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Coronavirus: ecco cosa dobbiamo aspettarci

di Fabio Di Todaro
2 Marzo 2020

Facciamo il punto sull'emergenza Covid-19 e la sua evoluzione con il direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani di Roma

L’emergenza Coronavirus non è alle spalle: tutt’altro. Ma le prime guarigioni e il contenimento degli unici due focolai al momento riscontrati (Veneto e Lombardia) stanno lentamente facendo rientrare l’allarme tra gli italiani. Un momento opportuno per fare il punto su cosa è accaduto e cosa aspettarsi per i prossimi giorni con Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani di Roma, dove il virus è stato isolato e sequenziato per la prima volta in Italia.

Professor Ippolito, ripartiamo dall’inizio

Il 31 dicembre le autorità sanitarie cinesi hanno reso nota la presenza di un focolaio di sindrome febbrile, associata a polmonite di origine sconosciuta, nella provincia di Hubei. Il punto di partenza dell’infezione è stato identificato nel mercato del pesce e di altri animali vivi di Huanan, al centro della città di Wuhan, chiuso per questo motivo il 1 gennaio 2020.

A cosa è dovuta l’infezione?

Il 7 gennaio è stato isolato l’agente patogeno responsabile dell’epidemia. Si tratta di un nuovo betacoronavirus, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha denominato dapprima 2019-nCoV, poi SARS-CoV-2: a indicare la similarità con il virus della Sars, che tra il 2002 e il 2003 causò una epidemia globale con 8.096 casi confermati e 774 decessi. La malattia provocata da questo virus è stata denominata CoVid-19.

Che cosa sono i coronavirus?

I coronavirus, così chiamati per la caratteristica forma a coroncina visibile al microscopio, sono una famiglia di virus che causa infezioni negli esseri umani e in una varietà di animali, tra cui uccelli e mammiferi come cammelli, gatti e pipistrelli. Si tratta di virus molto diffusi in natura, che possono causare un comune raffreddore o malattie più gravi come la sindrome respiratoria mediorientale (Mers, ndr) e la sindrome respiratoria acuta grave (Sars, ndr).

Come avviene il contagio?

I coronavirus vengono veicolati all’uomo da ospiti intermedi. Non sappiamo ancora con precisione quale sia stato l’animale che ha trasmesso il virus all’uomo. Appare comunque probabile, anche alla luce di quanto avvenuto nelle epidemie verificatesi sino a oggi, che il serbatoio dei coronavirus sia stato un mammifero. La rivista Science ha ipotizzato che l’animale che ha trasmesso il virus all’uomo possa essere il pangolino, un mammifero protetto ricoperto di squame il cui traffico illegale è purtroppo diffuso in Cina, dove viene utilizzato nelle pratiche mediche tradizionali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottolineato come vi siano sempre nuove evidenze scientifiche del legame tra il Sars-CoV-2 e altri coronavirus simili circolanti nei pipistrelli e, più specificamente, nel Rhinolophus.

Come si trasmette il virus da uomo a uomo? 

La trasmissione interumana del virus è stata dimostrata, vista l’assenza di link epidemiologico tra molti degli infettati, inclusi quelli dei focolai italiani in Lombardia e Veneto, e l’area della Cina nella quale ha avuto origine l’infezione. Il SARS-CoV-2, come altri coronavirus, si trasmette attraverso le goccioline del respiro della persona infetta, che possono essere trasmesse con la tosse o gli starnuti, oppure tramite contatto diretto personale, oppure toccandosi la bocca, il naso o gli occhi con le mani contaminate.

Come è possibile proteggersi? 

In termini pratici, è raccomandabile mantenersi a una distanza di almeno un metro da persone che tossiscono, starnutiscono o hanno la febbre, e lavarsi frequentemente le mani con sapone o con una soluzione alcolica. Quando si hanno sintomi respiratori, è necessario coprire la tosse e gli starnuti con tessuti o indumenti usa e getta. O, in loro assenza, con l’incavo del gomito, e lavando frequentemente le mani.

Quanto sono gravi le infezioni causate da SARS-CoV-2? 

Il virus può causare sintomi lievi, simili a quelli dell’influenza. Ma anche malattie gravi come la polmonite. Le persone con condizioni croniche preesistenti, come ipertensione e altri disturbi cardiovascolari, diabete, disturbi epatici e malattie respiratorie, sono più a rischio.

Quanto è letale il virus?

Per quanto riguarda la letalità del virus, uno studio del China CDC condotto su oltre 44.000 casi confermati ha evidenziato 1.023 esiti fatali, corrispondenti a un tasso di letalità complessiva del 2,3%, che sale al 14,8% tra le persone di età superiore agli 80 anni. La ricerca ha messo in luce come la presenza di malattie concomitanti aumenti il tasso di letalità. Per le persone sane, il tasso di letalità è risultato dello 0,9%. È comunque ancora troppo presto per poter fornire stime accurate sulla letalità. Soltanto con l’evolversi dell’epidemia sarà possibile raccogliere dati più dettagliati.

Quali sono i sintomi della malattia CoVid-19? Come si cura?

I sintomi sono tipicamente respiratori: febbre, tosse, raffreddore, mal di gola, grave affaticamento polmonare. Al momento, non ci sono terapie specifiche. La malattia si cura come i casi di influenza grave, con terapie di supporto. Contrariamente all’influenza, non sono disponibili antivirali specifici. Nei casi più gravi ai pazienti viene praticato il supporto meccanico alla respirazione. Sulla base dei dai disponibili, il WHO ha suggerito una terapia antivirale sperimentale, che è stata utilizzata anche all’ospedale Spallanzani per i primi pazienti positivi al virus, e che è basata su due farmaci. Uno è il  lopinavir/ritonavir, un antivirale comunemente utilizzato per la infezione da HIV e che mostra attività antivirale anche sui coronavirus. L’altro è il remdesivir, un antivirale già utilizzato per l’Ebola, potenzialmente attivo contro l’infezione da nuovo coronavirus.

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Se e quando ci sarà un vaccino?

Il primo vaccino non potrà essere pronto prima di un anno, un anno e mezzo. Il 24 febbraio la società biotecnologica Moderna ha annunciato di aver completato lo sviluppo di un vaccino contro il nuovo coronavirus, denominato mRNA-1273, e di averne inviato il primo lotto al National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), la branca che si occupa di malattie infettive del National Institute of Health (NIH), l’agenzia governativa statunitense che sovrintende alla ricerca sanitaria. La sperimentazione dovrebbe partire ad aprile e i primi risultati potrebbero essere disponibili tra luglio e agosto. Ma ci sono anche altri gruppi al lavoro su potenziali vaccini, anche da noi in Europa».

Quali sono i rischi che corrono ancora l’Italia e l’Europa? 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità valuta attualmente il rischio molto alto per la Cina ed elevato a livello globale. Secondo il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie Infettive (Ecdc), il rischio di infezione da per le persone residenti nell’Unione Europea è attualmente basso-moderato: al di là di coloro che viaggiano o risiedono in zone dov’è in corso una trasmissione comunitaria, per cui il rischio è elevato. Mentre la probabilità che si accendano focolai simili a quelli emersi in Italia oscilla tra il moderato e l’elevato.

Possiamo continuare a viaggiare all’estero, soprattutto in Cina? 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda ai viaggiatori di adottare le abituali precauzioni. In caso di sintomi come tosse e febbre alta, che indichino l’insorgere di una malattia respiratoria acuta e che si manifestino prima, durante o dopo il viaggio, i viaggiatori devono rivolgersi a un medico o ad un centro di assistenza sanitaria, condividendo le informazioni sui luoghi che hanno visitato. Il Ministero degli esteri al momento raccomanda di evitare di viaggiare nella provincia dell’Hubei e di rimandare i viaggi non necessari in Cina e in altre zone come la Corea del Sud e l’Iran dove si sono accesi focolai locali. Inoltre è opportuno verificare, in questo momento, se il Paese nel quale si è diretti prevede particolari misure per i viaggiatori provenienti dall’Italia o dalle regioni italiane nelle quali si trovano i focolai di infezione.

Quale potrà essere il decorso dell’epidemia in Italia? 

Ci vorrebbe la palla di vetro per saperlo. Io sono ottimista per natura, e penso che, anche se l’epidemia potrà andare avanti per diversi mesi, riusciremo comunque a gestirla. Dobbiamo essere vigili per controllare la diffusione dell’epidemia, ed eventualmente prepararci a mitigarne gli effetti sulla popolazione, in special modo le fasce più avanzate di età che, come abbiamo visto, sono quelle più esposte».

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