Secondo gli esperti, di EAT-Lancet per salvare noi e il pianeta entro il 2050 vanno raddoppiati i consumi di frutta e verdura, legumi e noci. Mentre vanno ridotti quelli di zuccheri e carni rosse.
Meno proteine, più vegetali, stop allo spreco di cibo. Sono questi i tre temi cardine del report «Food in the Anthropocene: the EAT-Lancet Commission on healthy diets from sustainable», lanciato a Oslo da parte della Commissione EAT-Lancet che rileva come sia necessaria un’azione su tre pilastri strategici (produzione e dieta sostenibile, azioni incisive a tutti i livelli per combattere lo spreco e la perdita di cibo) per evitare ulteriori contraccolpi per l’ambiente.dieta universale
SPAZIO A VEGETALI, MENO ZUCCHERI E CARNI ROSSE – Secondo gli esperti, per salvare noi e il pianeta, occorre raddoppiare a livello globale i consumi di frutta e verdura, legumi e noci e ridurre di oltre il 50 per cento quelli di zuccheri e carni rosse. Tutto ciò, possibilmente, entro il 2050. Il documento, presentato da un gruppo composto dai massimi esperti di nutrizione e sostenibilità provenienti da università di tutto il mondo e da enti come la Fao e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, punta a essere un riferimento globale per proporre una dieta universale di riferimento basata su criteri scientifici e potenzialmente in grado di evitare fino a 11,6 milioni di morti l’anno dovuti a malattie legate ad abitudini alimentari non sane. La dieta universale prevede l’assunzione di 2.500 chilocalorie al giorno che, in una gamma flessibile, si traducono in approssimativamente 230 grammi di cereali integrali, 500 di frutta e verdura, 250 di latticini, 14 di carni (bovine o suine o ovine), 29 di pollo, 13 di uova, 28 di pesce, 75 di legumi, 50 di noci, 31 di zuccheri (aggiunti e non). Condimento consigliato gli oli vegetali, extravergine di oliva o colza. Uno dei riferimenti espliciti del gruppo di studiosi è la dieta Mediterranea nella versione «frugale» praticata in Grecia alla metà del secolo scorso.
VIA LIBERA ALL’ATTIVITÀ FISICA (MA DA SOLA NON BASTA) – Quello che non cambia nella «dieta salva-pianeta» è l’esercizio fisico. Questo può fare la differenza soprattutto per la salute anche se non rientra nel piano di salvaguardia dell’ambiente. Una popolazione più sana però genera sicuramente abitudini più sane e di conseguenza anche un corretto rapporto tra sfruttamento delle materie prime e rispetto delle biodiversità. L’esercizio fisico da solo non riesce infatti a fare la differenza, questo deve sempre e comunque essere abbinato a una dieta equilibrata che rispetti sia l’organismo che l’ambiente. Per fare in questo modo sarà necessario puntare sull’osservazione di qualche semplice regola, dallo sfruttamento intelligente delle risorse nei canoni del necessario. Sicuramente saranno importanti anche le innovazioni su cui i vari settori della produzione stanno investendo per cercare di inquinare di meno e creare meno problemi alla natura.
LE RISORSE ESSENZIALI – Oltre a cambiare i consumi, riducendo gli sprechi del 50 per cento, gli autori del rapporto fissano obiettivi-limite nell’utilizzo di terra, acqua e nutrienti per la produzione agricola sostenibile. E indicano una grande varietà di aree di intervento per raggiungere questi risultati coinvolgendo governi, industrie e società, come per esempio l’educazione e l’informazione, l’etichettatura, tasse sul cibo, il sostegno economico alla produzione di alimenti sani. Il sistema agro-alimentare dovrebbe essere in grado di proteggere la biodiversità, fornendo al contempo cibo sufficiente a tutte le generazioni presenti e future. Al momento, invece è la più grande minaccia per la natura, per il clima nonostante miliardi di persone siano ancora malnutrite. Senza un’azione concertata, gli impatti ambientali sono destinati a peggiorare notevolmente entro il 2050. La Commissione EAT-Lancet ha dimostrato, attraverso un’analisi dettagliata, che adottando un approccio sistemico e coinvolgendo tutti e tre i pilastri del sistema agro-alimentare – produzione, dieta, perdite e sprechi – è possibile fornire cibo sano per una popolazione in crescita rimanendo entro i confini planetari, ossia alla capacità di carico degli ecosistemi in relazione alle pressioni umane. Dobbiamo agire con urgenza per trasformare su vasta scala tutto il sistema agro-alimentare».
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