Uno studio pubblicato su «Nature» rivela che a determinare il potere della biodiversità sarebbein primis l'habitat ma anche la grande passione che in molti nutrono nei confronti dei mari e degli oceani.
Per descrivere l’involuzione del clima, si sente parlare quasi sempre dell’aumento del temperature. Ma c’è un altro parametro che ben descrive il modo con cui l’uomo sta trascurando il Pianeta: la perdita della biodiversità.
Perdita di biodiversità e cambiamento climatico: c’è correlazione?
Sono diversi infatti gli esperimenti che evidenziano come una vegetazione e una fauna più ricche contribuiscano alla ricchezza dei suoli e dei mari e prevengano i fenomeni che stanno segnando l’avanzare del cambiamento climatico: lunghi periodi di siccità, piogge torrenziali, uragani. Riscontri ottenuti in laboratorio adesso hanno trovato conferma anche nella vita reale, come dimostra una sintesi di tutti gli studi presenti in letteratura sul tema. Nel documento, pubblicato sulla rivista scientifica «Nature» da tre ricercatori statunitensi, si legge «che la tutela della biodiversità non è soltanto una questione di immagine, ma un elemento fondamentale per contrastare gli effetti del cambiamento climatico».
Lo studio
I biologi sono giunti a queste conclusioni dopo aver comparato le evidenze emerse da 67 studi condotti in tutto il mondo, in cui erano raccolti i dati provenienti da oltre seicentomila punti di campionamento.
I lavori presi in esame erano stati effettuati interamente sul campo: sui prati, nelle foreste, in ambienti di acqua dolce e salata. Il punto di partenza adottato dai ricercatori è stato quello delle evidenze di laboratorio, che lasciavano intendere come l’opera di chi tutela il patrimonio della biodiversità potesse avere un riflesso sulle condizioni generali della Terra. A mancare era il riscontro in «real life». Secondo i più scettici, infatti, non c’erano le prove per documentare che le conclusioni tratte dagli studi sperimentali potessero essere traslate alla quotidianità.
È su questo aspetto che si sono concentrati i ricercatori, traendo alla fine risultati che sono andati oltre le aspettative. «La varietà delle forme di vita sulla Terra è un parametro attendibile per la sua salute futura», afferma Emmet Duffy, ecologo marino del centro ricerca ambientale «Smithsonian» di Edgewater e prima firma della pubblicazione. «In tutti gli ecosistemi analizzati, la maggiore biodiversità è andata di pari passo con un ecosistema più fiorente.
Il collegamento è risultato più solido rispetto a quanto emerso in laboratorio, anche dopo aver controllato altri fattori ambientali potenzialmente confondenti: come le temperature esterne, la presenza di luce, l’umidità e la disponibilità di sostanze nutritive». Quanto osservato ha spinto Casey Godwin, coautore della ricerca e collega dell’Università del Michigan, ad affermare che «se vogliamo tutelare il funzionamento e la produttività degli ecosistemi terrestri, dobbiamo conservare la loro biodiversità».
Salvare la biodiversità per salvare il pianeta
A determinare il potere della biodiversità, secondo gli scienziati, sarebbe in primis l’innumerevole presenza di specie viventi: per far sì che la convivenza sia pacifica, è l’ipotesi dei ricercatori, innanzitutto occorre tutelare l’habitat in cui si vive.
Un messaggio che, seppur non in maniera esplicita, risulta rivolto all’uomo e confermato anche da un’altra ricerca: pubblicata sulle colonne della rivista «Nature Human Behaviour». I colleghi dell’università britannica di Plymouth sono infatti convinti che per ridurre l’inquinamento marino provocato dalla plastica e salvare il Pianeta si debba ricorrere alla grande passione che in molti nutrono nei confronti dei mari e degli oceani.
La pressione pubblica, si legge nel documento, ha già determinato diversi cambiamenti a livello sociale: dal divieto dell’utilizzo di microsfere nella produzione dei cosmetici al costo per l’acquisto dei sacchetti in plastica monouso.
Ma occorre un’azione sinergica e meglio coordinata, per garantire benefici nel tempo. «Occorre lavorare in maniera compatta, sfruttando l’amore che buona parte della popolazione nutre nei confronti dei mari e delle coste», afferma Sabine Pahl, docente di psicologia e autore principale della ricerca. «L’obiettivo è individuare soluzioni accettabili sul piano sociale e sostenibili dal punto di vista economico». C’è bisogno del contributo di tutti per salvare il Pianeta.
Twitter @fabioditodaro