Ospite di un evento digitale di Wise Society e del Politecnico di Milano dedicato alla sostenibilità, il manager e divulgatore Oscar di Montigny ci parla di innovazione e vero cambiamento, che non possono più prescindere dalla riscoperta del senso di gratitudine, nuova strategica leva di business
“Bisogna seminare e coltivare visione nell’umanità. Come fare per far capire al mondo che bisogna allargare la propria visione e cercare una prospettiva arricchente, migliorativa, inclusiva?” nella presentazione del suo blog, Oscar di Montigny, manager milanese nel campo dell’innovability, nonché grande divulgatore (ha vinto l’edizione 2019 del Premio “Comunicatore Universale, istituito dalla manifestazione SEO&Love), blogger e speaker internazionale, ha scelto di presentarsi proprio a partire da una dichiarazione di intenti: poter fare la propria parte nel sistema mondo attraverso una condivisione di esperienze, riflessioni e suggestioni di qualità.
Una dichiarazione di intenti che accompagna di Montigny lungo tutta la sua attività professionale – oggi è Chief Innovation, Sustainability & Value Strategy Officer di Banca Mediolanum, presidente di Flowe, la prima app di digital banking che si ispira al concetto di innovability, ideatore e fondatore di Mediolanum Corporate University e della start-up innovativa a vocazione sociale Be Your Essence – e in quella privata.
Col manager milanese, ospite dell’evento digitale organizzato da Wise Society in collaborazione col Master “Brand extension: from design to business” del Politecnico di Milano, molti i temi affrontati in un’intervista tutta da leggere per capire come fronteggiare al meglio le sfide di forte cambiamento e innovazione che questo periodo ci pone dinanzi.
Oscar, quali sono i semi che cerca di seminare?
Innanzitutto, tengo a dire che non si tratta di semi miei ma che vengono da granai cui ho potuto e posso attingere quotidianamente. A un certo punto della mia vita, ho pensato che potesse fare la differenza sentirmi parte di un tutto, di un insieme, anziché sentirmi una semplice cellula indipendente. Purtroppo, in questo mondo siamo tutti spesso impegnati a perseguire i nostri obiettivi come singoli, al massimo come famiglia o team di lavoro; parliamo sempre utilizzando l’io e contemplando la separazione dall’altro. Ecco, la sostenibilità insegna, prima di tutto, l’interconnessione di tutto con tutti. E io ho deciso di recitare una parte attiva in tutte le mie dimensioni: sono genitore, manager e imprenditore. Ho deciso di contribuire con quello che so, non per diventare un modello. Quello che mi interessa è condividere un cammino. Quindi, lancio semi, qualcuno cade sull’asfalto, altri sull’arido e altri ancora germoglieranno. Se anche uno solo contribuirà a far porre domande ad altri e stimolare assunzione di responsabilità, sarà già un buon risultato.
Lei è un grande sostenitore dell’innovability. Ci spieghi meglio il concetto.
L’idea di base è piuttosto semplice e risiede proprio nell’etimologia della parola che è una crasi tra innovation e sustainability. La congiunzione tra i due termini ne è l’anima perché oggi, purtroppo, si parla tanto di entrambe ma senza connessione servono a poco.
L’innovazione, ad esempio, è certamente utile, efficace, efficiente ed è anche piuttosto difficile da sviluppare ma, se fine a sé stessa, è davvero poco interessante. Inoltre, il concetto di innovazione è per sua natura limitativo nella misura in cui viene, comunque, effettuata da chi proviene da un certo ordine prestabilito e cerca di rinnovarlo.
Per me l’innovazione deve essere orientata e questo orientamento lo forniscono proprio i fondamentali della sostenibilità, ovvero quelli dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030. Quegli obiettivi, assieme ai loro rispettivi sottotitoli, forniscono una matrice di 169 indicatori che possono davvero orientare l’innovazione in modo sostenibile. Insomma, innovability vuol dire innovazione orientata e sostenibile e, al contempo, significa sostenibilità impattante, reale non istituzionale e nascosta dietro nomenclature e dichiarazioni di propositi.
I 17 goals dell’Agenda 2030 dovrebbero tracciare il percorso di ogni attività?
Assolutamente sì. La sostenibilità dovrebbe essere il codice principale cui fare riferimento in tutte le azioni presenti e future. Troppo spesso le istituzioni lanciano dei messaggi che restano come dei brand poco attrattivi per il mercato. Ogni cosa va prima conosciuta, poi capita e infine compresa ovvero portata con sé. Purtroppo, ci sono tanti elementi che conosciamo soltanto ma che non abbiamo approfondito abbastanza oppure che abbiamo persino capito ma non portiamo con noi. Ecco, io penso che la sostenibilità debba essere capita e compresa e debba entrare nella nostra quotidianità, guidandola come una bussola.
Oggi si parla tanto di economia circolare, ma lei si è spinto oltre “invocando” una terza dimensione. Che cos’è l’economia sferica?
Io credo che la circolarità sia un’eccellente soluzione in un momento particolare. È ovvio che se ci sono problematiche imminenti dobbiamo produrre risposte concrete e contingenti. Se c’è plastica sulla spiaggia, bisogna rimuoverla e bisogna farlo subito senza rimandare o pensare a chi debba farlo. Tuttavia, se la circolarità dà un ottimo riscontro nell’immanenza, serve a poco nel lungo termine quando continua a mancare l’elemento “essere umano”, cioè il cambiamento dell’Umanità.
Faccio un esempio, l’uomo occidentale per sfruttare il petrolio, ne ha combinate tante e solo in casi davvero virtuosi ha ripagato coloro a cui ha rubato ricchezza. Nel momento in cui, il modello sostenibile del futuro prevede la sostituzione del petrolio con l’energia elettrica, chi fa business si attrezzerà per procacciarsi le risorse che servono, come il litio, e il modello di sfruttamento, più o meno, si rinnoverà. Insomma, bisogna cambiare il modello, bisogna che entri in gioco l’uomo, con la sua coscienza. L’economia deve evolvere dalla dimensione piana a una dimensione non più bidimensionale ma tridimensionale e diventare sferica. Insomma: agire per-il-Bene, ciascuno nella propria sfera di influenza, diventerà fondamentale attraverso un nuovo paradigma che si delinea in “vita tua, vita mea”.
Sono questi i concetti che hanno ispirato il suo ultimo libro “Gratitudine. La rivoluzione necessaria”?
Esatto. Potrebbe sembrare una parola desueta che non appare più in nessun ambito, ma essendo la gratitudine la memoria del cuore, questa diventa chiave per la ricerca dell’eternità. Tutti vorremmo essere eterni e io penso che sarebbe bello rivitalizzare questo concetto e renderlo pop, per ricordarci la bellezza di vivere generando un senso di gratitudine nell’altro. Ecco, io credo che la gratitudine possa persino diventare un elemento di business. Generare un senso di gratitudine è la vera sfida della nuova economia. La gratitudine permette di creare solidità nei rapporti, personali e commerciali.
Sono queste le direttrici lungo cui si muove l’esperienza della banca Flowe di cui è presidente?
Flowe è un chiaro esempio di innovability: una società benefit che insieme agli obiettivi di profitto persegue anche scopi sociali e ambientali. Abbiamo già ottenuto la certificazione Carbon Neutral come azienda sostenibile, capace di compensare le emissioni di CO2 attraverso progetti green. Flowe è una community in cui non ci sono clienti ma utenti (Flome) che agiscono insieme entro le maglie di una cultura del ‘better being economy’, sviluppando il proprio potenziale (me) prendendosi però cura del ‘noi’ (we).
L’interconnessione in funzione del bene comune è anche alla base della nascita di BYE – BeYourEssence.
Esatto. BeYourEssence è un movimento culturale nonché società benefit nata per realizzare iniziative imprenditoriali che hanno lo scopo finale quello di diffondere la forza di una vita vissuta per-il-Bene. Si tratta di una rete di professionisti che opera in tutti gli ambiti della società e dell’economia, dalla consulenza all’educazione, all’arte e cultura, affermando nelle soluzioni e nei prodotti e servizi proposti la centralità assoluta dell’Essere Umano, della sua Essenza accomunato da una visione di economia orientata al Bene, per una rigenerata sostanza di felicità.
L’idea alla base è che non si possa vivere la propria vita disinteressandosi delle conseguenze delle proprie azioni sulle altre persone in questo pianeta. BYE si prefigge, in definitiva, di creare condizioni ad alto impatto che incarnino la necessità di comunicare il bene universale.
Maria Enza Giannetto