Wise Society : «Gli allevamenti intensivi sono bombe ecologiche»
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«Gli allevamenti intensivi sono bombe ecologiche»

di Maria Enza Giannetto/Nabu
17 Febbraio 2017

Giulia Innocenzi nel suo libro denuncia "Tritacarne" sugli allevamenti intensivi in Italia racconta di animali imbottiti di antibiotici, rinchiusi in gabbie e in condizioni igieniche precarie

«Non avrei mai pensato, in un anno e mezzo di indagini e inchieste, di trovare negli allevamenti intensivi italiani una situazione così tanto simile a quella degli Stati Uniti. Abbiamo importato in toto il loro modello. Oggi l’80% degli 800 milioni di animali da allevamento in Italia sono rinchiusi in capannoni, ammassati gli uni sopra gli altri o rinchiusi in gabbie, in condizioni igieniche precarie, ammalati e imbottiti di antibiotici». É un quadro sconcertante quello che viene fuori dal lavoro di inchiesta che Giulia Innocenzi ha condotto per oltre un anno negli allevamenti e nei macelli del nostro Paese e raccontato in “Tritacarne. Perché ciò che mangiamo può salvare la nostra vita. E il nostro mondo” (Rizzoli, 2016).

Tritacarne: l'inchiesta di Giulia Innocenzi sugli allevamenti intensivi

Giulia Innocenzi mostra la copertina del suo libro “Tritacarne” sugli allevamenti intensivi

Un’indagine senza precedenti sull’industria italiana della carne e dei formaggi dell’eccellenza Made in Italy, in cui l’autrice affianca animalisti, veterinari e allevatori per svelare un mondo oscuro che «fa male agli animali, fa male a chi li mangia pensando siano controllati e fa male all’ambiente». Il lavoro di Giulia Innocenzi sarà anche alla base del programma in sei puntate Animali come noi che dovrebbe partire su Rai2 nelle prossime settimane.

Giulia, come è nato l’interesse per gli allevamenti intensivi?

Dal libro di Jonathan Safran Foer Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? Quando l’ho letto, la mia prima reazione è stata quella di abbandonare immediatamente il pollo, subito dopo, oltre a rinunciare anche alle altre carni, ho cominciato a chiedermi quale fosse la situazione in Italia. E purtroppo quello che racconto in Tritacarne non è così diverso da ciò che avviene negli Usa.

Cosa manca secondo te, le leggi o i controlli?

Le leggi che abbiamo, quelle europee, sono assolutamente povere e parlano solo di benessere animale con dei criteri già in partenza minimi. Questi stessi criteri minimi non vengono, però, neanche rispettati perché i controlli sono carenti: innanzitutto i veterinari delle Asl sono pochi in organico e poi non viene applicato il principio di rotazione. Questo porta a situazioni in cui gli stessi professionisti si occupano dello stesso allevamento per periodi lunghissimi: come nel caso dello stabilimento di Amadori  di cui parlo nel libro e che è poi finito sotto inchiesta della Procura di Forlì.

Chi ha letto il libro di Foer, generalmente, lo ha fatto perché era già predisposto ad abbandonare la carne. È stato così anche per te?

Nel 2009 ho avuto problemi di salute. Mangiavo malissimo e sempre di corsa e sono finita in ospedale per un’infezione al rene, così avevo deciso di reimpostare tutto il mio regime alimentare. Il libro di Foer mi ha proprio cambiato la vita.

Oggi che stile alimentare segui?

Sono vegetariana ma mi avvicino sempre di più al veganesimo anche perché, seguendo il ciclo di produzione di formaggi e altri derivati animali ho cominciato a eliminare quanto più possibile anche questi alimenti dalla mia dieta.

È difficile cambiare regime alimentare?

Oggi, anche per chi pranza e cena spesso fuori casa, non è difficile trovare piatti vegetariani. Posso dire, però, che a casa ora metto più fantasia in cucina: oltre a legumi, verdura, cereali e frutta, ho scoperto il magico mondo dei semi, della canapa e delle alghe.

Mangiare bene e mangiare vegetariano è roba da ricchi?

Assolutamente no. Anche perché il costo della carne è anche un costo sociale che viene pagato da tutti noi in termini di inquinamento e salute.

Con Tritacarne vuoi convertire più persone possibili al vegetarianesimo?

Non voglio fare proselitismo e mi danno proprio fastidio quelli che puntano il dito contro le scelte alimentari degli altri, proprio come hanno fatto con me quando ho dichiarato di essere quasi vegana e sono subito stata attaccata. Io voglio solo raccontare la verità sul modello di produzione che abbiamo adottato e sulla realtà del Made in Italy che, a questo punto, non è poi così un’eccellenza. Con il mio libro vorrei creare più consapevolezza su questo fenomeno, poi sta a ognuno scegliere in base a quello che io chiamo il proprio limite di accettabilità etica

La verità è, però, che oggi non abbiamo il diritto di poter scegliere perché l’etichettatura della carne non fornisce alcuna informazione sui metodi di allevamento. Mi sto impegnando con alcuni parlamentari per l’etichettatura trasparente che potrà fornire al consumatore uno strumento utile per decidere serenamente se acquistare una fettina di pollo che proviene da un animale allevato per 38 giorni in un capannone e imbottito di antibiotici e Ogm, oppure quella da un pollo che ha avuto la possibilità di razzolare all’aria aperta.

C’è qualche esempio di allevamento virtuoso in Italia?

Nel libro cito il Consorzio Al.b.a. degli allevatori di bufalini associati che hanno fatto la scelta coraggiosa di crescere, e poi destinare alla macellazione solo dopo i 14 mesi, i bufalini maschi che normalmente, purtroppo, vengono lasciati morire non appena nati perché considerati “scarti di produzione”.

Maiali in allevamento intensivo

Image by iStock

Consideri l’allevamento intensivo uno dei mali del secolo?

Oltre al trattamento degli animali e ai danni per la salute dell’uomo derivati da questo modello, gli allevamenti sono bombe ecologiche insostenibili dal punto di vista ambientale. Oltre un terzo delle coltivazioni del mondo è destinato agli allevamenti perché abbiamo tolto gli animali dai pascoli liberi e rinchiusi nei capannoni e le emissioni di gas serra che provengono dagli allevamenti intensivi sono più alte di quelle che vengono dall’industria di trasporti. Non ci possiamo davvero più permettere questo tipo di produzione.

A breve, nel tuo programma Animali come noi, andranno in onda le riprese del tuo reportage. Saranno documenti solo per stomaci forti?

Quando abbiamo mostrato qualche video a La7 nello speciale “Dentro la carne” c’è stato un picco di ascolti: la gente ha voglia di sapere come vengono trattati gli animali e cosa porta in tavola. Comunque, il programma andrà in onda in seconda serata.

Dal tuo viaggio in Iran alle dichiarazioni sull’alimentazione, fino al tuo schierarti con il rapper BelloFigo. Sui social sei spesso oggetto di critiche e attacchi anche feroci. Pensi che sarebbe lo stesso se fossi un uomo?

Sui social noi donne siamo tra i 5 bersagli più scelti insieme con immigrati, ebrei, gay, disabili. Inoltre, tra le donne le categorie più bersagliate sono le giornaliste e le politiche. Diciamo che ci sono abituata.

A proposito di politica, da giovane eri impegnata attivamente. Hai messo da parte quell’impegno?

Sì, ma mi considero sempre una militante e anche nel mio lavoro cerco sempre di fare tutto con una passione politica. Credo ne sia un esempio la mia recente denuncia contro la pagina facebook chiamata Avanguardia nera.

A cosa stai lavorando al momento?

Quello dell’alimentazione e della produzione di cibo è sicuramente un filone con tantissimi spunti. Il lavoro di inchiesta, come quello che ho fatto, però, non è affatto facile. Quindi, vedremo.

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