Wise Society : Perché abbiamo bisogno di una Giornata mondiale dell’acqua

Perché abbiamo bisogno di una Giornata mondiale dell’acqua

di Valentina Neri
21 Marzo 2024
SPECIALE : La guida per conoscere l’acqua

L’acqua è una risorsa scarsa e, dunque, può essere causa di conflitti se non è gestita in modo equo e lungimirante. Ce lo ricorda la Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo.

Il 22 marzo è la data scelta dalle Nazioni Unite per celebrare una risorsa che ci accomuna tutti. È vitale per esseri umani, animali e piante; è indispensabile per qualsiasi attività economica, dall’agricoltura biologica all’intelligenza artificiale; è al tempo stesso un mezzo di trasporto, un habitat, una fonte di energia. Il 22 marzo, infatti, è la Giornata mondiale dell’acqua.

Giornata mondiale dell'acqua 2024

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Cos’è la Giornata mondiale dell’acqua

La decisione di istituire una Giornata mondiale dell’acqua, e fissarla per il 22 marzo, risale al 1992. Per la precisione al Summit della Terra delle Nazioni Unite tenutosi a Rio de Janeiro, in Brasile, dal 3 al 14 giugno. Un appuntamento storico, perché centinaia di capi di Stato e di governo, oltre a migliaia di esponenti delle organizzazioni non governative, si riunirono per gettare le basi di quello che nei decenni successivi sarebbe stato il lungo lavoro collettivo per rendere più sostenibile il modello di sviluppo.

Tra i risultati ci furono appunto la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e sullo sviluppo, l’accordo sulla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), la Convenzione sulla diversità biologica, l’Agenda 21 e altri documenti fondamentali.

Proprio nell’Agenda 21, oltre 170 Paesi membri delle Nazioni Unite si impegnano a istituire una Giornata mondiale dell’acqua. La data che verrà poi scelta successivamente è il 22 marzo. Come le altre giornate mondiali, è un’occasione per creare consapevolezza a tutti i livelli, dalle istituzioni ai cittadini, sull’importanza di questa risorsa e sui problemi che la affliggono.

Mani e acqua

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Acqua, pace e conflitti

Il tema scelto per il 2024 non è casuale. Perché il nostro mondo è sempre più segnato dalle tensioni geopolitiche: l’invasione russa dell’Ucraina, il conflitto tra Israele e Hamas, le sanguinose guerre civili in Yemen, Siria, Myanmar, tutti quei conflitti dimenticati dai mass media. In un contesto simile, è essenziale ricordare che – per riprendere le parole delle Nazioni Unite – “l’acqua può creare pace o far scattare conflitti”.

Andiamo con ordine. Di acqua dolce e pulita, nel mondo, ce n’è troppo poca in rapporto alle necessità di otto miliardi di esseri umani. Ne è la prova il fatto che 2,2 miliardi di persone non abbiano a disposizione acqua potabile gestita in modo sicuro. Come qualsiasi risorsa scarsa, dunque, anche l’acqua andrebbe distribuita e governata in modo logico, equo e funzionale. Ad oggi, non sempre le cose vanno così. E le possibili tensioni sociali possono tradursi anche in tensioni geopolitiche, considerato che il 60% dei flussi di acqua dolce del mondo attraversa i confini di più nazioni. Il territorio di ben 153 Stati ricade almeno uno dei 310 bacini fluviali e lacustri transfrontalieri e in uno dei 468 sistemi acquiferi transfrontalieri censiti.

Per questo motivo, esistono gli accordi di cooperazione. Un esempio virtuoso è quello del fiume Senegal: 1.800 chilometri, per un bacino complessivo di 337.500 chilometri quadrati, a cavallo fra tre Stati diversi (Mali, Mauritania e – appunto – Senegal). Anzi, quattro se si considera anche la Guinea, attraversata da alcuni affluenti. Ci sarebbero tutti i presupposti per immaginare controversie, ma fin dall’epoca coloniale è entrata in gioco la diplomazia. Dal 1972 in poi, quando è stata istituita l’Organizzazione per la valorizzazione del fiume Senegal (Ovms), un’apposita commissione vigila sul corso del fiume, sulle reti elettriche, sullo sviluppo industriale e sulla costruzione e gestione delle dighe.
Storie come questa dimostrano che gli accordi di cooperazione, se correttamente progettati e implementati, funzionano. Ma sono ancora l’eccezione alla regola. Soltanto 24 Paesi hanno la garanzia che tutti i loro bacini fluviali e lacustri transfrontalieri siano coperti da trattati simili.

Fiume e mangrovie in Senegal

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Perché non c’è abbastanza acqua dolce per tutti

Questi problemi non esisterebbero se l’acqua fosse una risorsa illimitata. Ma non è così. L’immagine della Terra come il pianeta blu, coperto per il 70% dall’acqua, rischia di trarci in inganno: perché soltanto il 2,5% è acqua dolce. Se escludiamo l’acqua irraggiungibile o inutilizzabile perché ghiacciata o troppo in profondità, ci resta soltanto lo 0,028% del totale.

Una quantità già esigua che stiamo ulteriormente intaccando con i nostri comportamenti sconsiderati. A fornire dati preziosi è un report pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’acqua 2023 dalla Commissione globale sull’economia dell’acqua, istituita dal Forum economico globale di Davos del 2022.

L’uomo – scrivono gli esperti – non è riuscito a tutelare gli ecosistemi di acqua dolce, a gestire in modo oculato la richiesta di acqua, a fermare l’inquinamento, a sviluppare tecnologie e sistemi per risparmiare e riutilizzare l’acqua. In compenso, ha provocato una brusca accelerazione del riscaldamento globale e della perdita di biodiversità, consumando suolo a ritmi inusitati. Tutto questo incide sul ciclo delle precipitazioni e sbilancia, per la prima volta nella storia, il ciclo dell’acqua. Da qui al 2030, è dunque lecito attendersi che a livello globale la domanda di acqua dolce superi del 40% la sua disponibilità.

Valentina Neri

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