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Coronavirus: ci si puo riammalare dopo la guarigione?

di Fabio Di Todaro
3 Marzo 2020

Ci si può ammalare una seconda volta di Coronavirus? Cosa dicono gli esperti in merito a ricadute, recidive e immunizzazione?

Una delle domande che in molti, in questi giorni, si stanno ponendo è: ci si può ammalare una seconda volta di COVID-19 dopo essere già entrati in contatto con il nuovo Coronavirus? Una curiosità legittima, resa concreta dal caso descritto dalle autorità sanitarie giapponesi. Protagonista una donna di Osaka, che sarebbe risultata positiva al tampone sia il 29 gennaio sia il 26 febbraio. A seguire, 13 casi analoghi sono stati descritti anche in Cina. Legittima dunque la domanda: chi si è infettato una volta sarà protetto per sempre oppure no? Al momento, una risposta certa non c’è.

Coronavirus: reinfezione sì o no. Ecco le ipotesi

Considerati gli oltre 90mila contagi registrati finora, in molti si stanno chiedendo se il superamento dell’infezione garantisca un’immunizzazione per il futuro oppure no. La questione è particolarmente complessa. È difficile però sbilanciarsi, non conoscendo le condizioni della paziente al momento delle dimissioni. Le ipotesi sul campo sono tre. La guarigione potrebbe non essere stata completa: ciò avrebbe determinato un errore diagnostico alla dimissione. La donna potrebbe essersi reinfettata con un ceppo diverso del Coronavirus che non dà la cosiddetta immunità crociata. Oppure il virus potrebbe essere rimasto attivo nell’organismo della paziente a livello subclinico e, come tale, non rilevabile con il test del tampone. «La possibile reinfezione genera preoccupazione e apre a molte domande – sottolinea Giovanni Maga, virologo e direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Pavia -. Al momento, con le conoscenze attuali del virus e lo stato di progressione dell’epidemia, non possiamo sbilanciarci con considerazioni definitive».

Un mese di attesa per la guarigione definitiva da Coronavirus

Non tutte le infezioni, d’altra parte, garantiscono un’immunità permanente, una volta contratte. Il principio che risulta valido per le cosiddette malattia esantematiche non lo è altrettanto per l’influenza. La differenza è dovuta all’elevata mutabilità a cui sono esposti i virus influenzali, stessa ragione per cui il vaccino antinfluenzale va ripetuto ogni anno e non garantisce invece un’immunità di maggiore durata. Quanto al Coronavirus, per quei pazienti che sono stati curati, c’è una probabilità di una ricaduta.

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L’ipotesi era già stata anticipata da diversi medici cinesi sul finire di gennaio, ma in realtà sicuramente plausibile è l’ipotesi di un’infezione subclinica non rilevabile con il tampone che precede la dimissione dall’ospedale. «Si tratta di uno scenario non infrequente per queste infezioni – conferma Massimo Andreoni, responsabile dell’unità operativa di malattie infettive del Policlinico di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) -. «La guarigione delle persone entrate a contatto col Coronavirus può richiedere anche 4-5 settimane. Questo lascia pensare a una riacutizzazione della precedente infezione». In più, dovendo considerare almeno un mese prima di trarre conclusioni definitive, è difficile pensare a una seconda infezione.

Cosa significa guarire da Covid-19?

La guarigione è legata a due criteri, clinico e virologico. La prima consiste nella scomparsa dei sintomi. Ovvero, in questo caso: tosse, raffreddore, febbre, malessere generale, difficoltà del respiro. Fino alle situazioni più gravi, rilevabili attraverso la comparsa della polmonite. Soltanto una volta messe alle spalle queste possibili manifestazioni, può avere inizio la convalescenza. Oltre all’aspetto clinico, c’è quello virologico. Un paziente risultato positivo al virus – sottoposto all’esame periodico del tampone faringeo – a un certo punto diventa negativo. Tra le due guarigioni, ci può essere una minima sfasatura. Ecco spiegato perché anche chi non ha più il virus può dover restare in ospedale in attesa di recuperare completamente.

Twitter @fabioditodaro

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