Wise Society : Ostriche a rischio per colpa delle microplastiche

Ostriche a rischio per colpa delle microplastiche

di Fabio Di Todaro
17 Febbraio 2016

Secondo un recente studio i preziosi molluschi potrebbero anche arrivare a non riprodursi più a causa del costante aumento di plastiche nei mari

Sono ben dodici milioni le tonnellate di rifiuti di plastica che finiscono ogni anno negli oceani di tutto il mondo secondo una stima diffusa lo scorso anno attraverso le colonne di Science. Un comportamento dell’uomo che, come già raccontato a Wise Society da Nicolò Carnimeo, non è privo di conseguenze. Nel corso del tempo, infatti, il vento e le onde sbriciolano la plastica in piccoli frammenti che possono arrivare ad assumere la stessa dimensione del fitoplancton di cui si nutrono pesci, molluschi e crostacei. Le ultime specie a essere riconosciute a rischio sono le ostriche.

Ostriche su un piatto con limone

Foto iStock

Le ostriche potrebbero sparire a causa delle microplastiche

Le ultime specie a essere riconosciute a rischio sono le ostriche. Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), infatti, i molluschi del Pacifico potrebbero anche arrivare a non riprodursi più, se l’uomo non porrà fine a quei comportamenti che hanno portato il mare a riempirsi di plastica in meno di mezzo secolo. I ricercatori (francesi e belga) hanno testato se la presenza di microplastiche nelle acque influenza il ciclo di vita delle ostriche, costituenti di base di molti ecosistemi costieri e frutti di mare il cui consumo è piuttosto diffuso nelle zone rivierasche. Gli autori hanno allevato i molluschi e nelle vasche hanno inserito microalghe (nutrienti) e, successivamente, piccoli pezzi di plastica (rispetto al gruppo di controllo).

S’è così notato che le ostriche si cibavano di questi frammenti, delle dimensioni del fitoplancton, e dopo due mesi producevano un numero sensibilmente inferiore di ovociti e spermatozoi (con motilità ridotta). Inoltre, rispetto al gruppo di controllo, le ostriche che mangiavano microplastiche hanno prodotto il 41 per cento di prole in meno rispetto a quelle del gruppo di controllo. Una conseguenza pesante, per la fauna marina, ma pure per il palato, vista la loro grande versatilità in cucina.

Tutta la vita marina è a rischio (e non solo)

Spiaggia invasa dalla plastica

Image by iStock

I danni si sono manifestati abbastanza velocemente. L’oceano, osservano i ricercatori, ogni anno viene inquinato con una quantità tra quattro e dodici milioni di tonnellate di plastica proveniente da cosmetici, abiti, industria e una gestione impropria della spazzatura. E la plastica non si decompone al pari dei rifiuti organici, ma si frammenta in minuscole particelle grandi anche meno di un millimetro. L’impatto delle microplastiche sulla vita marina (ma il problema riguarda pure gli uccelli) è dunque piuttosto “preoccupante”, ma non soltanto per le ostriche.

L’impiego delle plastiche è cresciuto di venti volte negli ultimi cinque decenni e potrebbe raddoppiare – secondo diverse stime attendibili – da qui al 2035. Da qui il timore che nella seconda metà del secolo il mare possa essere composto prevalentemente di plastica e la scelta linguistica già compiuta dagli scienziati, che oggi per descrivere il fenomeno parlano della plastisfera come di un mondo a sé, in cui i detriti di plastica fungono da vere e proprie zattere dove i microbi possono proliferare e spostarsi per lunghe distanze, influenzando in modo nuovo sulla vita degli ecosistemi.

Secondo i calcoli inseriti in uno studio durato tre anni e condotto dalla Ellen MacArthur Foundation, tra quarant’anni nei mari ci sarà  (in peso) più plastica che pesci. C’è di più; per quella data il venti per cento dell’intera produzione mondiale di petrolio servirà per produrre plastica. Gli imballaggi rappresentano il settore di impiego prevalente e l’emergenza riguarda soprattutto gli oggetti monouso, che non vengono riciclati a dovere.

Twitter @fabioditodaro

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