Ha preoccupato per decenni, ma il problema sembra essere finalmente in via di risoluzione. Perché lo stesso approccio non può essere usato per combattere la crisi climatica?
L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha annunciato che la chiusura del buco dell’ozono dovrebbe avvenire tra il 2045 e il 2066. L’epilogo annunciato di uno dei fenomeni metereologici più noti all’opinione pubblica sembra incredibile, ma la notizia è confermata dal report: “Valutazione scientifica della riduzione dell’ozono”, di ottobre 2022. Il rapporto, che viene pubblicato con regolarità dal 1989, è realizzato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite, dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, dalla NASA – l’Agenzia responsabile del programma e della ricerca aerospaziale negli Stati Uniti – e dalla Commissione Europea.
Cosa è il buco nell’ozono e perché si è formato
L’ozono è un gas composto da tre atomi di ossigeno che si trova in atmosfera, dove forma uno strato che protegge la Terra dai raggi ultravioletti del Sole. Questi raggi, detti UVB, fanno aumentare la temperatura media del Pianeta, possono danneggiare la flora e la fauna e provocare malattie alla pelle.
Nel 1974, grazie alle ricerche degli scienziati Frank Sherwood Rowland, Mario Molina e Paul Crutzen viene scoperta una pericolosa apertura in questo strato protettivo di ozono. Viene anche individuata la causa in alcune sostanze dette ODS, Ozone Depleting Substance, tra le quali sono compresi i clorofluorocarburi, contenuti nelle bombolette spray e negli impianti refrigeranti. Queste sostanze, sebbene emesse sulla terra, riescono a raggiungere la stratosfera e indebolire lo strato di ozono grazie alla loro lunga “vita atmosferica”.
Dal protocollo di Montréal a oggi
Nel 1987 il Protocollo di Montréal, che vieta la produzione e la vendita di clorofluorocarburi, viene firmato da tutti i 197 paesi membri delle Nazioni Unite. Un caso unico di unanimità. Nel 1990 viene istituito il Fondo multilaterale per l’implementazione del Protocollo di Montréal, che finanzia progetti e attività nei paesi in via di sviluppo a favore della protezione dell’ozono.
Nel corso degli anni la situazione migliora anche se, nel 2021 la NASA e la NOAA, l’amministrazione nazionale per l’oceano e l’atmosfera degli Stati Uniti, annunciavano che il buco dell’ozono aveva raggiunto l’ampiezza di 24,8 milioni di chilometri quadrati. La situazione più critica dal 1979. L’accordo e il fondo stanno però funzionando: dal 1987 a oggi, il divieto di usare clorofluorocarburi ha evitato che 135 miliardi di tonnellate di gas serra raggiungessero l’atmosfera.
Buco nell’ozono e crisi climatica: un esempio da seguire
Oggi, grazie alle ricerche della comunità scientifica internazionale, sappiamo che la chiusura completa del buco dell’ozono è prevista in Antartide intorno al 2066, mentre sull’Artico intorno al 2045. Si tratta di un ottimo risultato ottenuto in seguito a una decisione politica internazionale che ha portato a un cambiamento produttivo ed economico. Il buco dell’ozono è quindi un fenomeno meteorologico di origine antropica, proprio come la sua soluzione. In pratica: dopo aver creato il problema, lo abbiamo anche risolto.
Ma perché non è possibile intervenire in maniera equivalente per fermare gli effetti della crisi climatica in atto come inondazioni, siccità e aumento delle temperature? Lo abbiamo chiesto ai divulgatori scientifici Federico Grazzini, PhD in meteorologia ed esperto di scienze dell’atmosfera e del clima e Sergio Rossi, laureato in fisica e scrittore. Insieme, sono anche autori del libro “Fa un po’ caldo. Breve storia del riscaldamento globale e dei suoi protagonisti”.
L’impressione è che il tema del buco dell’ozono sia diventato sempre più familiare al grande pubblico dopo la sua scoperta. Siete d’accordo?
Era già conosciuto fuori dalla comunità scientifica fin dagli anni settanta, dato che si trovano sue tracce in molti fumetti e romanzi di fantascienza di quegli anni. Poi, dopo il 1985, è di certo entrato nell’immaginario.
Che collegamento c’è tra la chiusura del buco dell’ozono e la crisi climatica in generale?
Il buco nello strato di ozono e il riscaldamento globale che ha innescato la crisi climatica, pur essendo fenomeni distinti, sono entrambi legati alle attività umane. Il riscaldamento è dovuto all’accesso di gas serra, in particolare anidride carbonica e metano, che abbiamo immesso in atmosfera, e il buco nell’ozono è dovuto ai gas clorofluorocarburi (CFC) contenuti in bombolette spray, estintori e frigoriferi. I CFC, pur essendo presenti in bassissime concentrazioni in atmosfera, sono anche dei potentissimi gas serra. Quindi, una loro riduzione rappresenta un doppio vantaggio per l’ecosistema naturale nel suo complesso, esseri umani compresi.
Perché si fatica a innescare lo stesso processo e ad agire concretamente su altri fenomeni che dimostrano la crisi climatica?
Perché, a parere nostro, alla fine sostituire i gas CFC è stato costoso ma non troppo, dato che frigoriferi, estintori e bombolette ci sono ancora, ma eliminare il petrolio, il carbone, il metano e gli altri combustibili fossili significa toccare ogni punto del nostro sistema economico e sociale che su questi è basato.
Patrizia Riso