Secondo una ricerca della rivista Nutrients i consumatori a quella a semaforo, a quella a spunta verde e a quella coi valori giornalieri di riferimento prediligono quella con i cinque colori
Il suo utilizzo non è ancora obbligatorio, ma la crescente attenzione sulla salubrità degli alimenti sta facendo crescere il dibattito attorno all’etichetta nutrizionale e alla possibilità di rappresentare in maniera facile e intuitiva le proprietà di un alimento. Quale sistema è più efficace e vicino alle esigenze del consumatore? Come si possono guidare le sue scelte al fine di contenere l’epidemia di malattie croniche che ha già bollato il ventunesimo secolo? Le prove raccolte iniziano a essere corpose e l’ultimo parere dell’Istituto di Ricerca sulla Medicina e la Salute francese (Inserm) è già considerato quasi uno spartiacque nella valutazione definitiva per la messa a punto del miglior sistema comunicativo.
QUATTRO ETICHETTE A CONFRONTO – Dopo la rivoluzione del 10 dicembre 2014 e il precedente dibattito sui “semafori” in etichetta, il team di ricercatori d’Oltralpe ha voluto porre a confronto i diversi sistemi di etichettatura proposti a livello nazionale e internazionale per permettere ai consumatori di valutare la diversa qualità nutrizionale degli alimenti. Quattro i supporti utilizzati – l’etichetta con cinque colori, il semaforo, i valori giornalieri di riferimento (Gda) da alcune aziende già espressi volontariamente sul packaging e la spunta verde (il cosiddetto green tick, già utilizzato da alcune aziende in Olanda e nei Paesi scandinavi) – e posti a confronto con alcuni modelli di confezioni per alimenti prive di alcuna indicazione nutrizionale. Cinque le categorie di alimenti testate, su un campione di 14230 adulti: prodotti ittici surgelati, pizze, prodotti lattiero-caseari, muesli e antipasti. Obiettivo: arrivare a un indicatore unico della qualità nutrizionale del cibo.
COI COLORI LA SCELTA È PIÙ FACILE – I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Nutrients hanno confermato ciò che in Francia molte società scientifiche affermano già da tempo, tra le polemiche di alcuni colossi dell’industria alimentare. L’etichetta con i cinque colori (verde, giallo, arancione, fucsia e rosso), basata su alcuni calcoli effettuati dalla Food Standards Agency che considerano il contenuto di calorie, zuccheri semplici, acidi grassi saturi, sodio, fibre, proteine e la percentuale di frutta e verdura contenuta in cento grammi di prodotto, è lo strumento più efficace e di facile comprensione per guidare il consumatore verso scelte alimentari più salutari. Un riscontro che i ricercatori hanno ottenuto al netto di alcune variabili: come il livello di istruzione dei soggetti coinvolti nell’indagine, la loro disponibilità economica, le conoscenze in materia di salute e nutrizione, il tempo a disposizione per fare la spesa. Ogni partecipante ha provato in modo casuale una combinazione di prodotti alimentari – e relative etichette nutrizionali – delle cinque categorie, prima di rispondere a una serie di domande attraverso un questionario online mirato a valutare la comprensione della qualità nutrizionale degli alimenti osservati. Oltre al primato dell’etichetta a cinque colori, diverse sono state le conclusioni meritevoli di un approfondimento.
VANTAGGI ANCHE PER I CETI MENO ABBIENTI – Premesso che tutte le etichette sono utili ad accrescere il grado di consapevolezza dei consumatori, le persone più esposte a una dieta povera di qualità – soggetti più anziani, i partecipanti con un livello di istruzione più basso, più basso reddito, persone in sovrappeso o obese – avevano maggiori difficoltà nel classificare i prodotti alimentari in base alla loro qualità. Quanto al sistema coi cinque colori, però, è risultato il più efficace anche in chi seguiva una dieta di non eccelsa qualità. A parità di alimenti, l’etichetta ha comunque sempre fatto la differenza rispetto al “no logo”.
Twitter @fabioditodaro