un luogo ricchissimo e fragilissimo, pertanto da proteggere.

Quali sono le aree più a rischio in Italia per quel che riguarda la biodiversità?

Le isole, che hanno molta biodiversità a causa delle loro isolamento, e le montagne, per via della progressiva fusione di tutti i ghiacciai alpini. Attualmente il 19% della superficie totale dell’Italia è protetto, l’obiettivo è quello di raggiungere il 30% e il Pnrr, grazie all’istituzione del Centro nazionale per la biodiversità, può darci una grossa mano in questo senso.

pipistrello

Foto: Nils Bouillard / Unsplash

Prima si parlava della pandemia e di come essa sia strettamente legata ai cambiamenti climatici e ai danni che l’uomo sta perpetrando nei confronti dell’ambiente e della biodiversità…

Crisi climatica e zoonosi, vale a dire la fuga di virus da aree remote ad ambienti a noi vicini, sono strettamente correlate e il rischio che in futuro ci siano altre pandemie è alto. D’altronde solo in Cina si stima che ci siano circa 5mila coronavirus. La deforestazione selvaggia inevitabilmente spinge gli animali selvatici, come per esempio i pipistrelli, ad avvicinarsi sempre di più alle aree urbane abitate dagli essere umani, dove peraltro abitudini pericolosissime come i Wet market e lo smercio di animali come pipistrelli appunto, ma anche pangolini, scimmie ed altre specie animali, innalzano ulteriormente i rischi che corriamo.

Oltre ai virus, un altro rischio con cui probabilmente dovremo convivere è quello dei batteri killer.

Sì, batteri che diventano sempre più resistenti anche a causa dell’abuso che si fa nella società contemporanea di antibiotici, sia assunti direttamente che tramite gli ambienti inquinati da antibiotici, come per esempio fiumi e mari, o tramite la carne animale, specie quella proveniente dagli allevamenti intensivi. Questo cocktail di farmaci crea appunto antibiotico-resistenza, una minaccia molto molto seria per la salute.

Il nostro corpo è popolato da batteri, in parte amici del nostro organismo, in parte nostri nemici molto pericolosi. Il problema è che il nostro universo dei microbi si sta “desertificando”: secondo alcuni studi, mediamente un individuo che vive in una società occidentale ne ha tre volte in meno rispetto a una persona che vive in una zona remota del pianeta. Una perdita a cui l’abuso di antibiotici contribuisce in modo determinate insieme ad altre cause, come per esempio l’allattamento artificiale, esponendo il nostro organismo a rischi sempre maggiori. Basta solo pensare all’aumento esponenziale di malattie autoimmuni e allergiche nei Paesi occidentali che sono spesso legate proprio all’impoverimento del nostro microbiota intestinale. Bisogna affrontare quanto prima e in modo serio la questione, perché il rischio – e qui torna ancora una volta il tema della prevenzione! – è che si cominci a farlo quando ormai sarà già troppo tardi.

Vincenzo Petraglia

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Telmo Pievani

Filosofo della biologia ed evoluzionista