Wise Society : Bruno D’Amicis: “Così la fotografia può salvare il pianeta e vi spiego perché”
Wise Incontri

Bruno D’Amicis: “Così la fotografia può salvare il pianeta e vi spiego perché”

di Vincenzo Petraglia
24 Agosto 2022

Con uno dei più noti fotografi naturalistici italiani, vincitore del World Press Photo e del Wildlife Photographer of the Year, per parlare di ambiente e animali e del contributo che ciascuno di noi può dare per combattere l'emergenza ambientale

È uno dei fotografi naturalistici italiani più noti e premiati per i suoi magnifici scatti dedicati alla natura e al mondo animale, che, proprio attraverso il suo lavoro e i suoi innumerevoli progetti fotografici, è impegnato in prima linea anche nella salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi più fragili. Un approccio che ha portato Bruno D’Amicis a viaggiare in Italia e nel mondo e a pubblicare le sue immagini sulle più importanti riviste internazionali di settore e a realizzare splendidi libri, oltre ad aggiudicarsi importanti premi come il World Press Photo e il Wildlife Photographer of the Year.

Abbiamo incontrato il fotografo attivista italiano, membro della prestigiosa International League of Conservation Photographers, per parlare di fotografia certo e di quanto possa fare per rendere più consapevoli le persone nei confronti dell’emergenza ambientale, ma anche di curiosità legate al mondo animale e di come ritrovare il legame, spesso spezzato, con la natura e, tramite esso, garantire anche il proprio benessere e quello del pianeta.

Cervo

Uno dei magnifici scatti di Bruno D’Amicis, pluripremiato fotografo naturalistico (Foto: Bruno D’Amicis).

Com’è nata la sua passione per la fotografia e nello specifico per la natura?

Sin da piccolo amavo gli animali e la fotografia è arrivata quando avevo tredici anni per fermare nel tempo, attraverso l’obiettivo, le emozioni che provavo e gli incontri che facevo con gli animali nella natura. In realtà avevo cominciato con i colori e gli acquerelli, poi mio padre mi ha avvicinato alla reflex e da allora non sono più riuscito a staccarmene. Diciamo che la fotografia è nata come supporto all’osservazione e alla ricerca (sono laureato in biologia, specializzato in ornitologia), poi, sviluppando le mie capacità tecniche, è diventata una mia forma di linguaggio ed espressione, un modo per soddisfare anche la mia curiosità verso il mondo, uno stile di vita ormai al centro della mia vita.

Lei ha vinto diversi prestigiosissimi premi a livello internazionale, fra cui il World Press Photo 2014 e il Wildlife Photographer of the Year nel 2014 e nel 20121. Come si raggiungono obiettivi come questi? Che consigli si sente di dare a chi aspira a diventare un fotografo naturalistico di alto livello?

I concorsi sono un aspetto della vita professionale, sono un po’ come delle pietre miliari e danno lustro a ciò che uno fa, ma li prendo per quello che sono. A volte c’è anche una certa dose di casualità nei premi, e lo dico con cognizione di causa, avendo fatto parte anch’io di varie giurie. Io credo nella fotografia progettuale, che quindi nasce da un lavoro più completo e corposo, studiato, che è alla base di un progetto più complesso e a 360 gradi.

La regola più importante è documentarsi molto bene prima di andare in un posto dove si vuole realizzare un progetto fotografico. Il nostro è un lavoro meraviglioso, ma di 365 giorni all’anno, di cui il 70% passato attaccati a un computer e il restante 30% viaggiando. Personalmente non cerco tanto l’immagine da concorso o da grandi like sui social, ma una narrativa. La visibilità sui social è utile come pure i premi, ma costruire una carriera da fotografo solo sui social è impossibile e ai ragazzi che puntano solo sulla visibilità dico che non è la strada giusta, ti può aiutare a lavorare con i brand, ma non si arriva troppo lontano.

C’è un altro aspetto molto importante a cui talvolta, mossi anche da buoni propositi, non si pensa: la fotografia naturalistica vera va fatta con etica, è quella che rispetta l’ambiente e i suoi abitanti, che si avvicina alla natura con profondo rispetto, senza influire sui suoi delicati equilibri. Faccio un esempio: non mettiamo un pezzo di carne per attirare un predatore  davanti al nostro obiettivo o diffondiamo un sonoro per richiamare gli uccelli; sono strumenti che possono facilitare una bella foto, certo, ma che possono influire sui ritmi e sui riti degli animali, finanche sulla loro riproduzione. Talvolta, purtroppo, ci si avvicina alla natura, magari anche con un fine nobile come sensibilizzare alla salvaguardia dell’ambiente, ma inconsapevolmente possiamo contribuire noi stessi in prima persona a mutarne i fragili equilibri. Per questo può essere molto importante mettersi in contatto con associazioni come, per esempio, l’Associazione fotografi naturalisti italiani, che fissa precise linee guida e può aiutare soprattutto i fotografi che non hanno ancora molta esperienza a mettersi in dialogo con la natura in modo più rispettoso e corretto.

Bruno D'Amicis

Bruno D’Amicis, 43 anni, vincitore di prestigiosi premi internazionali quali il World Press Photo e il Wildlife Photographer of the Year.

Cosa la stupisce, la sorprende di più ogni volta che si confronta con la natura?

Ho 43 anni e ho la stessa curiosità di quando ho cominciato a scoprire la natura. Ogni viaggio, anche quello dietro casa, non necessariamente dall’altra parte del mondo, mi stupisce. Anche quando osservo il cambio delle stagioni o la lucertola che prende il sole oppure guardo le rondini che fanno i loro nidi, nonostante abbia visto da vicino leoni e altre specie animali diciamo così più impattanti. Quello che è straordinario e che mi commuove ogni volta è vedere come la vita sia inarrestabile e come si adatti veramente a ogni condizione, anche le più avverse, come possono essere quelle del deserto o di contesti anche molto degradati.

Un punto fondamentale nella sua fotografia lo occupa la conservazione della biodiversità…

Penso che ormai l’arte per l’arte nel mondo naturalistico non abbia più spazio, ma sia arrivato il tempo di un’arte più militante: non esiste angolo del pianeta che non sia a rischio a causa del cambiamento climatico. Rappresentare solo il bello non è, quindi, più sufficiente a sensibilizzare le persone nei confronti di questa tematica, accanto alle foto serve un messaggio forte, una sorta di “chiamata alle armi”, perché il pianeta non può più aspettare e noi non possiamo continuare imperterriti per la nostra strada come se il problema non ci riguardasse.

C’è un luogo, o anche più d’uno, in Italia da salvare secondo lei perché particolarmente a rischio dal punto di vista della biodiversità?

Certamente l’Appennino centrale, cui sono molto legato, dove ci sono grandi animali e antiche foreste assolutamente da preservate; le coste della nostra Penisola, dove rimangono pochissime spiagge e dune veramente intatte; e poi direi i nostri fiumi: fra canalizzazioni e sparizione di molti pesci, spesso a causa dell’introduzione di specie non autoctone, stiamo perdendo molta biodiversità. La manomissione umana è purtroppo in aumento e i cambiamenti negli ecosistemi sono rapidissimi negli ultimi anni.

Serpente nel deserto

Il deserto rappresenta uno dei luoghi che più ha ispirato i lavori del fotografo italiano (Foto: Bruno D’Amicis).

C’è un ambiente, un luogo che più di altri l’ha lasciata senza fiato?

In Italia, il Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise, che festeggia quest’anno i cento anni e che per me è un po’ come una casa, zona di studio e di lavoro. Una delle aree più straordinarie in Europa per la vicinanza uomo-natura. All’estero direi, invece, il deserto del Sahara: fra Algeria e Tunisia ho provato sensazioni inusitate e ho subito tutto il fascino di un ambiente apparentemente così ostile e in cui ci si sente davvero tanto piccoli. Un luogo che mi ha levigato dentro e che mi ha fatto vivere alcune delle esperienze più forti della mia vita e in cui purtroppo, anche lì, la biodiversità fra le meno tutelate al mondo, sta sparendo.

L’animale, invece, in natura – ne ha fotografati tanti – che l’ha finora più sorpresa e affascinata?

Forse il lupo. Ci ho lavorato tanto per la realizzazione del libro Tempo da lupi eppure continua a rivelarmi aspetti sempre nuovi. Uno dei ricordi più belli che ne ho è stato osservare i lupi giocare sul bagnasciuga della Maremma.

Lupo sulla spiaggia

D’Amicis ha dedicato un importante lavoro al lupo, che lo ha portato alla realizzazione del libro “Tempo da lupi” (Foto: Bruno D’Amicis).

Che consigli si sente di dare a ciascuno di noi per mettersi veramente in ascolto della natura e beneficiare così delle emozioni e delle sensazioni di benessere che solo essa è in grado di donarci?

L’osservazione della natura richiede pazienza e tempo, qualcosa a cui siamo sempre più disabituati in un’epoca in cui siamo spesso di corsa e guardiamo superficialmente le cose. Quanto tempo dedichiamo a contemplare, non in modo passivo ma cercando di definire i cambiamento di luce, di suoni, di stagioni, l’ambiente naturale che ci circonda, che sia un bosco o semplicemente un albero sotto cui stiamo seduti? Il contatto con la natura ci fa stare bene, la natura aiuta a creare pace dentro di noi e ci avvicina a noi stessi.

volpe

“La natura – spiega D’Amicis – aiuta a creare pace dentro di noi e ci avvicina a noi stessi” (Foto: Bruno D’Amicis).

Sta lavorando a qualche nuovo progetto? Cosa bolle in pentola?

Sto lavorando, insieme a due colleghi, a un progetto a cui tengo tantissimo, L’orso e la formica, dedicato all’osservazione scientifica e alla narrazione in modo innovativo dell’orso nell’Appennino e dei legami con il suo ambiente, talvolta sorprendenti e che ignoriamo completamente. Un altro progetto molto importante a cui sto lavorando è Mediterraneo, dedicato alle ultime aree selvagge del Mare Nostrum, dove, siamo molto antropizzato, culla della nostra civiltà, si trovano ancora aree selvagge di cui nessuno immaginerebbe l’esistenza.

Progetti che ne seguono altri già completati e altrettanto importanti dedicati alla sensibilizzazione e alla salvaguardia degli habitat naturali, come ForestBeat, dedicato al complesso ecosistema, ricco di vita, delle faggete più antiche d’Europa, custodite nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e riconosciute dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’Umanità, e L’Altro Versante.

Quest’ultimo è il primo progetto multimediale interamente dedicato al paesaggio naturale italiano: immagini uniche e inedite, di grande impatto visivo, accompagnate da storie avvincenti attraverso lo sguardo e l’esperienza di grandi firme della fotografia che raccontano un’Italia diversa coinvolgendo in questa grande narrazione il grande pubblico con lo scopo di rendere anche più consapevoli le persone della grande ricchezza naturalistica e paesaggistica del nostro Paese e sensibilizzarle alla sua salvaguardia. 

Vincenzo Petraglia

© Riproduzione riservata
Altri contenuti su questi temi: , , ,
Continua a leggere questo articolo:
CONOSCI IL PERSONAGGIO