Il progetto dell'Università di Catania mira a ottimizzare il processo a freddo che permette di mantenere il 90% del contenuto in polifenoli originario e di impiegarlo nella produzione di bibite funzionali e prodotti da forno
Da scarto a sottoprodotto, passando per una lavorazione a freddo che non ne stressi i contenuti e i nutrienti. È questo il progetto innovativo di riutilizzo delle acque di pelatura delle mandorle e dell’endocarpo lanciato dalla professoressa Rosa Palmeri, docente di Scienze e tecnologie alimentari nel dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, premiato al CIBUS TEC 2019.
Il progetto, presentato insieme con Daniele Romano, presidente dell’Ordine regionale dei Tecnologi alimentari di Sicilia e Sardegna, e con l’azienda Damiano Organic, è stato selezionato nell’ambito di un concorso indetto dall’Ordine nazionale dei Tecnologi alimentari finalizzato a premiare tre proposte innovative nella trasformazione, nel confezionamento e nella logistica per tutti i settori dell’industria alimentare e delle bevande, coerenti con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per il 2030.
«Le acque di pelatura – spiega Palmeri -, attualmente considerate uno scarto, possono diventare un vero e proprio sottoprodotto, nell’ambito di un’industrializzazione inclusiva in grado di ridurre il consumo idrico senza incidere negativamente sui costi di produzione. Il processo da noi ideato, in questo anno e mezzo di lavoro, mira a ottimizzare un processo di pelatura delle mandorle a freddo che permette di mantenere il 90% del contenuto in polifenoli originario. In questo modo è possibile riutilizzare al massimo tutto il contenuto. Inoltre, l’utilizzo degli skin – la cuticola scura che ricopre le mandorle-, con il loro contenuto significativo in polifenoli, consente la formulazione di prodotti sostenibili, quali alimenti funzionali, in grado di apportare beneficio a chi li consuma e in generale ridurre gli sprechi».
In particolare, il procedimento a freddo, permette anche di riutilizzare le acque di pelatura per diversi cicli produttivi, fino a quando, conservando praticamente quasi intatto il contenuto di ogni ciclo per tutti i cicli, vengono ottenute acque che non sono “stressate” ma possono davvero essere considerate un sottoprodotto riutilizzabile per la formulazione di bibite funzionali oppure per i prodotti da forno. Un sistema che permette, dunque, un risparmio sia di risorse energetiche sia idriche.
«In pratica – conclude Palmeri – , senza investimenti importanti e senza ristrutturare l’azienda è possibile trasformare uno scarto in un sottoprodotto. Anche se, purtroppo, ancora non possiamo davvero definire le acque di pelatura e di vegetazione sottoprodotti veri e propri fino a quando non verranno inquadrati come è successo per gli scarti degli agrumi, ma siamo fiduciosi perché davvero si sta cominciando a comprendere che la circolarità può essere la chiave per il futuro di tante aziende siciliane e italiane».