Wise Society : Antibiotici: l’alimentazione vegetale aiuta a ridurne la resistenza?

Antibiotici: l’alimentazione vegetale aiuta a ridurne la resistenza?

di Fabio Di Todaro
3 Novembre 2018

Una ricerca rivela che carne, pesce, latte, formaggi contribuiscono maggiormente, rispetto ai cibi di origine vegetale, alla quota di geni presenti nell’intestino umano e responsabile del fenomeno della resistenza agli antibiotici

Carne, pesce, latte, formaggi. Questi alimenti, se consumati in maniera eccessiva, contribuiscono maggiormente, rispetto a quelli di origine vegetale, alla quota di geni presenti nell’intestino umano e responsabile del fenomeno della resistenza agli antibiotici, che nel nostro Paese è fra i più elevati in Europa e che però è in gran parte causato dall’errato utilizzo che si fa di questi farmaci (tanto in ambito umano quanto in medicina veterinaria).

La scoperta, realizzata dai ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, emerge da una ricerca (finanziata dal Ministero della Salute) pubblicata sulla rivista «International Journal of Antimicrobial Agents» che aveva come obiettivo proprio quello di studiare l’impatto degli alimenti di origine animale sulla composizione microbica e sulla presenza dei geni che determinano l’antibiotico-resistenza nel microbiota (l’insieme di tutti i microrganismi) dell’intestino umano.

Piatto vegano

Da una ricerca realizzata dai ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie emerge che carne, pesce, latte, formaggi se consumati in maniera eccessiva, contribuiscono maggiormente, rispetto a quelli di origine vegetale, alla quota di geni presenti nell’intestino umano e responsabile del fenomeno della resistenza agli antibiotici, foto: Pixabay

 

L’alimentazione vegetale aiuta a ridurre la resistenza agli antibiotici?

Per distinguere l’effetto derivante dagli alimenti di origine animale da quelli di origine vegetale, i ricercatori hanno studiato la quantità di queste porzioni del Dna circolanti nel microbiota di tre gruppi di persone che non avevano fatto uso di antibiotici nell’anno antecedente lo studio e che si differenziavano per avere una dieta onnivora, dieta vegetariana o dieta vegana.

È stata considerata la resistenza a quattro classi di antibiotici: sulfamidici, tetracicline, amminoglicosidi e β-lattamici. I risultati hanno evidenziato che il microbiota del gruppo «onnivori» conteneva una quantità di questi geni significativamente maggiore rispetto al microbiota del gruppo «vegani». Al contrario, non sono state evidenziate differenze tra il gruppo di persone vegetariane e gli onnivori. Un’evidenza che ha confermato agli occhi dei ricercatori il ruolo della filiera degli alimenti di origine animale nella circolazione di geni di resistenza nell’ambito di comunità microbiche che colonizzano altre «nicchie ecologiche» e che ha posto l’attenzione sull’importanza dell’uso corretto degli antibiotici: sia in medicina veterinaria sia umana. L’uso massiccio di antibiotici è infatti cresciuto nel tempo negli allevamenti intensivi, perché gli animali sono tenuti in condizioni di tale affollamento e di sofferenza fisica e psicologica che non sarebbero in grado di sopravvivere senza farmaci e sostanze chimiche di vario genere.

Antibiotici negli allevamenti: è allarme anche in Italia

Il consumo di antibiotici negli allevamenti italiani è eccezionalmente alto, come documenta il rapporto dell’Agenzia Europea del Farmaco. Alcuni antibiotici utilizzati negli allevamenti sono strumenti salvavita per le persone, in caso di gravi infezioni. Fra questi i fluorochinoloni e le cefalosporine di terza e quarta generazione, di cui si è rilevato un alto consumo nei nostri allevamenti. Eccezionalmente alto è anche l’uso della colistina, un altro importantissimo antibiotico che rappresenta l’ultima risorsa contro alcune infezioni. L’uso massiccio di antibiotici è reso necessario da diversi fattori, tra cui le scarse condizioni di benessere con cui vengono allevati gli animali negli allevamenti. Molto spesso i trattamenti sono preventivi e di routine, per mantenere in vita gli animali, anche in condizioni terribili, fino al momento della macellazione.

Antibiotici e vaccinazioni in Italia

In ambito umano, deteniamo la «maglia nera» almeno per quanto riguarda l’Europa mediterranea: per alcuni batteri gram-negativi si arriva al di sopra del cinquanta per cento, nei tassi di resistenza. Inoltre, secondo la Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, vi sono alcuni antibiotici che dal 50 al 70 per cento dei casi non sono più attivi nei confronti di molti batteri, con gravi conseguenze per l’uomo.

«Ancora troppo spesso gli antibiotici vengono utilizzati impropriamente, visto che per curare l’influenza non servono – ricorda Pierluigi Lo Palco, docente di igiene e medicina preventiva dell’Università di Pisa -. Questo utilizzo improprio è alla base della mancata riposta di molte specie agli antibiotici. Anche per questo motivo è fondamentale vaccinarsi ed è importante che si vaccinino gli operatori sanitari. L’uso massivo della vaccinazione non solo diminuisce il ricorso agli antibiotici per curare questo tipo di patologie, ma fa sì che vengano sempre più ridotti i ceppi di questo batterio, resistenti agli antibiotici».

antibiotici e vaccinazioni

In Italia per alcuni batteri gram-negativi si arriva al di sopra del cinquanta per cento, nei tassi di resistenza. Inoltre, secondo la Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, vi sono alcuni antibiotici che dal 50 al 70 per cento dei casi non sono più attivi nei confronti di molti batteri, con gravi conseguenze per l’uomo, Foto: Pixabay

Twitter @fabioditodaro

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