Parametro importante per considerare il peso delle emissioni climalteranti prodotte da Paesi, aziende e da ognuno di noi, l'impronta carbonica è una base utile da cui partire per ridurre il proprio impatto negativo sull'ambiente, contrastando così la crisi climatica
La carbon footprint è uno strumento prezioso per misurare il contributo al climate change da parte di individui, aziende, prodotti e servizi. C’è un obiettivo da raggiungere: mantenere la temperatura media globale “ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali”, cercando di limitare l’aumento a 1,5 °C, centrando così il traguardo posto nell’Accordo di Parigi del 2015. Occorre puntare sulla decarbonizzazione; l’Unione Europea e gli Stati Uniti si sono posti di raggiungere la carbon neutrality al 2050. Tantissimi Paesi hanno deciso di ridurre drasticamente l’impronta carbonica. Tuttavia, c’è ancora molto da fare perché in realtà sta aumentando sensibilmente: basti pensare che l’impronta di carbonio dell’umanità è aumentata di 11 volte dal 1961 (fonte: Global Footprint Network).
Ognuno di noi ha la responsabilità di operare cambiamenti virtuosi per contribuire attivamente. Occorre partire dal fatto che ogni cittadino medio nel mondo ha un’impronta di carbonio equivalente all’emissione di sette tonnellate di anidride carbonica all’anno, con profonde differenze tra Paese e Paese. Secondo Mike Berners-Lee, professore alla Lancaster University e autore di “The Carbon Footprint of Everything”, un cittadino del Regno Unito raggiunge 13 tonnellate circa, mentre il cittadino medio degli Stati Uniti tocca circa 21 tonnellate.
Cos’è la carbon footprint?
L’impronta di carbonio è il totale delle emissioni di gas serra (GHG) causate direttamente e indirettamente da un individuo, organizzazione, evento o prodotto. Si può quindi definire come la quantità totale di gas serra emessi nell’atmosfera, come anidride carbonica (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFC), espressa in tonnellate equivalenti di CO2.Sempre secondo Mike Berners-Lee, è da intendersi come “la somma totale di tutte le emissioni di gas serra che dovevano verificarsi affinché un prodotto potesse essere prodotto o affinché un’attività abbia luogo”.
Dal cucinare al muoversi in auto, tutte le azioni svolte da ognuno di noi hanno un’impronta. Ecco perché, si parla di carbon footprint, la cui traduzione italiana più indicata è “impronta di carbonio” o “impronta carbonica”, che è una componente importante dell’impronta ecologica.
Come si calcola
L’impronta di carbonio stima il volume totale delle emissioni di gas serra, ovvero quei gas presenti nella nostra atmosfera che intrappolano e rilasciano calore e contribuiscono al cambiamento climatico. Sebbene la misurazione tiene conto del rilascio di diversi gas che riscaldano il mondo – come metano, protossido di azoto e gas fluorurati – i risultati sono generalmente espressi in termini di equivalenza di anidride carbonica. La misurazione dell’equivalenza della CO2 consente confronti diretti e comparabili di attività, eventi o settori che altrimenti sarebbero difficili da confrontare direttamente.
Per avere un parametro affidabile della misura e del calcolo della carbon footprint, l’ISO ha messo a punto la norma ISO 14067:2018 che specifica i principi, i requisiti e le linee guida per la quantificazione e la rendicontazione dell’impronta di carbonio di un prodotto, in modo coerente con gli standard internazionali sulla valutazione del ciclo di vita (LCA – Life Cycle Assessment). Tale documento, come specifica la stessa International Organization for Standardization, affronta una singola categoria di impatto: il cambiamento climatico.
Detto questo, per misurare la carbon footprint ci sono diversi modi e svariati calcolatori online. Sono tutti strumenti utili se si vogliono mettere a fuoco le azioni quotidiane ed evitare che queste provochino un accumulo sempre più significativo, soprattutto in termini di emissioni climalteranti in atmosfera.
Come evidenzia il Global Footprint network, l’impronta di carbonio rappresenta attualmente il 60% dell’impronta ecologica complessiva dell’umanità e la sua componente in più rapida crescita. Ridurre l’impronta di carbonio dell’umanità “è il passo più importante che possiamo compiere per porre fine al superamento dei limiti e vivere entro i limiti del nostro pianeta”.
L’impronta di carbonio nel mondo, in Europa e in Italia
Giusto per fornire qualche dato utile, partiamo dalla carbon footprint complessiva mondiale. Secondo recenti dati Statista, le emissioni globali di anidride carbonica derivanti dai combustibili fossili e dall’industria sono state pari a 37,15 miliardi di tonnellate (GtCO₂) nel 2022. Si prevede che le emissioni aumenteranno dell’1,1% nel 2024 per raggiungere il livello record di 37,55 GtCO₂. Dal 1990, le emissioni globali di CO₂ sono aumentate di oltre il 60%.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, nel 2021 le emissioni di CO₂ derivanti dalla produzione dell’UE sono state stimate a 3 miliardi di tonnellate. Circa l’80% di questi erano dovuti al consumo all’interno della stessa economia dell’UE. Circa il 5,3% delle emissioni derivanti dalla produzione dell’UE erano dovute alla domanda finale dei paesi extra-UE e non-G20 (fonte: Eurostat).
A proposito della carbon footprint in Italia, Ispra riporta che i consumi e gli investimenti hanno causato 387,3 Mt di CO2 (carbon footprint), pari a poco più dell’1% delle emissioni di CO2 globali. Di queste, 42,3 Mt derivano dall’Ue e 106,6 Mt dal resto del mondo. Le attività delle famiglie, principalmente trasporto e riscaldamento, e la cui origine delle emissioni è solo italiana, pesano per circa un quarto della impronta carbonica complessiva. La categoria della domanda finale a cui va imputata la quota maggiore di carbon footprint è la spesa per i consumi finali. “Poco meno dell’11% della carbon footprint ha origine dall’Ue (Italia esclusa), il 6,4% dalla Cina, il 3,2% dalla Russia, l’1,5% dagli Stati uniti, l’1,3% dall’India e l’1,0% dalla Turchia; il 14% ha origine dai restanti paesi del mondo”.
Cibo, trasporti, energia: qualche esempio di impronta carbonica
Come detto, la Carbon footprint è uno strumento prezioso per misurare il contributo al cambiamento climatico da parte di individui, organizzazioni, prodotti e servizi e altro ancora. Per un Paese, la transizione energetica è uno dei modi più efficaci con cui un Paese può ridurre la propria impronta ecologica. Per un’azienda, calcolare l’impronta di carbonio industriale, può comprendere meglio le sue principali fonti di emissioni e trovare modi per ridurle al minimo. La stima dell’impronta carbonica di un’azienda può contribuire a migliorare l’affidabilità e la veridicità dei dati utilizzati per il reporting di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, ovvero i criteri ESG.
Per noi, individui e cittadini, quali sono i parametri utili che possiamo considerare per ridurre l’impronta carbonica? Innanzitutto, si può pensare al legame tra impronta di carbonio e alimenti. Il cibo, ad esempio, rappresenta il 10-30% della carbon footprint di una famiglia. Le emissioni della produzione alimentare consistono principalmente in emissioni climalteranti derivanti principalmente dalle pratiche agricole. In questo, l’impronta di carbonio della carne è superiore rispetto a quella dei prodotti vegetali: infatti, i prodotti a base di carne hanno un’impronta per caloria maggiore rispetto ai cereali o ai prodotti vegetali a causa della conversione inefficiente dell’energia vegetale in energia animale e a causa del CH₄ rilasciato dalla gestione del letame e dalla fermentazione enterica nei ruminanti, ricorda il Center for Sustainable Systems dell’Università del Michigan.
Il bestiame ha emesso 195 milioni di tonnellate di CO2e di metano nel 2021 dalla fermentazione enterica, di cui 139 Mt (71%) da bovini da carne. Oltre al cibo, ci sono anche altre fonti emissive importanti. Gli elettrodomestici, per esempio, contribuiscono: tra tutti, i frigoriferi sono uno dei maggiori utilizzatori di energia degli elettrodomestici; nel 2021, una media di 718 libbre di CO2e per famiglia era dovuta alla refrigerazione.
Andrea Ballocchi