Si tratta di una sostanza definita come "potenzialmente cancerogena" dall'Efsa: è quindi opportuno capire come si forma e in quali alimenti potrebbe trovarsi
Pane, pizza, patatine. Sono i cibi che amiamo di più e quelli a cui pensiamo subito per uno spuntino goloso o una cena in compagnia. Eppure proprio questi alimenti contengono un “nemico nascosto”: l’acrilammide, una sostanza controversa che da alcuni anni è nel mirino per i suoi potenziali effetti nocivi. L’EFSA, l’autorità europea di controllo sul cibo, di recente ha ribadito l’esigenza di limitarla. Ma cos’è l’acrilammide e perché può farci male? Ecco dove si trova e i suggerimenti (facili) per portarne in tavola il meno possibile.
Cos’è l’Acrilammide
L’acrilammide è una sostanza chimica che si forma in modo naturale durante la cottura ad alta temperatura nei cibi prodotti con amidi. Questo processo chimico, che coinvolge gli zuccheri e alcuni aminoacidi, in particolare l’asparagina, è chiamato Reazione di Maillard ed è proprio quello che dà ai cibi quella crosticina abbrustolita che li rende così appetitosi. L’acrilammide si crea soprattutto con la frittura, la grigliatura, la cottura in forno e nelle lavorazioni industriali che prevedono temperature a più di 120 gradi e scarsa umidità. Moltissimi cibi, preparati a casa o acquistati, fra cui prodotti da forno, così comuni, la contengono.
La possibile connessione con i tumori
L’acrilammide è una sostanza che una volta assorbita dal tratto gastrointestinale viene poi distribuita a tutti gli organi dando origine ad altre sostanze sospettate di essere cancerogene, fra cui la glicimmide. E, in effetti, gli studi sugli animali hanno confermato i rischi: in particolare l’esposizione, per via orale, all’acrilamide dava negli animali da laboratorio diversi sintomi: fra l’altro aumentava il rischio di cancro alla ghiandola tiroidea, ai testicoli, ai polmoni e alle ovaie oltre a provocare disturbi di origine nervosa.
Per l’essere umano, però, il discorso è diverso: non c’è ancora certezza che l’acrilammide, se assunta solo con gli alimenti e quindi in quantità di molto inferiori a quelle degli esperimenti di laboratorio, possa davvero essere una causa di tumore.
Cosa dice l’EFSA
L’acrilammide già dal 2015 è stata definita dall’EFSA potenzialmente cancerogena, per tutti. E i gli avvisi sui potenziali pericoli si sono ripetuti fino alla primavera del 2023. La stessa autorità europea ha però rilevato come per gli adulti le quantità a cui si è normalmente esposti non sono significative. Il regolamento europeo del 2017 fissa alcuni limiti per l’acrilammide.
Per il pane morbido a base di frumento 50 microgrammi per chilo (µg/kg). Per i biscotti e fette biscottate per lattanti e per la prima infanzia: 150 µg/kg. Per il caffè di torrefazione: 400 µg/kg. Una cuoriosità: il caffè vegetale di cicoria contiene in media quantità maggiori della sostanza rispetto a quello normale. I produttori invitati a ridurre con nuovi protocolli di produzione la formazione di acrilammide in cottura hanno via via ridimensionato la presenza di questa sostanza nei cibi industriali ma ancora non esiste alcun obbligo. La Commissione Europea probabilmente in un prossimo futuro rivedrà ancora questi limiti: l’acrilammide rimane dunque “sotto osservazione”.
Chi rischia di più
Sono i bambini quelli che rischiano di più con l’acrilammide per via dell’età e del peso corporeo che ne favorisce la concentrazione nell’organismo e che abbassa notevolmente i limiti delle quantità pericolose di acrilammide (il cosiddetto margine di esposizione o MOE che segna un “confine” nel rischio).
I bambini e gli adolescenti sono esposti all’acrilammide soprattutto per i prodotti a base di patate fritte (fino al 51%) e quindi a seguire per pane morbido, cereali da colazione, biscotti e altri prodotti a base di patate (un 25% del totale). Infine, ci sono i dolci e gli snack. Neanche i piccolissimi sono esclusi dal contatto con l’acrilamide che può entrare nei loro pasti soprattutto con biscotti e altri alimenti trasformati.
Anche per gli adulti sono i fritti i principali responsabili dell’esposizione all’acrilammide nei cibi: per loro oltre alle solite patatine fritte contano anche le crocchette e molti altri prodotti da “pranzo veloce”. Per i grandi entrano nella lista anche caffè e biscotti.
I cibi in cui si trova l’acrilammide
Gli studi sull’acrilammide come sostanza da “tenere d’occhio” sono relativamente recenti: risalgono al 2002. In realtà da sempre conviviamo l’acrilammide perché si trova in tanti cibi di uso quotidiano. Patate fritte, pane, biscotti, cracker e perfino il caffè (che è sottoposto a tostatura) contengono tutti acrilammide. Detto questo si capisce perché evitarla del tutto sia davvero difficile. L’acrilammide è anche nel fumo di sigarette, insieme a molti altri composti tossici derivati dalla combustione.
I consigli per evitarla
Ma come evitare l’acrilammide? Partendo dal dato di fatto che eliminare del tutto l’acrilammide è di fatto impossibile, ci sono tutta una serie di consigli per ridurla.
Si tratta di semplici accorgimenti che tutti possiamo mettere in pratica quando cuciniamo.
- Evitare di bruciare i cibi. Non portiamo verdura, pane tostato, biscotti alle massime temperature e a lungo. Meglio una bella doratura che i margini neri e le crosticine bruciacchiate e scure.
- Variare le modalità di cottura. Alterniamo bollitura, cottura al vapore, in umido. La frittura e la grigliatura devono essere un’eccezione, che possiamo concederci ogni tanto, non un’abitudine di tutti i giorni. Questo riduce anche il rischio che cuocendo la carne alla griglia si formino altre sostanze tossiche e cancerogene fra cui gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA).
- Togliere il margine bruciato dalla pizza.
- Preferire i caffè con tostatura non troppo intensa e la miscela arabica.
- Far sbollentare o tenere in acqua le patate per un’ora prima di friggerle. È un modo naturale di abbassare il loro contenuto di amido e rendere il fritto più sano.
- Nelle cotture al forno usare temperature più basse (intorno ai 150 gradi) e non prolungare troppo i tempi.
- Ridurre i cibi a base di amidi (pane, patate, pizza, prodotti da forno) evitando di consumarne più di uno nello stesso pasto.
- Seguire un’alimentazione completa e varia preferendo gli alimenti della dieta mediterranea: verdure, anche crude, o al vapore, frutta fresca di stagione, legumi, cerali integrali bolliti.
Lucia Fino