In Italia ci sono molti esempi di birrifici virtuosi: dai grandi impianti con fotovoltaico, a piccole realtà che sperimentano idee rivoluzionarie per l’ambiente
Che la birra italiana piaccia anche all’estero non è più un mistero. Ma che, oltre alla bontà e all’artigianalità del prodotto si associ anche la sostenibilità ambientale è un ulteriore motivo d’orgoglio per il settore brassicolo nazionale.
In termini di ecosostenibilità, vanta un primato mondiale il birrificio Heineken di Massafra (Taranto), primo al mondo per produzione di energia fotovoltaica (3,3 MW) e per numero di pannelli solari (13mila) installati. A evidenziarlo è stata la società di consulenza Solarplaza, nella specifica classifica “Top 50 Solar Beer Breweries”. La stessa Heineken posiziona anche un altro stabilimento italiano (a Bergamo) nei primi dieci posti della classifica. Il gruppo non è nuovo ai primati green: in Austria ha realizzato il primo grande birrificio a zero emissioni del mondo.
Anche se non è entrato nella speciale classifica Solarplaza, vale comunque segnalare l’impianto fotovoltaico del birrificio Birra Castello, a San Giorgio di Nogaro (Udine), da 500 kWp: l’energia prodotta sarà interamente sfruttata per la produzione di birra e consentirà di ridurre le emissioni di CO2 per 445 tonnellate l’anno.
Sempre in tema di energia rinnovabile non c’è solo quella solare a essere sfruttata per la produzione di “bionde, rosse e scure”: l’esempio è Vapori di Birra, il primo birrificio artigianale italiano che utilizza il vapore geotermico come fonte energetica primaria per il processo industriale brassicolo. Questa realtà fa parte della Comunità del Cibo a Energie Rinnovabili, unica al mondo che fa della sostenibilità un biglietto da visita.
Gli stessi scarti della produzione della birra possono entrare in gioco per produrre energia e per migliorare le qualità del terreno, diventando rispettivamente pellet e carbone vegetale (biochar). È quanto propone il Consiglio per la ricerca in agricoltura (Crea), ideatore e promotore di un progetto grazie al quale, se attuato, sarebbe possibile recuperare fino al 90% delle materie prime utilizzate nel processo produttivo della birra per scopi “bio”.
Sempre in chiave birra&sostenibilità vale la pena segnalare il sistema di spillatura adottato da Carlsberg (e proposto all’ultima edizione di Ecomondo) senza CO2 aggiunta, grazie al sistema DraughtMaster modular 20, che utilizza fusti in PET al posto dei tradizionali in acciaio. Non solo: la tecnologia alla base, realizzata dall’italiana Celli Group, permette di ridurre i consumi energetici fino al 79%.
Nell’ambito della sostenibilità ambientale, c’è anche l’attenzione alle materie prime biologiche per la realizzazione delle birre. Una filosofia che si fa sempre più strada e ha la sua capostipite nella Wayan, la prima certificata in Italia, prodotto dal birrificio cuneese Baladin. E la sostenibilità ambientale non è certo appannaggio unicamente italiano: a livello internazionale si segnala l’imballaggio ecologico della Saltwater Brewery, piccola realtà di recente assurta agli onori della cronaca per aver progettato e adottato anelli per imballaggio totalmente biodegradabili e commestibili per la fauna ittica, la più colpita dall’inquinamento causato dall’abbandono di plastica. Per realizzare l’eco-imballaggio sono stati utilizzati gli stessi sottoprodotti della produzione birricola, come grano e orzo.