Per l’antropologo napoletano molti dei regimi alimentari oggi in voga ad eccezione del vegetarianesimo, divenuto una necessità, sono destinati a sgonfiarsi nel tempo.
Il momento, a conti fatti, non è da trascurare, perché segna il passaggio da homo economicus a homo dieteticus. Mangiare con parsimonia, privarsi dei vizi, rifugiarsi nei regimi alimentari più estremi per assicurarsi una lunga vita. Chi specula sulla salute e sul fitness ha forse trovato il modo per ingannarci, ma soprattutto è divenuto protagonista di una svolta antropologica il cui manifesto è tratteggiato in Homo Dieteticus (Il Mulino, 152 pagg, 13 euro). Nel suo manifesto Marino Niola dà forma alle incongruenze su cui si imperniano i due poli: da una parte c’è chi non riesce a mettere assieme il pranzo con la cena, dall’altra chi si ammala per il troppo cibo. Wise Society ha incontrato l’antropologo della Suor Orsola Benincasa di Napoli durante la nona edizione di NutriMI, il forum di nutrizione pratica svoltosi a Milano.
Professor Niola, cosa sta succedendo alla nostra dieta?
Siamo quello che non mangiamo piuttosto che il contrario. Siamo tutto fuorché onnivori, con il risultato che i cittadini globali si dividono in tribù alimentari. Ci si identifica in passioni, ossessioni e tabù. Il cibo è divenuto il pensiero dominante del nostro tempo. Questa visione ha fatto perdere alle diete il ruolo di indicatore dello stato di benessere.
Cosa vuol dire?
Molti dei regimi alimentari più in voga sono destinati a sgonfiarsi nel tempo. Fa eccezione il vegetarianesimo, destinato a durare perché divenuto una necessità per il pianeta, prima che per l’uomo. Rinunciare alla carne e al pesce rappresenta un’istanza etica molto forte. Chi la fa sua, pratica un’obiezione di coscienza alimentare. Invece tutto il resto – dalla diete di tendenza ai regimi più estremi – è parte di un sistema messo in piedi dall’industria del benessere che ha un bisogno costante di sparigliare le carte per modificare i consumi.
Si aspettava che un giorno la dieta sarebbe finita sulla bocca di tutti?
Il cibo è da sempre caricato da forti valori simbolici. La parola pane, nelle lingue indoeuropee, ha la stessa radice di padre. E quando si chiede aiuto al Padre, la prima richiesta riguarda sempre il pane. Senza dimenticare il rapporto che lega l’alimentazione ai tabù nelle religioni monoteiste: oggi il 30% degli americani compra cibo “kosher”, sebbene negli Stati Uniti l’1% della popolazione sia ebrea. La vera svolta sta nella medicalizzazione del cibo che pone in subordine gli aspetti sociali e antropologici legati alla dieta. Così sta prendendo forma l’homo dieteticus.
Quali sono le variazioni più salienti dei tratti dei consumatori?
Anche la dieta, come tutta la nostra vita, è a tempo determinato. Si spiega così la parcellizzazione dei pasti, in un’epoca in cui sempre più persone consumano piccoli snack a intervalli di tempo ristretti, piuttosto che accomodarsi a tavola per celebrare i canonici momenti di consumo. Sta sparendo anche il pranzo domenicale, ritenuto da molti come un obbligo in cui affiorano tutte le contraddizioni familiari. È un rituale che sa di posto fisso, in un momento in cui la società richiede leggerezza e informalità.
Ma a lungo andare non si rischia di rimpiangere l’assenza di momenti conviviali?
Oggi suddividiamo i pasti come ripartiamo il nostro tempo, costretti a vivere in perenne last minute. Avvertiamo la necessità di mangiare a intervalli di tempo più brevi, come a prendere fiato nel corso di una vita che viaggia troppo veloce. Le innovazioni interpretano sempre nuove esigenze, come accade nell’arte contemporanea. Ma le tradizioni, entro certi limiti, non devono essere smarrite.
Da dove nasce la moda del brunch diffusa soprattutto nel Nord Italia?
Il brunch nasce a New York negli anni ’70, in un periodo di fermento culturale. Adesso, però, preferisco parlare “breating”, per racchiudere tutte le abitudini che contemplano la colazione e un solo altro pasto giornaliero. Si tratta di modelli sociali emergenti che permettono la massima libertà di espressione. Colpiscono soprattutto i single, le famiglie allargate e il popolo della notte. Il loro numero, nella società moderna, è in aumento, come il desiderio di trovare schemi più adatti ai loro profili.
Professor Niola, lei cosa mangia quando si accomoda a tavola?
Amo il ragù e la pasta con i fagioli, da napoletano. Ma non disdegno nemmeno un brunch, se sono all’estero. Sono aperto a tutto, a patto che le innovazioni conservino sempre un po’ di tradizione. E che il cibo abbandoni il ruolo di pensiero dominante e ritorni protagonista della nostra socialità.
Twitter @fabioditodaro