Il Consorzio Nazionale Imballaggi, spiega il suo direttore tecnico, svolge un ruolo fondamentale nel recupero e nel riciclo dei materiali di confezione. Con grande beneficio economico e ambientale in termini di inquinamento smaltimento. Ma un risparmio c'è anche per le singole aziende, che utilizzando materiali riciclati e più leggeri spendono meno e fanno una buona azione nei confronti del Pianeta
Il Consorzio Nazionale Imballaggi (Conai), a cui aderiscono le aziende produttrici e utilizzatrici di imballaggi, svolge un ruolo fondamentale nel recupero e nel riciclo dei materiali da confezione in un’ottica di responsabilità condivisa fra imprese, pubblica amministrazione e cittadini. Le aziende aderenti al consorzio versano un contributo obbligatorio che finanzia Conai affinché possa intervenire a sostegno delle attività di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti da imballaggio. Dall’inizio della sua attività il beneficio economico e ambientale per il Paese è quantificabile, al 2009, in 7,8 miliardi di euro. Dal 1998 al 2008, sono state 48,2 milioni le tonnellate di emissioni di CO2 evitate, 76mila i nuovi posti di lavoro creati e 325 le nuove discariche evitate. Il maggior merito di Conai è stato, infatti, quello di aver segnato il passaggio da un sistema di gestione basato sulla discarica a un sistema integrato, che si basa sulla prevenzione, sul recupero e sul riciclo dei materiali. Un concetto strategico, quello della prevenzione, per portare avanti un reale progetto comune di ecosostenibilità, come ci spiega Roberto Magnaghi, responsabile del Settore Tecnico Conai.
Qual è la ragion d’essere di Conai?
Il Consorzio, nato nel ‘97 in ragione di una normativa che istituisce degli obiettivi di riciclo e recupero di tutti gli imballaggi immessi al consumo sul territorio nazionale, è formato da oltre un milione e 400mila imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi che si sono così organizzate per raggiungere precisi obiettivi di riciclo degli imballaggi, costituiti da sei tipologie di materiali: carta, plastica, vetro, legno e metalli, quindi acciaio e alluminio. Gli ultimi dati 2010 sono molto confortanti perché abbiamo ormai raggiunto la soglia del 75 percento delle confezioni recuperate e di circa il 65 percento di quelle riciclate.
Avete da poco diffuso i dati del Dossier 2010 “La prevenzione ecoefficiente”. Quanto è importante questo tema per quanto riguarda la gestione ecosostenbile degli imballaggi?
È importantissima perché oltre a recuperare e riciclare gli imballaggi dobbiamo ragionare anche in termini di progettazione, o meglio, di ecoprogettazione. Quando si deve pensare a un imballaggio bisogna progettarlo avendo in mente quale sarà tutto il suo percorso di vita. In Conai diciamo che bisogna pensare “dalla culla alla culla”, cioè un iter attraverso il quale l’imballaggio, dopo l’utilizzo e le fasi di raccolta differenziata e riciclo, possa avere nuova vita grazie ai cosiddetti “ri-prodotti”, manufatti realizzati cioè con materiale riciclato. Il dossier raccoglie casi di aziende virtuose e questa è un’edizione particolarmente importante perché pone l’accento sull’ecodesign con precisi indicatori (risparmio di energia, risorse idriche e CO2) tesi a valutare se gli imballaggi utilizzati sono più o meno ecosostenibili e se l’azienda ha fatto del proprio meglio.
Quali i dati più significativi emersi dal dossier?
Fra le azioni di prevenzione più importanti ci sono la riduzione del peso dell’imballaggio e l’uso di materiale riciclato: proprio in relazione a quest’ultimo siamo ormai arrivati ad oltre il 35 percento di utilizzo nei nuovi imballaggi. Un dato che risulta molto evidente in alcuni settori fra cui la carta, dove oltre il 90 percento degli scatoloni viene fatto con materiale riciclato, il vetro e la plastica. Per quanto riguarda, invece, la riduzione in peso, si è arrivati a un alleggerimento degli imballaggi che oscilla fra il 15 e il 30 percento. In particolare per i materiali plastici si sono raggiunte punte che vanno oltre il 30 percento: in testa le bottiglie di acqua minerale e i flaconi per la pulizia. Altrettanto vale per altre tipologie di materiali come i contenitori in acciaio e le lattine di alluminio, dove la riduzione in peso ha raggiunto la doppia cifra decimale, in termini di percentuale di alleggerimento. Molto importanti sono anche, ai fini di una maggiore ecosostenibilità, l’ottimizzazione della logistica, la semplificazione dei sistemi d’imballo, la facilitazione dell’attività di riciclo e il riutilizzo degli imballaggi, un fenomeno in continua espansione nei circuiti business to business.
Come si colloca l’Italia rispetto al resto dell’Europa?
L’industriai italiana del riciclo e del recupero è fra le prime in Europa e nel mondo. Essendo un paese povero di materie prime, l’Italia ha da sempre dovuto basarsi sull’industria del recupero. E anche nel campo del packaging siamo molto all’avanguardia perché molte delle nostre aziende produttrici e utilizzatrici di imballaggi non sono seconde a nessuno in Europa e nel mondo in tema di progettazione ed ecosostenibilità.
C’è differenza fra le multinazionali e le piccole e medie imprese in termini di attenzione alla sostenibilità ambientale?
Direi di no, l’attenzione nei confronti di questi temi è un approccio che le accomuna e anzi proprio per le seconde rendere più ecosostenibili i propri prodotti può diventare una carta vincente anche a livello internazionale. L’unica differenza ci può essere per quanto riguarda le possibilità di sperimentare nuovi tipi d’imballaggio. Una multinazionale, avendo una più ampia tipologia di prodotti, ha sicuramente maggiori possibilità di provare soluzioni maggiormente ecosostenibili rispetto a una piccola o media impresa.
Perché conviene essere ecosostenibili?
Perché il mercato sta andando in questa direzione e perché il consumatore è sempre più sensibile a questi temi. Oggi, infatti, circa il 30-40 percento di chi acquista è particolarmente attento e sensibile all’ambiente. E, al di là delle norme che invitano a essere ecosostenibili, l’impresa ha comunque convenienza economica nell’essere più attenta perché risparmia nel momento in cui utilizza meno materiale. Se io azienda utilizzo meno materiale ho un risparmio a monte nell’acquisto della mia materia prima e se faccio un imballaggio più leggero ho addirittura un risparmio in termini di contributo ambientale Conai. Pago cioè meno quello che è l’imballaggio che andrò a immettere sul mercato. Tutta questa serie di fattori fanno sì che la direzione non possa essere altra se non quella dell’ecosostenibilità.
Volendo lanciare uno slogan a favore di questa virtuosa pratica aziendale quale utilizzerebbe?
Direi sicuramente “Pensare futuro”, che è lo slogan sotto il cui cappello l’attività di Conai si muove da anni. Perché riflettere sul domani è importante, non soltanto per noi ma soprattutto per le prossime generazioni ed è essenziale arrivarci percorrendo una strada sostenibile. Ragionare quindi già oggi in termini di ecoprogettazione ed ecosostenibilità è fondamentale per il futuro e per pensare al futuro.