Wise Society : I consumi di sale dipendono anche dal…benessere

I consumi di sale dipendono anche dal…benessere

di Fabio Di Todaro
29 Settembre 2015

Una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità svela come se ne consumi di più nelle aree più povere del Paese. Con ripercussioni per la salute note e non trascurabili

Questione di gusti, ma pure di benessere e livello di istruzione. La differenza del consumo di sale nelle Regioni italiane è attribuibile alle diseguaglianze di ordine socioeconomico tra le diverse aree geografiche del nostro Paese. È quanto emerge da uno studio pubblicato sul British Journal of Medicine dal quale si rileva che l’impiego è maggiore nelle regioni del Sud in confronto a quelle settentrionali e centrali. Il Mezzogiorno, dunque, ha problemi anche a tavola: ecco una nuova sfaccettatura della questione meridionale.

COSA EMERGE DALLA RICERCA? – Lo studio ha valutato il consumo alimentare di sodio e di potassio in un campione nazionale di popolazione generale adulta, costituito da 3857 uomini e donne, di età compresa fra 39 e 79 anni, selezionati a caso in venti regioni nell’ambito di un’indagine nazionale su un più vasto campione condotta tra il 2008 ed il 2012 dall’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare dell’Istituto Superiore di Sanità. L’assunzione di sodio e di potassio – più crescono i consumi di sale, più questi si riducono: come conseguenza di un minor ricorso a frutta e verdura – è stata stimata attraverso la misurazione dell’escrezione dei due elettroliti nelle urine delle ventiquattro ore. I valori sono stati posti in relazione allo status socio-economico, in termini di livello di istruzione e di condizione occupazionale. I risultati hanno mostrato l’esistenza di un significativo gradiente nord-sud di escrezione di sodio. I partecipanti residenti nelle regioni del Sud Italia – in particolare Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia – presentavano un consumo di sale stimato in media oltre gli 11 grammi al giorno, superiore a quello della maggior parte delle regioni del Nord e Centro Italia.

SE IL DISAGIO ECONOMICO SI TRASFERISCE A TAVOLA – Ma non solo. Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, ha evidenziato che le persone occupate in lavori manuali presentano un consumo di sale maggiore rispetto a coloro che sono impegnati in ruoli amministrativi e manageriali. Così pure avviene in relazione al grado di istruzione, per coloro che hanno conseguito soltanto il diploma di scuola primaria rispetto ai possessori di un diploma di scuola secondaria o di un titolo universitario. Differenze che risultano indipendenti dall’età, dal sesso e da altri fattori confondenti. Il cloruro di sodio è la principale fonte di sodio per l’uomo e un eccessivo introito è correlato a ripercussioni note ormai da tempo, a carico degli apparati cardio e cerebrovascolare. Che in Italia si tendesse a eccedere non è cosa nuova, mentre colpiscono le differenze relative ai diversi territori dello Stivale. Segno che al Sud, pur mangiando spendendo meno, spesso si mettono a tavola alimenti di peggiore qualità. Altro che dieta mediterranea, come d’altronde dimostrato dai consumi – in calo – di frutta e verdura.

GLI OBIETTIVI PER TUTELARE LA SALUTE PUBBLICA – L’impiego di sale – di vario tipo – in Italia è in media circa il doppio e quello di potassio largamente inferiore rispetto alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che punta a ridurne l’impiego in cucina anche per porre un freno all’epidemia di malattie croniche non trasmissibili in corso: dal diabete all’ipertensione, fino alla sindrome metabolica che è la sintesi dei comportamenti errati adottati a tavola.

Twitter @fabioditodaro

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