Wise Society : Scarti ittici che diventano materia prima: il progetto dell’Università del Salento

Scarti ittici che diventano materia prima: il progetto dell’Università del Salento

di Lucia Fino
9 Febbraio 2023

L'economia circolare applicata agli scarti ittici ha portato alla nascita di due progetti ambiziosi, che usano i gusci dei gamberetti e dei mitili per utilizzarli sia nell'ambito nutraceutico che in quello della lotta all'inquinamento

L’industria ittica, in crescita nel mondo, è anche una di quelle che provocano il maggior numero di scarti. Tutto quello che del pesce pescato non viene effettivamente utilizzato, è considerato un “rifiuto”, qualcosa da eliminare (anche il più rapidamente possibile) attraverso procedure di smaltimento costose e inquinanti. Finisce in discarica, insieme ai residui di lavorazione, anche il pesce giudicato “inadatto” per il consumo alimentare, per taglia e caratteristiche. Un vero spreco di risorse, dal momento che gli scarti ittici possono rientrare a tutti gli effetti in un’idea di economia circolare e trasformarsi in preziose sostanze bioattive con moltissime possibilità di uso, dalla cosmetica alla nutraceutica. L’Università del Salento ha appena avviato un progetto innovativo proprio in questo settore, partendo dal riuso intelligente dei gusci dei gamberi e dei mitili mediterranei. Protagonisti un gruppo di studiosi all’avanguardia, fra cui due giovani e appassionate ricercatrici e un’azienda italiana innovativa.

Federica Mancarella e Martina Carcagni

La dottoressa Federica Mancarella e la dottoressa Martina Carcagni, che si occupano dei progetti che prevedono il riutilizzo degli scarti ittici

Così l’industria ittica può diventare più sostenibile

L’industria ittica è fra le più problematiche sotto il profilo ambientale a causa la grande quantità di scarti che derivano dalla lavorazione del pesce, e non solo: è stato calcolato che una percentuale che va dal 20 all’80 per cento del pescato, a seconda della specie, venga buttato. Fra gli “scarti” ci sono pelli, interiora, gusci e viscere. Una parte, soprattutto all’estero viene buttata direttamente in mare, un’altra viene conferita in discarica e in siti di smaltimento, non sempre facili da reperire e gestire, con elevati costi anche energetici.

Nel mondo, a partire per esempio dal Canada, si stanno moltiplicando le iniziative scientifiche e industriali per far sì che tutto questo materiale di scarto diventi da semplice rifiuto da far sparire il prima possibile in una materia prima eccellente. Insomma gli scarti ittici possono diventare un ingranaggio dell’economia circolare e del reciclyng.

Federica Mancarella, Martina Carcagni e Livia Giotta

Nella foto, in posizione centrale, Livia Giotta, ricercatrice di Chimica fisica e tutor dei progetti di ricerca

Due progetti “mediterranei” per la blue economy

I due progetti del gruppo di Chimica Fisica del Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche e ambientali (DiSTeBA) dell’Università del Salento di Lecce, coordinato dal professor Ludovico Valli, vanno proprio in questa direzione. In progetti che puntano a valorizzare i gusci dei gamberi e dei mitili sono seguiti da due giovani ricercatrici, la dottoranda Federica Mancarella e l’assegnista Martina Carcagni, entrambe laureate in Scienze Ambientali all’Ateneo salentino, un’università che si distingue anche per il suo legame con le coste pugliesi, 200 chilometri di spiagge e scogli meravigliosi bagnati dai due mari, Ionio e Adriatico.

«I problemi legati alla gestione dei rifiuti in ambito ittico sono un tema estremamente attuale e sentito» dice a questo proposito la dottoressa Livia Giotta, ricercatrice di Chimica fisica e tutor dei progetti di ricerca. «La sostenibilità a lungo termine dell’industria ittica dipende anche dallo sviluppo di nuove strategie che permettano di convertire i materiali di scarto in prodotti ad alto valore aggiunto, che siano competitivi con quelli attualmente ottenuti mediante sintesi chimica e a partire da materie prime non rinnovabili».

Sostanze preziose dai gusci dei gamberi

Il primo progetto di ricerca di UniSalento riguarda i gusci dei gamberetti rosa, proprio quelli che comunemente consumiamo. Con una borsa finanziata completamente dalle risorse aggiuntive del FSE REACT-EU, che promuove attività di ricerca su innovazione, tecnologie digitali e abilitanti, Federica Mancarella ha avviato un progetto di dottorato per sviluppare nuove strategie low cost ed eco-friendly per ricavare, partendo dai gusci dei crostacei, una serie prodotti utili. «

I gusci di gambero sono un’importante fonte di molecole bioattive come l’astaxantina, un pigmento carotenoide dalle spiccate proprietà antiossidanti e dai molteplici usi in campo nutraceutico, cosmetico e farmaceutico» spiega la dottoressa Mancarella. « I gusci dei crostacei sono poi ricchi di chitina, un biopolimero dalle interessanti proprietà plastiche che viene usato nel packaging, per la produzione di pellicole protettive, e come fitostimolante. La chitina è anche un precursore del chitosano, una sostanza molto utilizzata in ambito biomedico, nutraceutico (per esempio negli integratori alimentari) e tecnologico. Insomma dai gusci dei gamberetti si possono recuperare diverse sostanze preziose con una strategia unica ed innovativa».

Il progetto, sviluppato in collaborazione con la ricercatrice Serena Perrone, del gruppo di Chimica organica dello stesso Dipartimento, mira a individuare strategie green efficaci, attraverso l’uso di solventi di origine naturale di nuova generazione ed enzimi supportati su nanoparticelle magnetiche.

Progetto di ricerca sui gusci dei gamberetti

Dai mitili una strategia anti-inquinamento

L’altro progetto della ricercatrice Martina Carcagni ha come protagonisti, invece, i gusci dei mitili, in partiolare del Mitylus galloprovincialis, il “mitilo mediterraneo”: un altro prodotto di scarto apparentemente umile che può diventare addirittura un mezzo, del tutto naturale, per combattere l’inquinamento. Il progetto è stato finanziato nell’ambito del programma “RIPARTI”, iniziativa con cui la Regione Puglia promuove la ricerca negli ambiti considerati prioritari dall’Unione Eeuropea e al servizio delle filiere produttive regionali.

«I gusci del mitilo sono una fonte preziosa di carbonato di calcio biogenico, che può essere estratto in diverse forme», spiega Martina Calcagni. «Una delle più interessanti è la calcite spugnosa (soft calcite), un materiale biocompatibile ad alto sviluppo superficiale, isolato e descritto per la prima volta nel 2020 dalle ricercatrici Jennifer Murphy, Céline Schneider, Kelly Hawboldt e Francesca Kerton della Memorial University of Newfoundland (Canada), che ne hanno anche dimostrato le eccezionali proprietà assorbenti nei confronti di inquinanti come il petrolio grezzo e i coloranti. L’obiettivo del mio progetto è migliorare il protocollo estrattivo della soft-calcite e di testarne le proprietà “sequestranti” nei confronti di altri contaminanti ambientali, come gli inquinanti emergenti (antibiotici, ormoni, farmaci) e le micro e nanoplastiche».

Su quest’ultimo aspetto, molto importante perché riguarda la lotta ai cosiddetti interferenti endocrini sempre più diffusi e pericolosi, il progetto di UniSalento è condotto in collaborazione con la ricercatrice Francesca Lionetto del Dipartimento di Ingegneria dell’innovazione, che studia attualmente le proprietà delle nanoplastiche sintetiche.

Progetto di ricerca sui Mitili

La partnership e le consulenze

Per entrambi i progetti dell’università salentina il partner industriale è la società Entropya srl, guidata dall’ingegnera Gabriella Chieffo: l’azienda è attiva nella progettazione in ambito ambientale ed energetico, con un forte vocazione all’innovazione. Entropya ha sviluppato nel tempo diversi progetti di blue economy: fra più recenti quello per ricavare biodisel dalle alghe.

Dalla teoria alla pratica: le ricercatrici Mancarella e Carcagni trascorreranno sei mesi in azienda, per condurre indagini di mercato e valutare costi e benefici del trasferimento tecnologico dei processi estrattivi sviluppati su scala di laboratorio. Il gruppo di ricerca leccese si avvale anche della collaborazione del dottor Orazio Albano, consulente internazionale nel settore della pesca e dell’acquacoltura, esperto di ricerca e sviluppo delle produzioni ittiche sostenibili, pensate per essere il più possibile compatibili, oltre che con le esigenze umane, anche con quelle dell’ambiente marino, così delicato e così prezioso per la vita del Pianeta.

Lucia Fino

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