Lo rivela un rapporto del WWF che sottolinea come le risorse e le economie dell’oceano Artico possano essere sviluppate per garantire sul lungo periodo il benessere dell’economia e dell’ecosistema
Il riscaldamento globale, veritiero nonostante Oltreoceano qualcuno si affretti ancora a smentirlo, comporterà diverse conseguenze. Una di queste, nel prossimo millennio, potrebbe portare alla «nascita» di un nuovo oceano per effetto dello scioglimento dei ghiacci. O meglio: sarebbe l’Artico a espandersi, in conseguenza della riduzione dei blocchi d’acqua del Polo Nord diventando un vero e proprio nuovo oceano. Un cambiamento di scenario che non potrà essere privo di ripercussioni per la fauna locale: 34 specie di mammiferi marini, 633 specie di pesci, oltre a quattro milioni dipersone che vivono di pesca e dipendono dalla condizione delle risorse e dall’abbondanza degli stock ittici presenti nei loro mari. Un modo per garantire la sicurezza di questi esseri viventi, però, esiste. Ad anticiparlo è stato il Wwf, attraverso il primo rapporto che sottolinea come le risorse e le economie dell’oceano Artico possano essere sviluppate per garantire sul lungo periodo il benessere dell’economia e dell’ecosistema per questa regione e per il pianeta stesso.
COME CAMBIA L’ARTICO – Il report segnala come gli approcci convenzionali allo sviluppo siano una minaccia per la possibile sopravvivenza di buona parte degli ecosistemi tipici della regione, indebolendo così le comunità e le economie. Il suo contenuto è di fatto una guida per governi e aziende, interessate al raggiungimento di soluzioni sostenibili in questo momento cruciale per l’Artico. «Il cambiamento climatico sta rendendo l’Oceano Artico più accessibile che mai – afferma Simon Walmsley, direttore sviluppo sostenibilità del Programma Artico di Wwf -. Ma l’Artico rimane una regione remota, un posto rischioso per fare business. Applicando un approccio sostenibile, possiamo aiutare a prevenire gli impatti più negativi per questo ecosistema estremamente vulnerabile». Fino ad oggi i più ampi settori economici che hanno avuto un impatto sugli ecosistemi marini così vulnerabili sono stati l’attività estrattiva di petrolio e gas, i servizi, la pesca e la trasformazione delle risorse, anche se mano a mano che il ghiaccio si ritirerà nella parte centrale dell’Oceano Artico, ci si aspetta che trasporti e turismo diventino i veri settori chiave. Per fare un esempio, in soli dieci anni, l’Islanda ha visto un aumento del flusso turistico del 400 per cento.
A RISCHIO GLI STOCK ITTICI – Il rapporto, inoltre, sottolinea l’importanza di fare in modo che qualsiasi sviluppo futuro sia in grado promuovere un ambiente artico in buono stato e con un’alta biodiversità a beneficio della regione. Le coste vulnerabili dell’Artico e la presenza di specie marine, come pesci, foche e balene, saranno sempre più in conflitto con le attività industriali (il trasporto marittimo e l’esplorazione sismica dei fondali). E, in mancanza di policy appropriate, potrebbero essere danneggiate da specie invasive, inquinamento sonoro sottomarino, sversamenti di petrolio. Un esempio di gestione basata sugli ecosistemi potrebbe essere la creazione di un network che comprenda le aree marine protette capaci di favorire le specie animali nella loro risposta di adattamento, viste le condizioni di rapido cambiamento climatico. «Il cambiamento climatico avrà un impatto negativo anche sulla condizione degli stock ittici, soprattutto per quelle specie che già sono in enorme difficoltà per via della pesca eccessiva, come il merluzzo dell’Alaska – aggiunge Giulia Prato, Marine officer, Wwf Italia -. Altrettanto, le popolazioni indigene che in molti casi vivono di pesca vedranno minacciata la loro sopravvivenza. In attesa che decisioni a livello intergovernativo vengano prese, come consumatori possiamo adeguare i nostri comportamenti di acquisto in modo da influenzare il mercato in una direzione sostenibile».
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