Wise Society : Salvare gli oceani per salvare il Pianeta: la vita sulla Terra dipende dal mare

Salvare gli oceani per salvare il Pianeta: la vita sulla Terra dipende dal mare

di Rosa Oliveri
8 Giugno 2022

I mari che ricoprono la Terra per più di due terzi sono a rischio sopravvivenza. E lo è anche la Terra la cui sopravvivenza è strettamente connessa a quella degli oceani

Soffocati da milioni e milioni di tonnellate di rifiuti e sempre più depauperati di risorse, gli oceani sono in serio pericolo. E assieme a loro, lo è l’intero Pianeta. Già, perché, gli oceani ricoprono il 70% della superficie terreste e ogni azione che ne mette a rischio la sopravvivenza è un nuovo attacco alla biodiversità della Terra. Non a caso è stata istituita la Giornata degli Oceani che si tiene l’8 giugno di ogni anno.

Oceano

Foto di Gatis Marcinkevics / Unsplash

L’equilibrio tra oceani e atmosfera è sempre più distorto

In quello che è il “Decennio della scienza oceanografica per lo sviluppo sostenibile” (fino al 2030) delle Nazioni Unite, guidato dalla Commissione oceanografica intergovernativa dell’Unesco, torna prepotentemente in prima linea l’Obiettivo 14 dell’Agenda 2020-2030 delle Nazioni Unite: “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine” .

L’Organizzazione meteorologica mondiale, infatti, ricorda che il cambiamento climatico sta colpendo duramente l’oceano e aumentando i rischi per centinaia di milioni di persone perché “l’equilibrio naturale fra oceano e atmosfera è sempre più distorto dagli effetti delle attività umane”, per via delle emissioni di gas serra che andrebbero azzerate e che sono causa del riscaldamento globale.

Proteggere gli oceani per salvare il pianeta

Ma proteggere gli oceani è fondamentale anche per l’intero ecosistema terrestre e perché il Pianeta sopravviva. Le acque catturano infatti il carbonio in superficie e lo trasferiscono in profondità, riducendo la CO2 in atmosfera.  Inoltre i minuscoli esseri viventi presenti in mare sono organismi capaci di fotosintesi. Una particolare microalga, il fitoplancton, ad esempio, non solo costituisce il primo anello della catena alimentare, ma produce anche circa il 50 per cento dell’ossigeno sulla Terra.

Le acque marine, quindi, non sono importanti solo per la vita degli esseri marini ma anche per quelli terrestri visto che in acqua si generano la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, ci nutrono, regolano il clima, aiutano a depurare l’acqua che beviamo, offrono sostanze utili anche in medicina.


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Il riscaldamento delle acque oceaniche

L’oceano, spiega l’Omm (Organizzazione Mondiale della Meteorologia), “assorbe oltre il 90% del calore in eccesso intrappolato dai gas serra, proteggendoci da aumenti di temperatura ancora maggiori a causa dei cambiamenti climatici” ma “questo ha un prezzo pesante poiché il riscaldamento degli oceani e i cambiamenti nella chimica degli oceani stanno già sconvolgendo gli ecosistemi marini e le persone che dipendono da loro”.

tartaruga nell'oceano

Foto di David Troeger / Unsplash

Il calore dell’oceano – come ha spiegato il segretario generale dell’Omm, Petteri Taalas, “è a livelli record a causa delle emissioni di gas serra e l’acidificazione degli oceani non accenna a diminuire e l’impatto di questo si farà sentire per centinaia di anni perché l’oceano ha una lunga memoria”.

Dal ghiaccio che si sta sciogliendo, con rischi di inondazione per le comunità polari e problemi alla pesca e alla navigazione, all’innalzamento dei mari, alle temperature oceaniche calde che hanno contribuito ad alimentare una stagione record degli uragani nell’Atlantico e intensi cicloni tropicali nell’Oceano Indiano e nel Pacifico meridionale, l’Omm ricorda che “circa il 40% della popolazione mondiale vive entro 100 chilometri dalla costa”, per cui “è urgente intervenire con forme di protezione” con sistemi di allerta precoci e previsioni basate sull’impatto. Anche per evitare di ingrossare le fila dell’esercito dei migranti climatici.

Come salvare gli oceani: la proposta di Greenpeace

E tutto questo, ovviamente, è causato dall’inquinamento provocato dall’uomo su più livelli. Non solo isole di plastica quindi. Secondo lo studio dell’University of Queensland e dalla Wildlife Conservation Society, ad oggi solo il 13 per cento degli oceani può dirsi “pulito” e si tratta di zone davvero non toccate dall’antropizzazione.

La stessa antropizzazione, però, è seriamente messa a rischio proprio dall’azione dell’uomo. Come sottolinea Greenpeace: “Cambiamenti climatici, pesca eccessiva (di cui ha ampiamente parlato il documentario Seaspiracy) estrazioni minerarie, trivellazioni, plastica: i nostri oceani subiscono di tutto per colpa dell’avidità umana. Spesso sono proprio le zone d’Alto Mare, al di fuori della giurisdizione degli Stati costieri, a diventare prede degli interessi di pochi Stati ricchi e potenti o di aziende spregiudicate. Per difendere il fragile e meraviglioso ecosistema marino, serve creare una rete di Santuari d’Alto mare su scala planetaria”.

Pesci e corallo nell'oceano

Foto di Francesco Ungaro / Unsplash


Rosa Oliveri

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