Da piccolo ricorda una corsa a perdifiato sulle rive del Brenta. Una felicità intensa mai più provata. Giovane studente capisce che quella sensazione non potrà mai essere calcolata da nessuna legge di mercato. E così inizia a sognare un nuovo modo di fare finanza. E alle soglie del nuovo millennio fonda Banca Etica. Un istituto che prima delle garanzie patrimoniali punta su quelle morali...
Il prossimo decennio sarà fondamentale per definire lo sviluppo economico, finanziario e ambientale del pianeta. Oggi tutti parlano del 2020: entro quella data la Germania ha l’obiettivo di produrre un milione di auto elettriche mentre in Gran Bretagna le nuove automobili dovranno funzionare a batteria o almeno con un motore ibrido. Anche il Parlamento europeo ha approvato un pacchetto clima-energia per ridurre i gas serra del 20 per cento entro il 2020. Ma non è solo l’ambiente il problema. «La crisi che stiamo vivendo è ben più profonda, parlerei di crsisi sistemica: finanziaria, ambientale, sociale, politica da cui non usciremo velocemente». Parola di Fabio Salviato che nel 1999 fonda Banca Etica grazie a 22 organizzazioni del mondo non profit e alcune finanziarie e con il sostegno di migliaia di cittadini responsabili.
Una banca innovativa, l’unica in Italia che ispira la sua attività, sia operativa che culturale, ai principi della finanza etica: trasparenza, diritto di accesso al credito, efficienza e attenzione alle conseguenze non economiche delle azioni economiche. Il fine? Gestire il risparmio orientandolo verso le iniziative socio economiche che perseguono finalità sociali e che operano nel pieno rispetto della dignità umana e della natura.
Oggi si contano 16 filiali e una rete capillare di promotori finanziari, chiamati “banchieri ambulanti” su tutto il territorio nazionale. A dieci anni dalla sua nascita, Banca Etica ha raggiunto una raccolta di capitale sociale di più di 25 milioni di euro, conferito da oltre 33 mila soci, di cui circa 4 mila sono persone giuridiche (tra queste 9 Regioni, 40 Province, 300 Comuni). L’Istituto raccoglie oltre 600 milioni di euro di depositi e sta finanziando più di 3mila e quattrocento progetti dell’economia solidale per un valore superiore ai 440 milioni di euro.
Un mondo diverso è dunque possibile… Scegliendo Banca Etica cosa si sceglie?
Chi sceglie Banca Etica, oggi come nel 1999, non lo fa solo perchè vuole cambiare banca o è contento di fare una buona azione. La maggior parte di chi decide di diventare nostro socio o cliente sa che sta prendendo una posizione ben precisa. Si sta schierando a favore delle energie rinnovabili, dalla parte del Sud del mondo, di chi non ha accesso ai servizi bancari, di chi promuove la pace e ripudia la guerra. Gli ingredienti chiave di Baca Etica sono: responsabilità, trasparenza, fiducia e analisi socio-ammbientale dei progetti.
Prima di arrivare all’obiettivo la strada è stata lunga e complessa. Si è mai perso d’animo? E’ felice ora?
Ho sempre creduto in quello che stavo facendo e non mi sono mai fatto abbattere dai momenti difficili. Quanto alla felicità, passiamo tutta la vita a ricercarla. Poi, quando la troviamo, non ce ne rendiamo conto, oppure abbiamo talmente tanta paura di perderla da non riuscire a godercela. Nella mia vita ricordo molti momenti felici. Ma uno in particolare ha lasciato il segno. Era il 1967 avevo nove anni e abitavo a Vigodarzere, un piccolo paese vicino all’argine del fiume Brenta. Immaginatevi un pomeriggio di settembre, io che tornavo a casa dopo una mattinata di giochi dal mio compagno di banco. Fu lì che per istinto cominciai a correre tra i filari, senza un vero motivo. Correvo sempre più veloce, i miei polmoni si riempivano d’aria fino quasi a scoppiare. Saranno stati meno di trecento metri, tutti di corsa. Nell’ultimo tratto ero esausto. Saranno stati al massimo dieci minuti ma in quel preciso momento ho provato una sensazione di felicità intensa e pura che non si è più ripetuta nella vita. Come ho capito più tardi, quell’episodio è stato rivelatore del mio approccio personale all’economia. Se ci pensiamo, con la corsa dei campi, non ho prodotto niente, non ho consumato nè ho speso denaro. Eppure ero la persona più felice del mondo. Nei primi anni di ragioneria, quando cominciai a vedere sulla lavagna le curve della domanda e dell’offerta non avrei saputo dove collocare il mio desiderio di libertà, la soddisfazione di essere stato utile o la voglia di cambiare. Semplicemente queste sensazioni non erano e non sono calcolabili.
Secondo uno studio effettuato dal professor Leonardo Becchetti , docente di Economia all’Università di Roma Tor Vergata, il 30 per cento dei finanziamenti concessi da Banca Etica non è assistito da alcun tipo di garanzia, permettendo l’accesso ai servizi bancari da parte di chi altrimenti sarebbe considerato un fuoricasta dal punto di vista bancario…
Soprattutto nei primi anni dopo la partenza abbiamo puntato molto sulle fidejussioni, o garanzie personali, dove i soci delle cooperative firmano, mettono la faccia e la passione per garantire l’associazione di cui fanno parte. Dietro a queste firme non ci sono patrimoni milionari, si tratta soprattutto di garanzie morali. Per noi sono il segnale che stiamo finanziando qualcosa di reale, con un ampio supporto. Una figura che assumerà sempre più importanza è quella del cantastorie. Anche qui si tratta di soci della banca che vengono coinvolti come volontari per parlare di Banca Etica. Ogni giorno in Italia ci sono quattro o cinque incontri di presentazione della banca e non sempre può andare qualcuno dello staff e tanto meno il direttore o il presidente. I cantastorie possono aiutare la presentazione con un video, inviato a tutte le circoscrizioni dei soci, che dura quindici minuti e spiega le caratteristiche essenziali della banca.
Banca Etica è la prima istituzione di finanza etica nel nostro paese, dunque…
E’ stata concepita dalle organizzazioni del Terzo Settore, del volontariato e della cooperazione internazionale. Le prime esperienze italiane in questo settore sono state le cooperative MAG (Mutue per l’Autogestione) e il loro obiettivo era (ed è tuttora) duplice: creare un sistema di raccolta e impiego del risparmio tra soci privilegiando chi si trovava in situazioni di difficoltà e proporre progetti con finalità sociale. Dopo profonde modifiche legislative del settore finanziario negli anni ’90, il sistema MAG è stato obbligato a ristrutturarsi. Obbligate dalla nuova normativa e spinte dall’esigenza di dotare il terzo settore di un soggetto finanziario adatto, le MAG contattarono istituzioni del mondo della cooperazione sociale, del volontariato e dell’associazionismo. La proposta ebbe grande successo e si concretizzò nel dicembre 1994 nell’Associazione Verso la Banca Etica, alla quale parteciparono l’intero movimento delle MAG e di altre organizzazioni rappresentanti l’intero panorama associativo nazionale.
Come nasce l’idea di dare vita a Banca Etica?
L’idea è stata quella di iniziare ad attivare strumenti che potessero essere portatori di un cambiamento, a partire da ogni singolo individuo. Abbiamo potuto così constatare che all’interno delle comunità costituite dagli individui si possono trovare tante proposte. Abbiamo usato il metodo del racconto, comunicando in prima persona a un pubblico più vasto le idee nuove attraverso un aspetto relazionale. E’ stato un vero e proprio elemento di rottura all’insegna dei recupero dei valori. Dare credito significa dare fiducia, recuperare. La crisi è forte e sarà lunga e se ne potrà uscire solo se si stabiliranno regole nuove. A oggi, però per esempio, non è riconosciuta a livello mondiale l’esistenza delle banche etiche. Una finanza malata non può che dare vita a una società malata.
Quali le soluzioni?
Le soluzioni ci sono, le persone si stanno muovendo. Bisogna portarle su scala mondiale e avere politici illuminati. Deve scattare una responsabilità sociale partendo dalle piccole dimensioni regionali. Sicuramente dovremo uscire dal petrolio, trovare energie sostitutive, la Cina imporrà una revisione, non si può pensare che altri tre miliardi di persone abbiano un modello di vita come il nostro: nei prossimi dieci anni ci sarà una revisione di tutto. Occorre cominciare a riciclare i prodotti, avere due auto anziche tre, farsi un orto in casa, iscriversi a un gruppo di acquisto solidale, mettersi un pannello fotovoltaico sul tetto di casa. Io l’ho messo da 3 kw e sono passato da consumatore a produttore e quello che avanzo lo vendo all’Enel. Ho migliorato il mio tenore di vita. I tedeschi hanno investito sulle rinnovabili e hanno creato un milione di posti di lavoro. Noi dovremmo cercare di fare lo stesso. Quest’anno abbiamo avuto un incremento del Pil intorno all’1% senza un incremento occupazionale: questo è molto grave perchè significa che le aziende si sono ristrutturate o hanno delocalizzato…
Su che progetti state lavorando?
Sui terreni confiscati alla mafia stiamo installando con la fondazione di Messina e una cooperativa sociale impianti fotovoltaici utilizzando una coop sociale di ex detenuti del manicomio criminale di Barcellona in Sicilia. Creiamo un impianto fotovoltaico, coi ricavi dell’energia pulita facciamo attività di sostegno. A Messina ci sono 3 mila abitanti che abitano in case di legno dal terremoto del 1902 e coi contributi che derivano dall’energia solare andremo a costruire case in muratura. Inoltre stiamo finanziando quattro cooperative in Sicilia che producono pasta, vino, olio e li commercializzano soprattutto nel circuiti delle Coop. Ma di progetti in atto ce ne sono tantissimi.