Wise Society : Cop16 sulla desertificazione di Riad: i temi, gli obiettivi e i risultati

Cop16 sulla desertificazione di Riad: i temi, gli obiettivi e i risultati

di Valentina Neri
19 Dicembre 2024

La sedicesima Conferenza delle parti sulla desertificazione si è conclusa in Arabia Saudita senza siglare un accordo condiviso, ma con alcuni impegni finanziari

Dopo la Cop16 sulla biodiversità di Cali, in Colombia, e la Cop29 sul clima di Baku, in Azerbaigian, arriva a conclusione un’altra Conferenza delle parti. Stavolta il tema è la desertificazione e la città ospitante è Riad, capitale dell’Arabia Saudita. Dopo due settimane di negoziati, iniziati il 2 dicembre e finiti il 14 con qualche ora di sforamento sulla tabella di marcia, la Cop16 si chiude tra la timida soddisfazione per i passi avanti raggiunti e la speranza che, in futuro, l’azione diventi molto più coordinata, incisiva e concreta.

Desertificazione

Foto Shuttertstock

Un po’ di info sulla Cop16 sulla desertificazione

Cop è un acronimo che sa per Conference of Parties, Conferenza delle parti. Si tratta dell’organo di governo supremo di una Convenzione internazionale; la compongono le cosiddette “parti” appunto, cioè i ministri competenti degli Stati membri, oltre ad altri osservatori accreditati. In questo caso si tratta della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta contro la desertificazione (Unccd) che conta 196 Paesi ed è guidata da Ibrahim Thiaw, mauriziano, che ne è segretario esecutivo dal 2019.

La Cop16 ha visto una partecipazione che non ha eguali nelle precedenti edizioni: 20mila presenze, di cui 3.500 dalla società civile, e circa 600 eventi. Sintomo di un’attenzione sempre più viva a un tema, quello della desertificazione e del degrado del suolo, che oggi – fa sapere la stessa Unccd – riguarda 1,8 miliardi di persone e genera danni stimati in 307 miliardi di dollari all’anno a livello globale.

I risultati del summit

I rappresentanti di questi 196 Stati erano volati a Riad con la speranza che fosse un momento “storico” in cui adottare una decisione forte e unitaria che permettesse di “invertire la rotta” sulla desertificazione e sul degrado del suolo. Una speranza che, tuttavia, si è infranta contro la distanza abissale tra il Nord e il Sud del mondo.

I Paesi africani, infatti, hanno parlato con una sola voce per chiedere un protocollo legalmente vincolante, un documento che obbligasse i singoli Stati ad adottare piani d’azione e li ritenesse responsabili in caso di inazione. Una posizione inaccettabile per il blocco dei Paesi industrializzati che comprendeva Stati Uniti, Unione europea e Argentina. Un portavoce del governo statunitense, per esempio, ha dichiarato che “un nuovo accordo internazionale per affrontare il tema della siccità non è l’approccio migliore. La siccità ha cause locali e, come tale, non richiede un’azione collettiva. Una policy uguale per tutti non è la risposta più efficace”.

I negoziati si sono dunque chiusi rimandando l’adozione di un accordo alla prossima Cop, in programma per il 2026 in Mongolia.

Gli impegni finanziari presi alla Cop16 di Riad

I passi avanti sono stati soprattutto dal punto di vista finanziario, con il lancio della Partnership globale di Riad per la resilienza alla siccità, che ha rastrellato 12,15 miliardi di dollari volti a supportare gli ottanta Stati più vulnerabili. Il Gruppo di coordinamento arabo, da solo, ne ha promessi 10.

Tra i progetti simbolo della lotta contro la desertificazione c’è la Grande muraglia verde, un colossale progetto di piantumazione di alberi, ripristino del suolo degradato e agricoltura rigenerativa nel Sahel, per la precisione da Dakar (a ovest) fino a Gibuti (a est), per una lunghezza totale di 8mila chilometri e una superficie complessiva di 780 milioni di ettari. Guidata dall’Unione africana, questa pionieristica iniziativa proprio alla Cop16 si è guadagnata altri 11 milioni di euro dal governo italiano e altri 3,6 da quello austriaco.

Da parte loro, gli Stati Uniti (insieme a vari partner) hanno annunciato quasi 70 milioni di dollari di investimenti per la resilienza delle colture agricole, mentre l’Arabia Saudita si è impegnata sul fronte climatico e ambientale e sul lancio di un sistema internazionale di monitoraggio delle tempeste di sabbia.

Piantina in terreno arso

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L’impatto della desertificazione nel mondo

Tutto questo basterà? Volendo essere ottimisti, si può dire che la consapevolezza sta indubbiamente crescendo e i passi avanti sono oggettivi. Ma desertificazione, siccità e degrado del suolo sono e restano minacce gigantesche per il nostro futuro. Minacce che vanno affrontate con un approccio radicale e di sistema.

Qualche numero, elaborato sempre dalla Unccd, può aiutare a inquadrare tali fenomeni. Oggi il 40% dei terreni a livello globale è degradato e 1,8 miliardi di persone, in tutti i Continenti, sono alle prese con la siccità. Considerando gli effetti negativi sull’energia, sull’agricoltura, sulla salute umana e su tutti gli altri settori economici coinvolti, si arriva a 307 miliardi di dollari di danni ogni anno. Sono stime sul presente, non proiezioni per il futuro.

Per invertire la rotta servirebbe un totale di 210 miliardi di dollari tra il 2016 e il 2030. Senza dubbio è una cifra ingente, ma il ritorno dell’investimento lo è altrettanto: un’economia “nature-positive”, per riprendere la definizione della Unccd, potrebbe generare un valore di 10.100 miliardi di dollari all’anno e creare 395 milioni di posti di lavoro entro il 2030.

Valentina Neri

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