L’architetto e designer da sempre progetta case e arredi che coniugano bellezza ed ecosostenibilità. Ed è convinto del loro ruolo positivo per l’ambiente
Panche in cartone con finiture in legno, poltrone in cartone riciclato, persino tavoli rivestiti da licheni vivi. Sono solo alcune delle creazioni di Giorgio Caporaso, architetto e designer, che hanno un denominatore comune l’ecosostenibilità. Una filosofia, del vivere bio la sua, che ha radici fin dal 1999, pochi anni dopo la sua laurea in architettura. «Ma l’amore per la natura mi accompagna fin da quando ero bambino, quindi è normale che questa sensibilità abbia portato un certo interesse nella mia attività professionale – spiega – Inoltre, visto che progettare è anche pensare al futuro, non sorprende che questa importante dimensione di rispetto ambientale faccia parte delle mie riflessioni». Da qui nasce il suo desiderio di cercare soluzioni «che contribuiscano a un futuro in cui il progresso dell’uomo si sviluppi e conviva in armonia con la natura. La soluzione a mio avviso non è tornare indietro, ma continuare a ricercare nuove modalità sempre più orientate a raggiungere questo obiettivo».
Da tre anni l’architetto lombardo formatoi a Poitecnico di Miano arreda lo stand di Legambiente a Ecomondo, ulteriore testimonianza di attenzione all’ambiente, confermata anche in campo architettonico, dove presta particolare attenzione nelle sue costruzioni a concetti quali risparmio energetico, energie rinnovabili, tetti verdi e giardini pensili.
Nella sua professione di architetto quali sono gli aspetti prioritari (in termini di soluzioni, impianti, materiali) che tiene in considerazione?
Se devo progettare un edificio dal punto di vista della sostenibilità, cerco di valutare tutti gli aspetti: da quello dei materiali costruttivi utilizzati, a quello energetico, termico, funzionale, estetico e della sua interazione attraverso anche arredi e dotazioni interne ed esterne. È naturale che tutta questa complessità non sia più opera di una sola attività professionale, ma coinvolga vari specialisti, ognuno nella sua materia. Ma è anche il bello di questo lavoro che così permette di confrontarsi con vari professionisti e accresce sempre di più la sensibilità e la conoscenza, anche in funzione di soluzioni diverse e alternative da quelle pensate originariamente. Sono molto affascinato anche dall’utilizzo di materiali naturali come il legno. In più il tema delle coperture degli edifici con giardini pensili per me è di grande interesse e nel corso degli anni è stato un appassionante oggetto di studio. Come anche sperimentare e ipotizzare soluzioni di composizioni architettoniche in cui l’elemento vegetale diventa parte integrante della composizione stessa dell’edificio, al pari degli elementi canonici già utilizzati.
E nel design, quali sono?
Personalmente mi piace pensare che non sia più necessario marcare alcuna differenza fra design ed ecodesign, perché i tempi dovrebbero essere ormai maturi per ritenere il prefisso ‘eco’ un assunto. Al di là di questa premessa, credo che un aspetto fondamentale del mio percorso di design, in costante evoluzione, sia quello di cercare di interrogarsi sempre di più sul concetto C2C ‘dalla culla alla culla’ per guardare anche alla qualità di vita dei prodotti stessi e alla loro interazione con l’uomo. Il senso di questa ricerca si può sintetizzare in una decina di punti essenziali, che si possono ritrovare nei miei prodotti.
Ce li può elencare questi punti essenziali?
Si tratta di alcuni temi ricorrenti, che accomunano oggetti diversi che pur mantengono la loro unicità, e che ci guidano come un filo rosso verso il comprendere che un prodotto ecosostenibile di design è il frutto di un progetto complesso e non si limita al semplice uso di materiali naturali, come a qualcuno potrebbe sembrare. Questi punti sono: la contaminazione, l’uso di materiali naturali o ecocompatibili, la modularità, la componibilità, la multifunzionalità, la trasformabilità, la riciclabilità, la personalizzazione, la riparabilità, l’assemblabilità e la disassemblabilità. Tutto per far sì che un prodotto abbia una vita lunga e variata, anche attraverso l’idea di ricreare una sorta di legame affettivo fra l’uomo e il prodotto.
Quale legame c’è o ci deve essere tra architettura/design ed eco-sostenibilità e che significato ha in questi contesti?
Come possiamo ormai vedere palesemente, soprattutto in questo momento storico, il rispetto del pianeta e il miglior utilizzo delle risorse sono ormai diventati una necessità imprescindibile. Nell’anno di Expo, della conferenza mondiale sul clima di Parigi, l’attenzione è stata molto alta anche fra la gente. L’architettura e il design sono chiamati a fare la loro parte, che non è semplicemente non peggiorare il livello di cementificazione, ma aiutare a ricercare nuovi sviluppi nell’abitare riducendo il nostro impatto ambientale. Per questo l’architettura e il design devono proseguire nella ricerca di soluzioni ecosostenibili sempre più efficaci. Come dicevo, la soluzione non è tornare indietro ma continuare a incentivare sempre di più la ricerca verso il raggiungimento di nuove soluzioni.
Quanto l’architettura e il design possono contribuire a rendere migliore e più green il nostro mondo?
L’uomo è una creatura meravigliosa, ma può anche avere un impatto devastante sull’ambiente, laddove persiste un concetto di sviluppo privo di consapevolezza ambientale. L’architettura e il design qui possono dare una grande mano perché secondo me agiscono a un livello di base, tangibile e visibile, del nostro grado di civiltà ambientale. Non solo ci possono aiutare a vivere in armonia con il pianeta, ma addirittura ci possono aiutare a farlo ‘ri’vivere in mille modi, diventando il miglior alleato per il nostro sviluppo grazie ad una rivoluzione silenziosa che passa attraverso il cambiamento dei modi di abitare e degli stili di vita.