La situazione sulle nostre coste non migliora: in spiaggia inquinamento e rifiuti in plastica sono ben presenti e a rivelarlo è l'ultima indagine di Legambiente sul tema
Il report di Legambiente Beach Litter 2023 conferma che la plastica è il materiale più inquinante, presente per il 72,5% su 961 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia censita. Legambiente ha monitorato 38 spiagge in 15 regioni: Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia, Sardegna. Sull’area interessata di 232.800 mq sono stati trovati 36.543 rifiuti, una media di 961 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia che, come descrive l’associazione ambientalista è «l’equivalente di due corsie di una piscina olimpionica completamente piene di rifiuti». La classifica dell’inquinamento da spiaggia è guidata dai rifiuti di plastica a cui seguono materiali da costruzione in vetro e ceramica, metallo e carta e cartone, tessuti, legno trattato, gomma, bioplastica, rifiuti alimentari e sostanze chimiche.
Spiagge inquinate dai nostri oggetti
Secondo il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti: «I dati dell’indagine Beach Litter parlano chiaro, la spiaggia rimane ancora il principale cestino, indifferenziato, delle nostre attività». Sono 10 le tipologie di oggetto che rappresentano il 52% del totale dei rifiuti monitorati. Ecco la classifica.
- Frammenti di plastica 10,9%
- Tappi e coperchi 8,6%
- Mozziconi di sigarette 6%
- Materiale da costruzione 5,8%
- Cotton fioc in plastica 4%
- Frammenti di polistirolo e
- Bottiglie e contenitori per bevande 3,9 %
- Altri oggetti di plastica 3,1%
- Stoviglie di plastica usa e getta 3%
- Bottiglie di vetro 3 %
La top ten è seguita da contenitori in plastica per alimenti l’1% del totale rinvenuto, i bicchieri di plastica presenti per lo 0,7% del totale raccolto, cannucce e agitatori per cocktail, ovvero l’1% dei rifiuti totali, le buste di plastica presenti per il 2% del totale.
Gli elementi evidenziati da Legambiente sono l’entrata in classifica del materiale da costruzione e il calo della categoria stoviglie usa e getta che scendono al nono posto. Un risultato in parte positivo, ma che resta comunque amaro. Ci possiamo tirare su con l‘andamento del riciclo di Packaging in Italia. Secondo il report PLastics Europe di ottobre 2022, dal 2006 al 2020 la quantità di packaging mandati al riciclo è aumentata del 70%, il recupero dell’energia del 53% e la parte finita in discarica è finita dell’83%.
La plastica monouso
Il 46% dei rifiuti di plastica raccolti è costituito da oggetti Single Use Plastics SUP, cioè composti da plastiche monouso, non biodegradabili e non compostabili, che sono oggetto dalla Direttiva (UE) 2019/904 del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. La direttiva «promuove approcci circolari che privilegiano prodotti e sistemi riutilizzabili sostenibili e non tossici, piuttosto che prodotti monouso, con l’obiettivo primario di ridurre la quantità di rifiuti prodotti».
La legge, recepita in Italia da Gennaio 2022, ha l’obiettivo di invertire le tendenze di consumo dei prodotti di plastica monouso entro il 2026. La direttiva stabilisce, infatti, alcuni requisiti relativi ai prodotti e alla loro gestione. Per esempio, i tappi e coperchi di plastica possono essere immessi sul mercato solo se restano attaccati ai contenitori per la durata dell’uso previsto del prodotto. A partire dal 2025, inoltre, le bottiglie per bevande fabbricate in PET (polietilene tereftalato) devono contenere almeno il 25 % di plastica riciclata e dal 2030 almeno il 30 %. La percentuale è calcolata come media per tutte le bottiglie per bevande immesse sul mercato nel territorio dello Stato membro in questione.
La direttiva, quindi, prevede la fine della produzione di alcune materie plastiche o il loro divieto, ma obbliga chi produce oggetti SUP a indicare la gestione del rifiuto e la presenza di plastica nel prodotto e la conseguente incidenza negativa sull’ambiente della sua dispersione.
Che tipo di plastica finisce sulla spiaggia e in mare
Quando si parla di plastica si parla di tanti materiali diversi. Come dicono i dati di Plastics Europe, i più diffusi sono quelli rientranti nella categoria di poliolefine (PO) composte da monomeri derivati dalla polimerizzazione di petrolio o gas naturale che comprendono i polimeri termoplastici, polipropilene (PP), polietilene (PE) e altre tipologie accomunate da basso costo produttivo e alti tempi di smaltimento.
Cosa fare per ridurre l’inquinamento di spiagge e mare
Nonostante i limiti della legge che non rivoluziona il sistema ma tenta di ridurre l’impatto ambientale della plastica non riciclata, noi possiamo cambiare le nostre abitudini di consumo per vedere una differenza tangibile già sulle nostre spiagge e, di conseguenze, in mare. Ecco 5 buone pratiche utili per rispettare l’ambiente e difendersi dal greenwashing:
- Distinguere le diverse tipologie di materiali plastici;
- Informarsi sulla modalità di differenziazione e gestione dei rifiuti nel proprio comune;
- Evitare o ridurre al minimo l’acquisto e l’utilizzo di materiali monouso;
- Raccogliere i mozziconi di sigaretta, senza disperderli in spiaggia;
- Partecipare o organizzare a giornate di raccolta rifiuti.
Patrizia Riso