Wise Society : L’industria italiana della plastica verso una transizione sostenibile

L’industria italiana della plastica verso una transizione sostenibile

di Andrea Ballocchi
9 Aprile 2019

Il futuro passa da sostenibilità ed economia circolare: servono però misure per aumentare il riciclo e renderlo più efficiente e diffuso

La plastica è utile. Di più: non possiamo farne a meno. Dagli imballaggi ai componenti per il settore medico, automobilistico, edilizio si contano innumerevoli soluzioni che la vedono protagonista. Vero è, purtroppo, che i rifiuti di plastica stanno pregiudicando la vita negli oceani, nei mari, fiumi, laghi. Occorre quindi trovare un punto di equilibrio tra le esigenze industriali e quelle ambientali. A Milano, alla prima Conferenza nazionale sul futuro sostenibile delle plastiche si è parlato proprio di questo. È un futuro che riguarda non solo noi consumatori, ma una filiera produttiva che conta su 11mila imprese del settore della trasformazione della plastica, con un fatturato totale superiore ai 30 miliardi di euro e che dà lavoro a 110mila persone.

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L’Italia è il paese più virtuoso in Europa per percentuale di plastiche trasformate: il 17% contro una media europea del 6%, Foto: Andrea Ballocchi

I MILLE USI DELLA PLASTICA E LE PRATICHE VIRTUOSE – Prima di parlare di plasticfree occorrerebbe pensare che la plastica è protagonista in settori delicati, come quello medico: sacche per le trasfusioni, protesi vascolari, cateteri sono realizzate con plastiche. Stesso discorso per soluzioni salva vita come caschi e airbag. C’è poi anche un discorso di riduzione dei combustibili fossili in un modo che non penseremmo: le parti in plastica nelle auto al posto di parti più pesanti portano a un risparmio medio di 750 litri di carburante nell’intero ciclo di vita del veicolo.

Aggiungiamo che l’industria plastica si è resa molto attenta alla questione ambientale. Negli ultimi vent’anni gli imballaggi hanno ridotto il loro peso dell’86%, grazie all’impegno delle imprese che hanno investito in ricerca tecnologica. Quella stessa ricerca che ha portato alla nascita delle bioplastiche, un comparto che si sta sviluppando. Inoltre, vanno ricordati anche i vincoli e gli obiettivi che ci si è dati a livello di Unione Europea: per esempio, lo stop alla plastica monouso a partire dal 2021.

Ma il punto è più su quanto prodotto e che, giunto a fine vita, dovrebbe essere riciclato. Sappiamo che l’Unione Europea ha stabilito vincoli ambiziosi da qui al 2030 e oltre. Ed è oggi che occorre mettere in pratica strategie più green.

COSA FA L’INDUSTRIA DELLA PLASTICA ITALIANA – In Italia l’anno scorso sono stati sì prodotti 6,8 milioni di tonnellate di resine termoplastiche, ma il 15% erano plastiche riciclate, rispondendo così parzialmente agli obiettivi di economia circolare.

Il presidente Unionplast, Luca Iazzolino ha lanciato come misura attuabile un credito d’imposta per le imprese che utilizzano almeno il 30% di plastica riciclata nei propri prodotti. È un’idea condivisa con il Tavolo Permanente per il Riciclo di Qualità, cui aderiscono tra gli altri Enea, Ispra e Legambiente.

Ha ricordato anche l’Istituto per la promozione delle plastiche da riciclo, che ha dato vita al marchio Plastica Seconda Vita, certificazione ambientale di prodotto, volontaria, per prodotti ottenuti da riciclo di rifiuti plastici. «A oggi si contano più di tremila prodotti certificati», conferma Cristina Poggesi, segretario IPPR. È lei a evidenziare che in Italia – stando ai dati 2017 – poco più di un milione di tonnellate di plastiche riciclate sono state trasformate dall’industria italiana in nuovi prodotti. Il nostro Paese è anche il più virtuoso in Europa per percentuale di plastiche trasformate: il 17% contro una media europea del 6%.

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Sono 25,8 i milioni di tonnellate di plastica prodotta in Europa, ma il 30% soltanto viene raccolto e avviato al riciclaggio, Image by Hans Braxmeier from Pixabay

Nell’occasione della conferenza sono stati ricordati anche i progetti portati avanti nell’ambito del Tavolo Permanente Riciclo di Qualità: il riciclo di rifiuti spiaggiati e di reti di pescatori, queste ultime divenute utili nella loro seconda vita nella mitilicoltura.

Nessuno nasconde che i problemi ci sono: il direttore generale di Ispra, Alessandro Bratti, ha ricordato i 25,8 milioni di tonnellate di plastica prodotta in Europa e di cui il 30% soltanto viene raccolto e avviato al riciclaggio. Ha anche segnalato lo stato dei nostri mari in cui si contano migliaia di rifiuti marini spiaggiati, che solo nel Mediterraneo occidentale assommano a più di mille oggetti per 100 metri quadri. «Bisogna aumentare l’efficienza della raccolta differenziata», ha sottolineato tra le altre misure da porre all’attenzione. Inoltre, è necessario che anche i consumatori siamo più attenti e consapevoli. Le questioni sul tavolo sono molte: occorre semplificare a livello normativo le pratiche di riciclo, bisogna  rafforzare i GPP, ovvero gli acquisti verdi della PA. Occorre anche superare ostacoli quali l’incomprimibilità dei costi fissi per i riciclati, la disparità di costi di acquisto di rifiuti selezionati, la poca disponibilità di materiale riciclato di qualità con costi alti rispetto al materiale vergine.

«Servono anche tanti impianti di avvio al riciclo su tutto il territorio nazionale», sintetizza il presidente nazionale Legambiente Stefano Ciafani.

 

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