Lo spin-off dell'Università di Bologna nata nel 1999, oggi recupera - riutilizzandole - non solo le eccedenze alimentari ma anche libri, farmaci, decorazione, illuminazione, giardinaggio, arredamento e altri beni ingombranti dei cittadini
Last Minute Market, lo spin-off dell’Università di Bologna che ha cambiato il modo di guardare al cibo, compie vent’anni. Era la fine del 1998 quando l’idea iniziò a sbocciare nella facoltà di agraria dell’ateneo emiliano: recuperare a fini solidali la quantità di beni invenduti della grande distribuzione poteva diventare un laboratorio di quelle che sarebbero poi divenute questioni del mondo contemporaneo. Era difficile prevedere l’esito di una simile azione – ridurre le eccedenze di cibo alimentando i bisognosi – divenuta poi la logica conseguenza di quella che per molti ancora oggi è l’attualità. «La crisi economica era lontana, la povertà relativamente ridotta, la pressione ambientale ancora poco sentita, lo spreco alimentare un fenomeno quasi sconosciuto», spiega in occasione dell’anniversario Andrea Segrè), allora docente di economia agroalimentare, ideatore e fondatore dello spin off che ha cambiato nel tempo il modo di guardare allo spreco alimentare: dal recupero alla prevenzione, dal monitoraggio dei dati alla sensibilizzazione dei cittadini attraverso la campagna «spreco zero».
LA TERZA MISSIONE – Un obiettivo diventato metodo e movimento di pensiero diffuso a livello internazionale. «Dal 1998 – ricorda ancora Segrè – assieme a un gruppo di giovani studenti abbiamo studiato lo spreco alimentare come occasione di riscatto, promuovendo il dono come valore di relazionale fra chi ha un’eccedenza alimentare e chi soffre una carenza nutrizionale. Con i primi tentativi di applicazioni abbiamo capito che coniugare la solidarietà sociale con la sostenibilità ambientale ed economica – producendo meno rifiuti e riducendo i costi dello smaltimento – era possibile grazie a un sistema efficiente nell’uso delle risorse naturali ed economiche e rispettoso delle risorse umane. Un modello nel quale vincono tutti, donatore e donatario insieme all’ambiente». Ad alimentare l’intuizione di Last Minute Market era stata l’iniziativa pionieristica promossa dal 1985 al Centro Agroalimentare di Bologna (Caab), per iniziativa delle suore Missionarie del Lavoro guidate da Matilde Lego. Nell’ambito del loro apostolato al Mercato per due volte alla settimana, nelle mattinate del mercoledì e del venerdì, con 25 volontari si occupavano del recupero e dell’impacchettamento dell’ortofrutta di eccedenza, ancora edibile e certificata dall’autorità sanitaria, distribuito a decine di realtà bolognesi fra comunità, enti di solidarietà e associazioni caritative. Nel 2003 in un ipermercato di Bologna prendeva avvio il primo progetto operativo di recupero attraverso la Cooperativa Carpe Cibum che, nel 2008, si trasformava in spin off universitario Last Minute Market, diventando caso di studio nazionale ed europeo, un motore concreto di innovazione sociale, economica e ambientale. Oggi grazie a questo progetto vengono recuperati annualmente 55mila pasti cotti, prodotti alimentari per un valore di 5,5 milioni di euro farmaci per 1.000.000 di euro e piu’ di 1000 tonnellate di prodotti non alimentari. Nella sola Emilia-Romagna dal 2007 al 2016 LMM ha recuperato prodotti per un valore complessivo di 22 milioni di euro.
UNA PRODUZIONE SCIENTIFICA INVIDIABILE – Una storia che testimonia anche le potenzialità delle università: quando si lavora insieme a un territorio, è possibile creare valore per tutta la società. Last Minute Market è l’esempio di quella che oggi chiamiamo terza missione. Un’avventura che nasce all’interno dell’ateneo partendo da un’idea originale, innovativa e ad alto impatto sociale che a poco a poco, grazie a studenti, ricercatori e docenti si trasforma uno spin-off. Il modello è poi nel tempo divenuto anche un progetto di ricerca. I risultati scientifici maturati in vent’anni sono tantissimi: tra i più importanti ci sono 22 articoli pubblicati in riviste indicizzate, altri 36 tra monografie e articoli pubblicati in testate non indicizzate. Oltre ai due progetti finanziati dall’Unione Europea e ai tre sostenuti e finanziati dai nostri Ministeri. E infine, ma non perché meno importanti, più di cento tesi scritte da studenti che hanno contribuito con il loro sforzo e tempo al consolidamento scientifico dell’idea prima e del modello poi. «Riprendendo la definizione di Schumpeter sull’imprenditore innovatore e trasponendola al ricercatore, il percorso che è stato fatto in questi vent’anni è stato quello di individuare e portare avanti nuove possibilità di ricerca, laddove tutti affermavano che avremmo fallito – chiosa Segrè -. I risultati si vedono: abbiamo realizzato nuovi prodotti e servizi, introdotto nuovi metodi di gestione dei prodotti alimentari, aperto nuovi mercati di sbocco attraverso il recupero a fini solidali».
LAST MINUTE MARKET OGGI – Il modello di recupero del cibo di Last Minute Market si è esteso anche a beni non alimentari – libri, farmaci, decorazione, illuminazione, giardinaggio, arredamento e altri beni ingombranti dei cittadini – e l’approccio si è focalizzato dal recupero alla prevenzione, intesa come miglior antidoto contro lo spreco: meglio agire prima che il danno sia fatto. Last Minute Market opera sul territorio nazionale e soprattutto in Emilia Romagna, Veneto, Marche, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, interagendo con la grande distribuzione, la ristorazione, gli Enti pubblici, le realtà del Terzo Settore. Recupero delle eccedenze, formazione e prevenzione dei rifiuti sono gli ambiti operativi attuali.
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