Varietà dei sintomi, bassa specificità dei trattamenti i nodi più complessi. Ma c'è ottimismo: per il Sinpa: "Non vi sono aree in cui la clinica sia deficitaria rispetto al resto d’Europa. Una condizione che consente di guardare al futuro con speranza".
In Italia, cinquecentomila persone sono affette da epilessia e, ogni anno, si calcolano circa trentamila nuovi casi. Si tratta, quindi, di una delle più frequenti patologie neurologiche, che interessa tutte le fasce d’età e presenta molteplici risvolti sociali. Circa 125mila persone con epilessia – di cui oggi si celebra la giornata mondiale – presentano forme resistenti alla terapia farmacologica. I bambini sono i più colpiti. Nei due terzi dei casi, infatti, la malattia si manifesta prima della pubertà (il 30 per cento delle crisi si registra a scuola). «Il trattamento delle epilessie in età pediatrica ha implicazioni particolarmente complesse ed è gravato da un ampio margine di arbitrarietà – afferma Carmela Bravaccio, neuropsichiatra infantile dell’Università Federico II di Napoli e direttore della rivista della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia) -. Si raccomanda, soprattutto in età evolutiva, al fine di migliorare l’aderenza al trattamento, che vi sia sempre una informazione adeguata sulla patologia, una predilezione per regimi terapeutici semplici, visite periodiche tra i sanitari e le persone assistite, e che siano previsti interventi personalizzati diretti alle persone in cura e alle loro famiglie per migliorare l’aderenza al trattamento».
FARMACI ANCORA POCO SPECIFICI – Un primo elemento di grande complessità nel trattamento risiede nella eterogeneità delle cause delle epilessie con esordio infantile e nella varietà dei sintomi, talvolta molto rari, di diversa gravità e con profili evolutivi spesso imprevedibili. Un secondo elemento di complessità deriva dalla bassa specificità dei trattamenti disponibili. Per la maggioranza dei farmaci, infatti, il meccanismo di azione rimane poco conosciuto, spesso tanto quanto lo sono le cause che scatenano l’epilessia, ma non vi è nemmeno evidenza sul profilo di efficacia nella specifica condizione che si vuole trattare. Le cause di questa situazione risiedono anche nella macchinosità dell’iter che conduce alla autorizzazione e introduzione sul mercato di molecole ad azione antiepilettica. «Storicamente – ricorda Bernardo Dalla Bernardina, responsabile del centro di ricerche sulle epilessie infantili dell’Università di Verona – gli studi di efficacia e autorizzativi sono stati condotti sugli adulti e solo successivamente e non sistematicamente, su soggetti in età pediatrica. Alternativamente il giudizio di efficacia nel bambino è prodotto, in modo indiretto, tramite un processo deduttivo derivante da studi sugli adulti, inevitabilmente condotti su popolazioni con forme di epilessia scarsamente paragonabili a quelle tipiche dell’età infantile».
ASSISTENZA OMOGENEA IN ITALIA – Sebbene gli organi regolatori abbiano negli ultimi anni recepito queste gravi limitazioni e lavorato per ridurne le conseguenze, l’iter che conduce dalle fasi preliminari di individuazione di nuove molecole di interesse alla loro disponibilità in ambito pediatrico resta lungo e incerto e dipende da un numero elevato di fattori sui quali non sempre è possibile agire in modo efficace. In molti casi l’epilessia è presente nell’ambito di malattie complesse, con compromissione di molteplici aspetti del neurosviluppo che necessitano di una diagnostica e di una presa in carico negli anni che vanno ben oltre il solo trattamento delle crisi. Questo rappresenta il principale bisogno inevaso per gli utenti e per le famiglie. «A differenza di altre patologie neuropsichiatriche infantili – conclude Antonella Costantino, responsabile dell’unità di neuropsichiatria infantile della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e presidente della Sinpia -, l’epilessia dispone della copertura di una buona rete clinica su tutto il territorio nazionale. Non vi sono aree in cui la clinica sia deficitaria rispetto al resto d’Europa. Una condizione che consente di guardare al futuro con speranza».
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