Un aiuto contro la malnutrizione, fa bene anche all'ambiente perché valorizza la filiera corta e i cibi freschi e non processati. Nata da un progetto dell'Università di Napoli, ora punta a conquistare il mondo intero
Un nuovo modello alimentare che applica i principi della Dieta Mediterranea e utilizza prodotti a km 0 delle diverse parti del mondo. È la Dieta Planeterranea, nata da un progetto di ricerca della Cattedra Unesco di Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile dell’Università Federico II di Napoli sotto la guida della professoressa Annamaria Colao, professoressa di Endrocrinologia presso lo stesso Ateneo e pubblicato dalla rivista Nature Italy. Il nuovo modello di Dieta Planeterranea potrà aiutare le popolazioni delle diverse aree del mondo a nutrirsi meglio, con meno carenze e in modo salutare: consente infatti di mangiare alimenti locali che, pur essendo adatti ai gusti e alle tradizioni dei differenti Paesi, hanno le stesse caratteristiche dei cibi della nostra Mediterranea. A tutto vantaggio anche dell’economia, del benessere dei lavoratori e della salvaguardia dell’ambiente.
Dieta Mediterranea: un patrimonio universale che fa bene alla salute
La Dieta Mediterranea, considerata non a caso il modello alimentare più sano del mondo, è stata riconosciuta come Patrimonio immateriale dell’Unesco già nel 2010 ed è la Longevity Diet per eccellenza: è infatti studiata già da decenni per le sue proprietà protettive e di scudo contro le patologie croniche non trasmissibili come alcuni tipi di tumore.
Mangiando secondo gli schemi della Mediterranea si rischia meno di soffrire di malattie metaboliche (fra cui il diabete di tipo 2) e cardiovascolari e si difende ogni giorno la salute di cuore e cervello. La “vera” Mediterranea privilegia come condimento l’olio d’oliva (fonte di grassi insaturi), fa ampio uso di legumi, verdure, cereali integrali, frutta fresca o secca e non esclude neanche una quantità moderata di pesce, latticini, carne e vino rosso. Le porzioni non sono mai eccessive per cui è anche un ottimo modo per rimanere nel peso forma, evitando l’obesità e i pericoli che comporta per l’organismo.
Perché una dieta planterranea?
La Dieta Mediterranea ha una “patria”, ovvero un’origine ben definita: le sue origini e la sua tradizione arrivano da Italia, Portogallo, Spagna, Cipro, Croazia, Grecia e Malta. Tutti Paesi dove è presente in diverse varianti e in piatti tipici apparentemente diversi che però hanno molto in comune: sono equilibrati, poco elaborati e a base di cibi freschi con una prevalenza di vegetali e cereali, pochi grassi saturi, molti grassi buoni e la giusta quantità di carne e pesce.
Da anni il modello mediterraneo è diventato un esempio da esportare e riprodurre per cercare di migliorare la salute globale, messa a rischio da un lato dall’epidemia di diabete e obesità (la cosiddetta Diabesity) dall’altro da estese sacche di sottonutrizione. Questo è stato l’impegno, fra l’altro della Fao e dell’Oms. Far diventare la Mediterranea una dieta per tutti, possibile a tutte le latitudini dal Congo, al Vietnam, al Canada, però non è affatto facile.
In molti Paesi, infatti, i cibi che stanno alla base della Mediterranea sono difficili da trovare e anche da coltivare: procurarseli vuol dire, a volte, far ricorso a importazioni e comunque va contro i gusti e le abitudini locali. Per questo in tanti Paesi si mangia male, con un abuso di cibi ultraprocessati, da fast food e di alimenti ad alto indice glicemico o comunque incompleti e “poveri” di vitamine, proteine, fibre. Ecco perché si è pensato di ideare la dieta Planterranea.
La novità della dieta Planeterranea
Il team della professoressa Annamaria Colao ha pensato a un nuovo modello di dieta che pur rispettando tutte le caratteristiche della Mediterranea andasse davvero oltre i confini, ma in modo costruttivo, più semplice e realizzabile. Così è nata la Dieta Planeterranea. Nella Planeterranea la Piramide della Dieta Mediterranea viene rivista sostituendo ai cibi previsti in origine altri alimenti locali, tipici del posto, che ne rispettano però le caratteristiche nutrizionali. Le verdure, la frutta i cereali e le fonti di grassi insaturi quindi diventano quelle autoctone: si tratta di alimenti che costano meno per chi le compra, sono più facili da cucinare secondo le ricette tradizionali e sono comunque salutari.
Dalla papaya alle noci pecan
Ma quali sono i cibi che la Cattedra Unesco di Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile dell’Università Federico II di Napoli e i suoi ricercatori hanno individuato come validi sostituti di quelli “mediterranei”? Avocado, papaya, banane verdi e bacche di andaçaí sono fonti di acidi grassi monoinsaturi (MUFA), micronutrienti e polifenoli che possono essere un’alternativa all’olio extravergine di oliva in America Latina.
In Africa centrale, manioca e teff possono rimpiazzare i cereali integrali, più difficili e dispendiosi da coltivare. L’olio di canola e le noci pecan in Canada contengono acidi grassi monoinsaturi e fitosteroli e sono benefici anche perché riducono il livelli di colesterolo LDL. In Australia la noce di macadamia, la prugna di Davidson, la bacca di pepe, il finger lime, e il bush tomato (tutti ricchi di flavonoidi, vitamine e minerali) hanno un’attività antiossidante e antinfiammatoria, stesse proprietà che in Asia hanno il sesamo e la soia. Le alghe wakame, la spirulina e altre microalghe sono una riserva importante di polisaccaridi complessi, minerali, proteine e vitamine in tutti i Paesi Orientali, dove se ne fa largo uso.
La Dieta Planeterranea fa bene anche all’ambiente
La Dieta Planeterranea fa bene anche all’ambiente e al clima. Nasce infatti anche per venire incontro alle esigenze poste dall’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile che non esaurisca le risorse del Pianeta. I cibi km 0 sono in sintonia con un’agricoltura rispettosa, che si adatta al suolo e alle caratteristiche climatiche del luogo. Mangiando “local”, senza lo spreco di risorse delle importazioni e del deterioramento del cibo si può attuare un’economia circolare che rende i Paesi anche più ricchi e autosufficienti. Infine, la filiera corta consente ai lavoratori, soprattutto nelle aree più povere, di essere retribuiti in modo giusto, senza essere sfruttati nelle coltivazioni intensive o doversi spostare dai luoghi di origine.
Tante piramidi nutrizionali che parlano lingue diverse
La professoressa Colao e il suo gruppo di ricerca stanno dunque mettendo a punto tante “Piramidi” nutrizionali che parlano idealmente lingue diverse e che potranno essere comprensibili e utili per popolazioni molto distanti fra loro, non solo geograficamente ma culturalmente. La stessa Cattedra Unesco ha pensato a uno specifico programma di ricerca attraverso una piattaforma dedicata, sotto il titolo Planeterranea, che raccoglierà i contributi che arriveranno dagli scienziati di tutto il Mondo: un progetto in costante evoluzione.
Lucia Fino