Nel suo ultimo report il Wwf mette in guardia dai rischi (quasi) irreversibili generati dall'inquinamento da plastica. L'associazione ambientalista chiede un'azione veloce al governo per invertire la rotta al fine di promuovere l'economia circolare
Otto miliardi di tonnellate è il peso della plastica presente sulla Terra: il doppio del peso totale di tutti gli animali terrestri e marini insieme. Basterebbe questo dato per parlare dell’allarme plastica a livello mondiale. Purtroppo però, la questione è ancora peggiore. Secondo quanto emerge dal report “Plastica: dalla natura alle persone. È ora di agire” pubblicato dal Wwf in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente (5 giugno), è stato ormai superato il limite planetario di plastica e inquinanti chimici con conseguenti danni (quasi) irreversibili per specie e salute umana.
La plastica è ovunque
Tra i materiali prodotti dall’uomo, solo la plastica è davvero ovunque: nei suoli, nei fiumi, nell’aria, nel cibo. Uno scenario che ha fatto nascere nuove parole, figlie del nostro tempo: dal plasticene, il nome con cui è stata ribattezzata la nostra era, alla plastisfera, ovvero il nuovo ecosistema che si è sviluppato sulla plastica abbandonata nell’ambiente. E se è innegabile che questo materiale sia molto utile, bisogna comunque pensare al suo impatto su esseri viventi e habitat, che è sempre più devastante. Per questo, il Wwf Italia lancia l’allarme e chiede al governo di andare oltre il riciclo dei soli imballaggi così da estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo allo scopo di far crescere l’economia circolare come valore condiviso.
I danni provocati dalla plastica
Com’è noto, e come viene ulteriormente sottolineato dal Wwf nel report appena diffuso, sono innumerevoli e significativi i danni causati da ogni fase del ciclo di vita della plastica, dalla produzione all’utilizzo e fino allo smaltimento. A fronte di una produzione in costante crescita, infatti, lo smaltimento della plastica è oggi ancora altamente inefficiente e inefficace, con tassi di riciclo inferiori al 10% a livello globale. Il risultato è che fino a 22 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano nell’ambiente marino (conosciamo bene il fenomeno delle isole di plastica) e altrettanti nell’ambiente terrestre ogni anno: si tratta per la maggior parte delle volte di plastica monouso.
Inoltre, attualmente, la produzione di plastica è responsabile di circa il 3,7% delle emissioni globali di gas serra e si prevede che questa percentuale possa aumentare fino al 4,5% entro il 2060. Una contaminazione globale diffusa tanto che l’inquinamento da plastica in Natura ha superato il “limite planetario” (Planetary boundary) oltre il quale non c’è più la sicurezza che gli ecosistemi garantiscano condizioni favorevoli alla vita.
Allarme plastica: la fine dei prodotti non riciclabili
La normativa vigente in Italia prevede che si possano riciclare solo i prodotti in plastica che siano imballaggi. Che fine fanno, quindi, gli altri prodotti? Dagli arredamenti alla cancelleria, dai giocattoli alle bacinelle, dagli utensili da cucina alle scarpe: siamo circondati da prodotti che, una volta che smettiamo di utilizzare perché rotti o obsoleti, non possono essere riciclati perché la regolamentazione attuale non lo prevede e finiscono in discarica o a recupero energetico. Se si aumentasse il riciclo rendendolo più efficiente e riciclando più tipologie di prodotti oltre agli imballaggi, si potrebbe dar vita a un cicolo virtuoso: la plastica riciclata potrebbe farci risparmiare ulteriore materia prima abbassando, dall’altro lato, le emissioni di Co2 legate alla sua produzione.
La plastica deve essere gestita in maniera più efficace ed efficiente, coordinata e integrata, coinvolgendo tutti gli attori (dalle istituzioni, alle aziende, fino alle persone e alle città in cui vivono) e agendo in tutte le fasi: dalla sua produzione, al suo impiego e fino allo smaltimento. Il report conferma che l’Italia è tra i peggiori Paesi inquinatori che si affacciano sul Mediterraneo, tanto che è al secondo posto fra i più grandi produttori di rifiuti plastici in Europa.
L’importanza della gestione dei rifiuti in plastica
Senza un miglioramento nella gestione della plastica e dei suoi rifiuti, si è calcolato che entro il 2050 la quantità totale di plastica prodotta potrebbe triplicare, con conseguente aumento dell’immissione di rifiuti nell’ambiente: 12 miliardi di tonnellate di plastica potrebbero finire negli ambienti naturali. Se accadrà, tra 30 anni nei nostri mari ci potrebbero essere più rifiuti in plastica che pesci.
“Per attuare un cambio di rotta – afferma Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del Wwf Italia -, ormai indispensabile, la soluzione è l’economia circolare in cui le materie prime, come la plastica, di un oggetto non più funzionante restino in circolo, in un lungo e possibilmente infinito succedersi di produzione e riuso/riciclo, eliminando le fasi di estrazione di materie prime e smaltimento. L’efficienza nell’utilizzo delle risorse, promossa dall’economia circolare, deve diventare un fattore cruciale per orientare nuovi modelli di produzione e di consumo, e consentire una transizione verso stili di vita e dinamiche socioeconomiche più rispettose dell’ambiente. Per questo vogliamo muovere alle istituzioni richieste più ambiziose. Non c’è più tempo da perdere”.
Un piano d’azione su tre livelli
Secondo il fondo mondiale per l’ambiente è quindi necessario agire sui primi tre livelli della scala gerarchica dei rifiuti
- la prevenzione: è necessario, infatti, ridurre la produzione e l’uso della plastica non necessaria e dannosa,
- il riuso: bisogna incentivare il riutilizzo e la riparazione dei prodotti in plastica puntando sull’innovazione,
- il riciclo: è importante estendere la raccolta differenziata a tutti i settori produttivi di largo consumo, oltre agli imballaggi, per incrementare le tipologie di oggetti che vanno al riciclo.
Si tratta di adottare “un approccio multilivello e multiattore” che deve vedere coinvolti tutti gli stakeholder della filiera della plastica, dalla ricerca scientifica, al settore pubblico e privato, da chi progetta, a chi utilizza, a chi è responsabile della gestione dopo l’uso. L’allarme plastica riguarda anche il ruolo importante delle aziende che sono chiamate ad applicare tre regole cardine:
- eliminare tutte le plastiche difficilmente riciclabili o non riciclabili affatto e non indispensabili;
- innovare, implementando modelli di business circolari per assicurare che tutti gli oggetti in plastica possano essere riutilizzati, riciclati o compostati;
- rendere circolari le plastiche, aumentando la quantità di materiale riciclato nei nuovi prodotti in plastica, che devono essere facilmente riciclabili e riportare indicazioni chiare per i consumatori su come devono essere smaltiti per favorire l’effettivo riciclo a fine utilizzo.
L’importanza di un Trattato globale sulla plastica
“L’obiettivo comune è porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 e per raggiungerlo è urgente l’adozione da parte delle nazioni del mondo di un Trattato globale sulla plastica, in accordo con il mandato stabilito nella risoluzione del marzo 2022 dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEA) perché i danni all’ambiente causati dalla plastica e dalle sostanze chimiche ad essa associate sono di portata planetaria e trascendono i confini nazionali, avendo effetti sulla salute del pianeta e delle persone di tutto il mondo.” conclude Eva Alessi.
Maria Enza Giannetto