Con lo slogan #PeopleNotProfit arriva il nuovo Sciopero Globale per il Clima organizzato dagli attivisti che chiedono giustizia climatica e risarcimenti da parte dei paesi del Nord del Mondo in favore delle comunità più colpite
È #PeopleNotProfit lo slogan del prossimo Sciopero Globale per il Clima organizzato dagli attivisti di Fridays For Future. E anche FFF Italia si sta preparando per l’appuntamento del 25 marzo 2022. Un appuntamento che in questo momento storico non potrà non tener conto della guerra in Ucraina e che dopo la manifestazione del 3 marzo, continuerà ad affiancare la richiesta di pace a quella di risarcimenti climatici da parte dei paesi del Nord del Mondo in favore delle comunità più colpite.
Lo Sciopero Globale per il clima del 25 marzo
È infatti ancora la giustizia climatica – com’è stato nell’ambito del Global strike del 24 settembre – a essere protagonista delle richieste dei FFF, oltre ovviamente alla richiesta di azioni vere per la salvaguardia del clima e l’abbandono di discorsi pieni di greenwashing da parte dei potenti della Terra.
Ma andiamo con ordine. Gli attivisti di Fridays For Future, il movimento nato sulla scia delle manifestazioni solitarie della giovane Greta Thunberg, hanno annunciato lo sciopero di venerdì 25 marzo sottolineando, innanzitutto, che i risarcimenti climatici richiesti non sono beneficenza, ma fanno parte di un processo di giustizia trasformativa in cui il potere politico tornerà alle persone e alle comunità. In un ottica di giustizia climatica e sociale, infatti, i risarcimenti non dovranno essere concessi sotto forma di “prestiti”, ma di “finanziamenti”, come una risposta alle richieste delle comunità indigene ed emarginate; per restituire le terre alle comunità, dare risorse a quelle più colpite dalla crisi climatica affinché possano adattarsi e compensare le perdite e i danni. Per una ridistribuzione della ricchezza globale, della tecnologia e dell’informazione, e del potere politico dal Nord globale al Sud globale e dall’alto al basso.
I Fridays for future chiedono risarcimenti per il Sud del mondo
“Siamo stanchi – spiega Martina Comparelli (protagonista di uno dei nostri Wise Talk), una dei portavoce del movimento italiano – di sentire le bugie scritte ad hoc dai pubblicitari delle multinazionali del fossile e dai governi che le sostengono. Questa volta scenderemo in piazza non solo per presentare le nostre richieste, ma per creare sistemi più ampi basati sull’amore, l’empatia e la cura delle nostre comunità che metteranno al primo posto la cura delle persone piuttosto che il denaro. Ci riuniremo il 25 marzo 2022 sotto l‘hashtag #PeopleNotProfit e continueremo a riunirci per la nostra visione condivisa di un pianeta migliore che sia equo verso tutti i suoi abitanti”.
In Italia, come nel resto del mondo, tutti i cittadini sono quindi invitati a scendere in piazza (qui tutti i dettagli) per far arrivare le parole e le rivendicazioni ad una classe politica che tuttora sembra totalmente ignara della reale gravità della crisi climatica. “I leader mondiali di oggi devono permettere all’umanità e agli ecosistemi in generale di riprendersi dai traumi del presente e del passato che sono tuttora inflitti dagli stessi sistemi basati sull’avidità che hanno incoraggiato la schiavitù, il genocidio, l’ecocidio e il colonialismo”, ha affermato Ina-Maria Shikongo, dalla Namibia.
Lo sciopero per il clima per salvare Pianeta e Persone
E lo sciopero per il clima si muove sulla falsariga del “non c’è tempo da perdere”. Come d’altra parte sottolinea anche la seconda parte del sesto rapporto AR6 sui cambiamenti climatici dell’IPCC (Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici) che dopo la Prima parte pubblicata ad agosto 2021 in cui si sottolinea che senza tagli drastici alle emissioni non si torna indietro, ora evidenzia le stesse emergenze. “Le nostre azioni di oggi determinano il modo in cui le persone e la natura si adattano ai crescenti rischi connessi ai cambiamenti climatici”. Se non riusciremo a contrastare l’aumento della temperatura del Pianeta ci saranno gravi impatti sugli ecosistemi e sul nostro benessere, anche in caso di raggiungimento dell’obiettivo 1.5°C (attualmente siamo a 1.1°C), che però resta fondamentale per evitare i più gravi disastri imposti dalla crisi climatica che andranno ad alimentare le fila dei migranti climatici.
FFF: Lo scenario climatico catastrofico è il risultato dello sfruttamento
Uno scenario climatico catastrofico che, però, è soprattutto il risultato di secoli di sfruttamento e oppressione attraverso il colonialismo, l’estrattivismo e il capitalismo, un modello socio-economico sostanzialmente imperfetto che, come sottolineano gli attivisti, deve essere urgentemente sostituito. Un sistema in cui le nazioni ricche – come ha anche sottolineato l’attivista Vanessa Nakate – sono responsabili del 92% delle emissioni globali e l’1% più ricco della popolazione mondiale è responsabile del doppio dell’inquinamento prodotto dal 50% più povero.
“La lotta per il clima è lotta di classe”, dicono gli attivisti di FFF: “per anni la classe dirigente, principalmente attraverso corporazioni e governi del Nord Globale dominati da uomini eterosessuali, ricchi, bianchi, hanno esercitato il loro potere, conquistato attraverso il colonialismo, il capitalismo, il patriarcato, la supremazia bianca e lo sfruttamento, per distruggere la terra ei suoi occupanti senza rimorsi”. Insomma, secondo gli attivisti per l’ambiente, l’1% dei capitalisti più ricchi deve essere ritenuto responsabile delle proprie azioni e dell’ignoranza volontaria.
Maria Enza Giannetto