Un’azienda italiana ha tratto spunto da tradizioni millenarie e dall’economia circolare per creare materiali edili naturali ideali per il restauro e la bioedilizia
Dai Fenici all’economia circolare, così bioedilizia e materiali edili per ristrutturazioni e risanamenti trovano nuove strade all’insegna dell’ecosostenibilità e della salubrità delle nostre case. Sono le strade che sta percorrendo una giovane azienda italiana, Calchèra San Giorgio, che studia e produce materiali specifici per il restauro, l’edilizia sostenibile, il consolidamento strutturale e il risanamento di edifici di interesse storico culturale. E lo fa “secondo le richieste progettuali, i modi storici del costruire e le originarie materie locali che connotano la qualità fisica delle strutture e la cultura che ad essa si accompagna”, specifica. Questo significa, nel caso del Palazzo Reale di Napoli, uno dei progetti seguiti proprio dall’azienda, utilizzare malte pozzolaniche, proprio come da tradizione locale.
È una scelta che paga: seppure sia ancora un ambito di nicchia, i numeri sono dalla parte dell’azienda: «nel 2017 e 2018 abbiamo registrato una crescita del fatturato del 20-25%, mentre nel 2019 abbiamo registrato un +35%. È una crescita soprattutto nell’ambito bioedilizia e nei cantieri che si occupano di ristrutturazione. Inoltre i nostri prodotti rientrano nei requisiti dei Cam (Criteri ambientali minimi, richiesti per la pubblica amministrazione – nda)», spiega Gianni Nerobutto, responsabile generale e direttore tecnico.
Bioedilizia e materiali edili: una storia millenaria
Calchèra San Giorgio nasce nel 2004 sulla tradizione dell’azienda di famiglia, specializzata nel restauro e avviata nel 1978. «Una volta laureato, sono entrato in azienda a studiare i materiali edili impiegati nei cantieri per il restauro, approfondendo anche la loro storia», racconta Nerobutto. In questo percorso a ritroso è importante l’incontro con l’archeometra Mastro Gilberto Quarneti, una figura a metà tra lo storico e il ricercatore pratico di tecniche e materiali, oggi consulente aziendale. Da questo connubio parte la storia di Calchèra San Giorgio, fondendo l’esperienza storica e la competenza imprenditoriale e andando a riprendere antichi saperi millenari del periodo romano e addirittura fenicio. In particolare si ritrovano lì le origini, per esempio, delle malte romane. «Prima dell’avvento del cemento Portland, si costruiva con questi materiali antichi che hanno durabilità millenaria: pensiamo al Pantheon», fondato nel 27 avanti Cristo, ovvero duemila anni fa e ancora oggi perfettamente in salute. Le ricerche storiche svolte da studiosi nell’Ottocento hanno aiutato a comprendere le virtù delle antiche soluzioni: «la differenza tra cemento moderno e malte romane non la fanno i materiali, per lo più analoghi, ma il processo di produzione». La miscelazione a freddo, rispetto a quella ad altissime temperature (sopra i 1500 °C) diventa il fattore decisivo che contrappone un metodo naturale da uno industriale.
Materiali edili dalla natura e dall’economia circolare
Calchèra San Giorgio si è specializzata sui materiali per il restauro, quindi malte, intonaci e finiture, in particolare sulla calce: dal grassello, alla calce idraulica naturale, malta pozzolanica. Tutte certificate per la bioedilizia che, però, «non deve limitarsi solo all’impiego di prodotti di un certo tipo, ma deve fare attenzione al loro ciclo di produzione», sottolinea il direttore tecnico. Per questo l’azienda ha cercato nuove vie, guardando anche al pieno rispetto dell’economia circolare. «Dal 2012 abbiamo avviato un progetto che mette al centro i materiali di scarto reintroducibili a sostituire le materie prime come calce (prodotta da un carbonato di calcio) e le pozzolane (particolari sabbie estratte dalle cave)».
Le alternative sono state trovate nei gusci d’uovo e nella lolla di riso. L’Italia è fra i principali produttori europei di uova e di riso: quindi ci sono grandi quantità di scarti. I gusci hanno un contenuto al 98% in purezza di carbonato di calcio rispetto al 70-80% di una pietra di cava; «inoltre, per la sua natura porosa e fine è possibile cuocerlo a circa 700 °C, una temperatura inferiore a quella solitamente richiesta ( 900/950 °C), con un forte risparmio energetico e di emissioni di CO2 evitate». Ma c’è un altro fattore green da considerare: la calce, una volta applicata, è in grado nel tempo di assorbire la CO₂ emessa nella fase di cottura grazie a una reazione chimica.
Da scarto a ricerca: il progetto Calcedicampo
«La lolla di riso (vedi la nostra intervista sulla bioedilizia e i nuovi materiali) è un materiale molto interessante, ma è uno scarto difficilmente smaltibile». È ricca di silice, che deve essere però processata a caldo per essere utilizzabile. «Grazie a un accordo con i produttori di riso, la cenere ottenuta dalla combustione nelle centrali a biomassa viene da noi utilizzata».
Gusci d’uovo e scarti risicoli fanno parte del marchio Calcedicampo, che dal recupero degli scarti dell’industria agroalimentare e dallo studio delle materie antiche porta alla produzione di malte e intonaci naturali per l’edilizia sostenibile e salubre. Nella gamma di soluzioni rientra anche il vetro riciclato e il cocciopesto: è il più antico dei materiali da riciclo, derivato dalla lavorazione del laterizio, utilizzato dai Fenici per la costruzione delle conserve d’acqua già migliaia d’anni fa. La ricerca prosegue, in collaborazione col Politecnico di Milano, per un progetto di durata triennale che è la continuazione di Calcedicampo: «il nostro obiettivo è di sviluppare una gamma di prodotti 100% riciclati e a fine vita», conclude il responsabile di Calchèra San Giorgio.