Wise Society : Israele – Palestina: perché la chiamiamo guerra infinita

Israele – Palestina: perché la chiamiamo guerra infinita

di Rosy Matrangolo
18 Ottobre 2023

Conflitto in Israele: ecco cosa sta succedendo e quali sono le radici delle tensioni che hanno portato all’ultima escalation di violenza. Partiamo dall’attacco dei miliziani islamisti di Hamas con la risposta dura e immediata di Tel Aviv

L’inasprimento del conflitto israelo-palestinese invita ad approfondire un argomento non facile, perché trova le sue radici molti decenni fa. Mentre scriviamo TG e giornali aprono la giornata con le immagini del bombardamento all’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital a Gaza City, a seguito del quale si contano centinaia di vittime, il cui numero è in costante aggiornamento. E mentre i governi mondiali prendono posizione, a Gaza la catastrofe umanitaria è sotto gli occhi di tutti. La premessa ha il sapore di un’amara conclusione: allo stato attuale sembra impercorribile una via capace di gettare un ponte di pace fra i due popoli.

Mappa di Israele e Cisgiordania

Palestina-Israele: cosa sta succedendo ora

Mentre nel mondo sono scattate ovunque operazioni antiterrorismo per arginare l’ondata emulativa verso obiettivi più disparati, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden è in visita, definita ad alto rischio, in Israele, a sua volta impegnato a intensificare l’offensiva contro Hamas a seguito degli attacchi iniziati il 7 ottobre scorso.

I fatti dal 7 ottobre 2023

7 ottobre: Militanti di Hamas di Gaza hanno lanciato razzi verso città israeliane per poi sfondare il confine con Israele inviando uomini nei territori per rappresaglie a terra. La stima è di 1.400 vittime causate nel solo primo giorno con il rapimento di numerosi ostaggi, circa 250 secondo quanto dichiarato dal gruppo terroristico, molti dei quali rapiti durante un rave a Negev, vicino al kibbutz Re’im, nel deserto a sud di Israele, vicino al confine con Gaza in cui erano radunati migliaia di giovani.

L’operazione rivendicata da Hamas con il nome “Tempesta Al-Aqsa” è stata inizialmente descritta come una risposta alla “profanazione della moschea Al-Aqsa a Gerusalemme e all’assedio in corso di Gaza”.

Operazione Spade e fiamme: così Israele ha risposto all’offensiva. Tra il 7 e 12 ottobre sono state sganciate su Gaza 6000 bombe allo scopo di colpire quelli che erano ritenuti obiettivi di Hamas e della jihad islamica. Nel frattempo carburante, acqua ed elettricità, insieme ad altre linee di rifornimento di beni di prima necessità sono stati sospesi dalle Forze di difesa israeliane (IDF) verso la Striscia di Gaza.

La popolazione è stata poi invitata a lasciare le aree a rischio, spostandosi dalla parte settentrionale della Striscia a quella meridionale, ordine che nelle parole dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ravina Shamdasani, potrebbe configurare come crimine internazionale di “trasferimento forzato illegale di civili”.

Bombardamento a Gaza

Foto Shutterstock

La striscia di Gaza

Nella Striscia di Gaza le perdite civili sono ingenti: le vittime sono oltre 2700, la maggior parte delle quali donne e bambini. E mentre i bombardamenti continuano, Israele promette un’offensiva via terra. Situata fra Egitto e Israele e affacciata sul Mar Mediterraneo, la Striscia di Gaza si estende su un territorio di circa 360 kmq nel quale vivono oltre due milioni di persone. E’ considerata una delle zone più densamente popolate del mondo. La città di Gaza, prevista come zona araba dall’ONU nel 1947, è stata occupata dal 1948 al 1967 dall’Egitto e, successivamente, da Israele.

Intifada

Nel 1987-1988 è avvenuta la prima intifada, rivolta dei palestinesi contro le truppe israeliane di occupazione. In questi anni sono soprattutto i più giovani i protagonisti di forme di disobbedienza civile e proteste. Anche di fronte all’accresciuto consenso dell’opinione internazionale verso le rivendicazioni palestinesi si è giunti nel 1993 alla firma di un accordo tra Ytzhak Rabin, primo ministro israeliano, e Yasser Arafat, leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) che ha permesso di affidare Gaza all’amministrazione palestinese. Ma la striscia, oggi roccaforte di Hamas, è al centro di tensioni costanti e ancora, di una nuova intifada tra il 2000 e il 2003 con costanti violazioni dei cessate il fuoco, guerriglie cruenti e repressione israeliana.

Un uomo e due bambini dopo un bombardamento a Gaza

Foto Shutterstock

Israele-Palestina: alcune date per conoscere le radici del conflitto

Comprendere la complessità che sta alle radici del conflitto tra Israele e Palestina richiede la conoscenza dei popoli e dei fatti: quest’ultimi, spesso mancanti della puntuale documentazione storica contenuta in archivi che, come spesso accade nella storia di ripetute occupazioni, sono i primi documenti destinati a sparire.

1947

Al termine della Seconda guerra mondiale l’Onu propone la divisione della Palestina in due stati e il mantenimento di una amministrazione fiduciaria a Gerusalemme. Gli arabi non accettano la decisione, presa invece di buon grado dagli ebrei, e scatenano tumulti.

1948

Cessa il mandato britannico e nasce lo Stato di Israele. Immediata la reazione araba con l’invasione della Palestina da parte di Egitto, Siria, Giordania, Iraq e Libano, attacco respinto dall’esercito israeliano. Nel 1948 seguono armistizi tra singoli Paesi e Israele seppur rimangono le tensioni in quanto non è risolta la questione dei profughi palestinesi: la risoluzione 194 dell’Onu sancì il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, diritto mai perseguito né da israeliani né dalla comunità internazionale.

Il popolo palestinese si riferisce a questi eventi con la parola “Nakba” che, letteralmente, significa “catastrofe”: il termine identifica l’esodo della popolazione araba palestinese durante la guerra civile del 1947-48 e durante la guerra arabo-israeliana del 1948. In questa occasione più di 700.000 arabi palestinesi lasciarono le loro case o i loro villaggi, o ne furono espulsi.

1956

Crisi di Suez. Gran Bretagna, Francia e Israele rispondono alla nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez da parte del presidente egiziano Nasser con un’operazione militare. Sotto la forte pressione, soprattutto da parte degli Stati Uniti, le truppe furono rapidamente ritirate e sostituite da una forza delle Nazioni Unite. È stato evidenziato il declino dello status della Gran Bretagna e il suo primo ministro, Anthony Eden, si è dimesso. All’Egitto fu concessa la proprietà e la sovranità del Canale di Suez, che fu riaperto nell’aprile 1957 e fu ripristinata la libertà di navigazione israeliana.

1967

1967, Guerra dei sei giorni. In un clima di inasprimento delle rappresaglie, il 5 giugno del 1967 Tel Aviv e Gerusalemme Ovest sono sotto attacco aereo. In reazione, le forze israeliane sottraggono Gaza e il Sinai all’Egitto, la Cisgiordania e la parte araba di Gerusalemme alla Giordania, gli altipiani del Golan alla Siria. La sconfitta araba del ‘67 porta alla nascita del soggetto politico di un governo politico palestinese, questa è l’Organizzazione per la liberazione palestinese (Olp) guidata da Yasser Arafat: la sconfitta militare lo afferma come speranza politica palestinese ma il gruppo non riesce davvero a diventare un soggetto politico decisivo.

1972

Massacro delle Olimpiadi di Monaco: durante lo svolgimento delle olimpiadi estive, si tiene un attacco terroristico organizzato da affiliati del gruppo militante palestinese ‘Settembre Nero’ contro i membri della squadra olimpica israeliana ai Giochi di Monaco del 1972: in un tentativo di rapimento degli atleti dal villaggio olimpico, muoiono 9 atleti israeliani, 5 sequestratori e un poliziotto tedesco.

1973

Guerra del Kippur. gli egiziani attaccano a sorpresa l’esercito israeliano, la difesa è travolta anche sul Golan da parte dei siriani. In poco tempo Israele si riorganizza e la reazione è dura ed efficace: 9 giorni dopo su entrambi i fronti, il nemico è bloccato. Sharon conduce una rappresaglia sugli egiziani che garantirà la vittoria di Israele.

1993

Accordi di Oslo. Con una firma davanti al presidente americano Bill Clinton, Israele accetta l’OLP come rappresentante dei palestinesi, e l’OLP rinuncia al terrorismo e riconosce il diritto di Israele a esistere in pace. Entrambe le parti hanno convenuto che verrà istituita un’Autorità Palestinese (AP) con responsabilità di governo in Cisgiordania e Striscia di Gaza per un periodo di cinque anni. Successivamente si terranno colloqui sullo status permanente sulle questioni dei confini, dei rifugiati e di Gerusalemme.

1994

A seguito degli accordi di Oslo, il leader dell’Olp Yasser Arafat, insieme a al primo ministro israeliano Yizhak Rabin e al suo ministro degli Esteri Shimon Peres riceve il premio Nobel per la pace.

2007

Hamas ha il controllo esclusivo della Striscia di Gaza: dopo aver cacciato Al-Fatah, organizzazione politica palestinese (e gruppo fino a quel momento maggioritario all’interno dell’Autorità nazionale palestinese), dal territorio dopo una breve guerra civile.

 Qassam Brigades di Hamas

Israele e l’apartheid

Sono ormai le voci della società ebraica a parlare pubblicamente di “apartheid” in riferimento al sistema di controllo che i palestinesi in Cisgiordania vivono sulla propria pelle. Limitazioni fisiche e burocratiche non consentono a questa parte di popolazione di muoversi liberamente e autodeterminarsi: muri di separazione, check point e blocchi stradali rendono difficoltoso il raggiungimento di mezzi di sussistenza e comportano la costante necessità di aiuti umanitari.

Diversi osservatori internazionali da tempo rilettono sull’appropriatezza del termine apartheid in riferimento alla modalità con cui le autorità israeliane controllano i palestinesi che vivono in Israele, nei territori Palestinesi e anche nei paesi in cui arrivano come rifugiati. Amnesty international, in particolare, sottolinea come

“L’apartheid è un crimine contro l’umanità e un reato internazionale. Quando viene commesso un crimine contro l’umanità, la comunità internazionale ha l’obbligo chiederne conto ai responsabili – è precisato in un rapporto diffuso nel 2022 che racchiude la documentazione raccolta sulla questione -. Speriamo che il nostro rapporto aiuti ad amplificare la crescente richiesta di giustizia da parte della società civile palestinese e israeliana e incoraggi i leader mondiali ad assumere una nuova prospettiva nei confronti della situazione in Israele e nei Territori palestinesi occupati”.

Come si traduce nel concreto questo auspicio di Amnesty International? In un’imposizione da parte del Consiglio di sicurezza delle nazioni unite di sanzioni mirate e in un embargo totale sulle armi dirette a Israele e sulla formazione militare.

In questa spirale di violenza e incancrenire delle ostilità, l’occidente non trova peggior appellativo per definire l’ultima esclation del conflitto Israelo-Palestinese: chiamandola “Guerra infinita” si chiama fuori da ogni senso di responsabilità verso il presente, ma soprattutto verso il futuro.

Rosy Matrangolo

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