In Italia cresce del 10% all’anno il ricorso a test inutili per la diagnosi. Dalla Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica un vademecum di indicazioni utili
Sono oltre due milioni gli italiani allergici a proteine contenute all’interno di alimenti. Più ampia è la schiera degli intolleranti: con lattosio e nichel a farla da padrone tra gli “spauracchi” della tavola che guardano da vicino otto milioni di nostri connazionali. Ma se nel primo caso esistono dei test in grado di completare la diagnosi senza dubbi, nel caso delle allergie alimentari negli ultimi anni è aumentato il numero di (presunti) test diagnostici che hanno accresciuto la fobia da parte dei consumatori, senza incidere sulla determinazione della portata delle intolleranze alimentari.
DIFFERENZA TRA ALLERGIE E INTOLLERANZE – Di intolleranze e allergie alimentari oggi si parla in tutti i luoghi e a tutte le età. Le mamme si confrontano riguardo i propri figli in età scolare e con le colleghe in ufficio. Che il numero delle allergie alimentari stia crescendo è un dato condiviso dagli esperti. Più scettica appare invece la comunità scientifica di fronte al “boom” delle intolleranze. Quali sono le differenze tra queste due condizioni? Partiamo dall’allergia, che consiste in una reazione avversa che coinvolge il sistema immunitario. Non è comunque l’alimento di per sè che provoca la reazione, quanto piuttosto le proteine che lo compongono. Le intolleranze alimentari, invece, non coinvolgono l’apparato che più di tutti gli altri si preoccupa di difenderci dagli agenti esterni. Le reazioni sono dovute a un deficit enzimatico (come accade per quella al lattosio), a un’eccessiva reattività rispetto ad alcune sostanze presenti in alcuni alimenti o alla presenza di alcuni additivi alimentari (solfiti, glutammato di sodio, addensanti, dolcificanti).
A COSA SIAMO ALLERGICI? – Sono diversi gli alimenti contro cui il nostro organismo “reagisce”. Gli allergeni più pericolosi per i bambini sotto i tre anni risultano essere il latte e le uova. Nel tempo alla lista si aggiungono nocciole e arachidi, cereali (soprattutto grano, mais e avena), frutta e soia. Arachidi, pesce, molluschi e crostacei, nocciole e frutta a guscio sono responsabili della maggior parte delle reazioni allergiche ad alimenti negli adulti. Ma come mai siamo diventati più allergici? Alla base di questo trend due possibili cause: l’introduzione nella dieta di cibi appartenenti ad altre culture alla progressiva riduzione dei tassi di adesione all’allattamento al seno.
L’ALLARME DEGLI ESPERTI – Più che l’aumentata diffusione delle allergie, a spaventare gli esperti sono i quasi otto milioni di persone sane che, condizionate psicologicamente, riconoscono un alimento come la causa del proprio malessere. Sono soprattutto loro a rifugiarsi nella diagnostica “fai-da-te” delle delle intolleranze e delle allergie alimentari ricorrendo a oltre quattro milioni di test non provati scientificamente ogni anno (test del capello, vega test, biorisonanza, test della forza, test su cellule del sangue, riflesso cardiaco auricolare). «In nove casi su dieci danno un verdetto positivo che illude il paziente di aver effettuato una diagnosi corretta, ma in realtà hanno la stessa affidabilità del lancio di una monetina», mettono in guardia gli esperti. Il ricorso a questi ultimi, stando ai dati presentati nel corso di un recente convegno organizzato dalla Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (Siaiic), sta crescendo a ritmi da non trascurare. Da qui la necessità di una risposta in grado di arginare il fenomeno, che arriva a valere – e dunque a gravare sulle tasche dei cittadini – quasi trecento milioni di euro all’anno.
COME NON CADERE IN TRAPPOLA – Gli allergologi italiani hanno così presentato le prime linee guida per l’interpretazione dei test diagnostici – in pubblicazione su Clinical and Molecular Allergy – assieme a un vademecum per i cittadini e a un documento guida per i ristoratori. «Orticaria acuta, sintomi gastrointestinali e anafilassi sono i segni distintivi delle allergie – afferma Walter Canonica, direttore della clinica di malattie dell’apparato respiratorio dell’Università di Genova e presidente Siaiic -. Ma oggi basta avere altri sintomi poco spiegabili per puntare il dito contro un alimento. C’è anche chi a determinati cibi riconosce la colpa del fallimento di una dieta». Un fenomeno inspiegabile, visto che «sono disponibili approcci diagnostici raffinati, che individuano con precisione a quale porzione dell’alimento si è ipersensibili – dichiara Mario Di Gioacchino, docente di allergologia all’Università di Chieti -. In alcuni casi è possibile consumare un frutto a cui si è allergici togliendone la buccia, oppure un alimento si può mangiare una volta cotto».
COME SI FA UNA DIAGNOSI DI ALLERGIA? – L’iter diagnostico corretto comprende un esame della storia clinica del paziente per identificare il o gli alimenti sospetti. Chiedendo al paziente di utilizzare un diario alimentare, il medico può associare il consumo di un alimento a un’eventuale reazione, prima di valutare l’opportunità di effettuare alcuni test: cutanei (prick test), di provocazione orale o somministrando una dieta di eliminazione (si escludono dalla tavola gli alimenti “sospetti”). «Sarà lo specialista a sottoporre il paziente agli esami adeguati per capire se si tratta di un’allergia o di un’intolleranza o se pure non c’è nulla di tutto questo di cui preoccuparsi – osserva Donatella Macchia, responsabile del servizio per la diagnosi e il follow-up di allergie e intolleranze alimentari all’ospedale San Giovanni di Dio di Firenze -. Il nostro vademecum indica anche quali risposte ci si devono attendere da un medico qualificato e quali sono i comportamenti “virtuosi” se ci si scopre allergici o intolleranti. Primo su tutti, attenersi alle indicazioni dietetiche date senza cedere al fai da te».
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