Secondo alcuni ricercatori le specie vegetali presenti sul Pianeta stanno diminuendo. Ma se ne stanno insediamento di nuove, in grado di aumentare la biodiversità delle singole aree
Una «perturbazione» veloce e profonda, più accentuata nelle aree caratterizzate da un clima rigido. L’aumento delle temperature che si registra scala globale sta avendo diversi effetti sull’ecosistema, l’ultimo dei quali a essere evidenziato è un aumento delle specie vegetali su scala locale. Un aspetto che sembra cozzare con quello che si dice da tempo. Ovvero: che quella in corso è l’era caratterizzata dalla presenza dell’uomo, a scapito della natura. Un’affermazione realistica se si guarda all’intero Pianeta, ma che non tiene conto delle differenze che possono emergere a seconda del contesto. Nessun «qui pro quo», dunque, ma la presa d’atto di una complessità nel valutare gli effetti del cambiamento climatico sulla flora.
Come cambia la flora con il clima
Così, se il numero totale di specie vegetali presenti sul Pianeta può apparire in declino, diversi appaiono i contorni della fotografia che tiene conto della biodiversità su base locale. In alcuni contesti, secondo i ricercatori dell’Università di York che hanno descritto questa evoluzione attraverso le colonne della rivista «Current BIology», la «distruzione di alcune comunità di specie vegetali» avrebbe lasciato il posto «all’insediamento di nuove, in grado di aumentare la biodiversità delle singole aree». Conclusioni a cui i ricercatori sono giunti dopo aver utilizzato un set di dati tratto da oltre 200 studi, in cui i botanici avevano conteggiato il numero di specie vegetali presenti in diverse aree situate in tutto il mondo. «Il modello elaborato ci permette di dire che il cambiamento climatico, nelle regioni più fredde del mondo, sta determinando un incremento delle nuove specie locali pari al cinque per cento per ogni decennio». Un numero all’apparenza contenuto, «perché in realtà il clima sta cambiando da almeno mezzo secolo e continuerà a farlo senza dubbio fino al 2100».
Difficile fare previsioni
Ciò vuol dire che, entro quella data, le specie locali potrebbero raddoppiare rispetto a quelle presenti agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso. Sembra esserci dunque un cortocircuito tra quello che l’«Antropocene» sta determinando a livello globale e la fotografia scattata in singoli contesti locali. I dati dell’ultima ricerca sembrano attenuare anche le conclusioni del dossier stilato dalla piattaforma intergovernativa che regola le politiche per la gestione degli ecosistemi e della biodiversità, secondo cui «le evoluzioni del clima stanno determinando un calo preoccupante nelle popolazioni di piante e animali in tutto il mondo». Ma in realtà è molto impreciso un confronto che punta a tenere sullo stesso piano realtà locali tra loro molto diverse. La materia è dunque estremamente complessa e tracciare ipotesi su quello che potrebbe essere il profilo del Pianeta da qui a un secolo è azzardato. «Abbiamo ancora enormi lacune di conoscenza per poter sbilanciarci», è il pensiero di un gruppo di ricercatori tedeschi che, dopo un’attenta revisione della letteratura, attraverso la rivista «Global Chance Biology» evidenzia la necessità di introdurre protocolli comuni che siano il punto di partenza dei prossimi esperimenti. «Quelli condotti finora non sono sbagliati, ma non possono essere considerati adatti a dare una risposta alle domande che ci stiamo ponendo».
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