Wise Society : Etichetta benessere animale, una certificazione che può essere ingannevole

Etichetta benessere animale, una certificazione che può essere ingannevole

di Mariella Caruso
9 Febbraio 2022

Un marchio, su base volontaria, standard di benessere degli animali per i prodotti alimentari. Eppure, come denunciano le associazioni, l'etichetta "benessere animale" è un claim che può essere ingannevole e per nulla sostenibile

Si chiama etichetta benessere animale, ma con il benessere degli animali, in realtà, ha proprio poco a che fare e di fatto, come molti denunciano, è anche una certificazione ingannevole per i consumatori.

Maiali e peste suina africana

Foto Shutterstock

Che cos’è l’etichetta sul benessere animale

Il Consiglio Europeo nel dicembre 2020, ha lanciato l’iniziativa di adozione di una etichetta UE sul benessere animale. Compito della Commissione è stato poi preparare una proposta di legislazione europea. L’obiettivo dell’etichetta generale (in linea con la richiesta di un’etichetta alimentare trasparente, è triplice:

  1.  migliorare il benessere del maggior numero possibile di animali da produzione alimentare;
  2. aumentare la credibilità e la trasparenza dei mercati;
  3. consentire ai consumatori di compiere scelte alimentari più informate.

L’adozione dell’etichetta

Dopo la proposta dei ministri europei, si trattava quindi di adottare – su base volontaria – standard di benessere degli animali superiori a quelli della legislazione dell’UE grazie ai quali poter marchiare il proprio prodotto alimentare con il marchio europeo “benessere degli animali”.

Sulla carta, il superamento dei requisiti di legge riguarda il benessere animale in tutti gli stadi della vita, in allevamento, al trasporto e alla macellazione. E interesserà, man mano, tutte le specie animali, permettendo ai consumatori europei di riconoscere facilmente gli alimenti prodotti secondo standard di benessere animale più rigorosi. Ma non è così semplice, perché di fatto l’operazione appare una vera e propria iniziativa di greenwashing. Ed ecco perché.

Cosa prevede la certificazione sul benessere animale

Il Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale, lanciato dai Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute insieme con Accredia (poi istituito con l’articolo 224 bis nel Decreto Rilancio), prevede la certificazione e l’etichettatura volontaria di prodotti di origine animale che rispettano standard superiori ai requisiti di legge. Uno strumento che sembrerebbe positivo ma purtroppo la sua attuazione, ovvero la certificazione ministeriale che sta per essere votata in Conferenza Stato-Regioni, prevede di etichettare con la dicitura “benessere animale” anche prodotti provenienti da allevamenti dove, ad esempio, le scrofe vivono in gabbia e dove viene praticato il taglio della coda ai suini. Pratiche che, di certo, non possono certo dirsi di “benessere animale”.

La denuncia delle associazione sull’etichetta “benessere animale”

Le associazioni italiane – Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Federazione nazionale Pro Natura, Lav, LEIDAA, Legambiente, OIPA, LIPU, The Good Lobby – si sono quindi unite per denunciare questa forma di etichettatura che non convince per niente.

“La Conferenza Stato-Regioni – dicono – sta per dare il via libera a un’etichetta di “benessere animale” che potrà essere usata anche per prodotti, come la carne, provenienti da allevamenti dove le scrofe vivono in gabbia e dove viene praticato il taglio della coda ai suinetti. Con questa certificazione, poi, le aziende avrebbero anche priorità di accesso ai fondi PAC e PNRR: un regalo agli allevamenti intensivi e un vero e proprio raggiro nei confronti dei consumatori!”

Le associazioni chiedono di rivedere lo schema di decreto e gli standard per la certificazione di benessere animale dei prodotti suinicoli italiani previsti dalla nuova certificazione sul benessere animale.

Allevamento intensivo di polli

Foto Shutterstock

La coalizione contro le #bugieinetichetta

Le associazioni italiane, quindi, nel mese di ottobre 2021 hanno lanciato la nuova alleanza per fermare la certificazione su base volontaria proposta dal Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli e dal Ministro della Salute Roberto Speranza.

“Un inganno in piena regola – dicono – per i cittadini beffati da un’etichetta che, lungi dal garantire il benessere animale certificato, assicurerebbe una priorità d’accesso ai fondi PAC e PNRR a prodotti ottenuti con condizioni standard tipiche degli allevamenti intensivi, a scapito della trasparenza”.

La “Coalizione contro le #BugieInEtichetta” invita tutte le associazioni e le fondazioni per la tutela dei consumatori, dei diritti dei cittadini, per l’ambiente e la trasparenza, a unirsi a questa battaglia per garantire consumi responsabili, consapevoli e soprattutto basati su informazioni non ingannevoli.

Così nei giorni in cui si attendeva la COP26 per affrontare l’emergenza climatica, come denunciano le associazioni, “i ministri del Governo si apprestavano a continuare a finanziare lo status quo dell’industria inquinante degli allevamenti intensivi. La possibilità di mettere a sistema i fondi della PAC con le migliori iniziative italiane e il potere d’acquisto dei consumatori per dare vita a una reale transizione verso sistemi più sostenibili, sfumerà definitivamente se il progetto di certificazione non sarà rivisto» dichiarano le associazioni. «Perché accadrà attraverso un’etichettatura ingannevole per i consumatori».

Etichetta benessere animale: #bugieinetichetta

Foto LAV

I rischi dell’etichetta “benessere animale”

“L’attuale proposta per la certificazione volontaria dei prodotti suinicoli – scrivono, ancora –  tradisce la fiducia dei consumatori, poiché non fornisce loro informazioni chiare e trasparenti sul metodo di allevamento degli animali, risultando al contrario estremamente ingannevole: se il decreto verrà approvato senza le opportune modifiche chieste dalla coalizione, infatti, chiunque sceglierà di acquistare al supermercato prodotti che recano sull’etichetta l’indicazione “benessere animale”, non avrà garanzia alcuna che gli stessi provengano soltanto da allevamenti che adottano standard superiori ai requisiti minimi di legge”.

Il rischio, spiegano le associazioni, è anche quello di trovarsi a pagare di più per prodotti ottenuti con metodi di allevamento intensivo, esattamente gli stessi di oggi. In spregio alla sostenibilità e al benessere animale di cui l’etichetta governativa dovrebbe porsi a garanzia. Per questo  le associazioni della “Coalizione contro le #BugieInEtichetta” invitano tutti, singoli cittadini, associazioni e fondazioni, a unirsi a questa battaglia fondamentale per la trasparenza.

Si tratta di criteri di certificazione che – se rimarranno invariati – tradiranno completamente la promessa che PAC e PNRR siano utilizzati per stimolare un’agricoltura più sostenibile, nella direzione segnata dal Green Deal europeo e dalla Strategia Farm to Fork, il tutto in spregio del recente voto al Parlamento europeo che ha chiesto alla Commissione di lavorare per allevamenti più sostenibili, un maggior spazio dedicato al biologico e la dismissione delle gabbie.

Concludono le associazioni: «La battaglia per un’etichettatura trasparente è una battaglia di tutti. A tutti ci rivolgiamo chiedendo di unirsi alla nostra richiesta: un’etichettatura non ingannevole, che non tradisca la fiducia dei consumatori, per una transizione a sistemi di allevamento più sostenibili e che garantiscano standard di benessere animale più elevati».

Mariella Caruso

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