Per contratare la crisi climatica occorre innanzitutto promuovere azioni che possano sia intervinire sulle cause del problema che attenuarne gli effetti negativi. I benefici non sono solo umani, ma anche economici
Mitigazione e adattamento sono due aspetti egualmente importanti nel novero delle azioni contro il cambiamento climatico e che dovranno essere condotte con uguale costanza per affrontare situazioni sempre più critiche. La crisi climatica, come ormai abbiamo compreso, influisce su diversi aspetti della vita quotidiana. Se non si attueranno interventi capaci di ridurne le conseguenze assisteremo ad effetti collaterali sempre più tragici. Secondo quanto riporta l’Organizzazione mondiale della Sanità, tra il 2030 e il 2050 i cambiamenti climatici causeranno circa 250mila morti in più all’anno, dovuti a malnutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo. Le condizioni meteorologiche estreme hanno causato il 9,4% di tutti i decessi a livello globale tra il 2000 e il 2019, riporta uno studio della Monash University. Il cambiamento climatico è una minaccia per il futuro dell’umanità. Ma la buona notizia è che siamo ancora in tempo per adattarci e mitigarne gli effetti.
Mitigazione e adattamento: significato e differenze
Il riscaldamento globale è anche la causa della più grande crisi ambientale della storia, a causa della velocità senza precedenti con cui si sta manifestando. Dal 1880, la temperatura media globale è aumentata di 0,85 °C, il livello del mare è salito di 19 cm e l’Artico ha perso 1,07 milioni di km2 di ghiaccio per decennio, secondo l’IPCC. Purtroppo le cifre sono in continua evoluzione.
Poste queste cifre, va spiegato cosa si intende per mitigazione e adattamento. Come illustra l’Agenzia europa per l’ambiente, con adattamento sono compresi tutti gli interventi capaci di anticipare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici e intraprendere azioni appropriate per prevenire o ridurre al minimo i danni che possono causare, o sfruttare le opportunità che possono presentarsi. Esempi di misure di adattamento sono i cambiamenti infrastrutturali su larga scala, come la costruzione di difese per proteggersi dall’innalzamento del livello del mare, e i cambiamenti comportamentali, come la riduzione degli sprechi alimentari. In sostanza, l’adattamento può essere inteso come il processo di adeguamento agli effetti attuali e futuri del cambiamento climatico.
Quando, invece, si parla di mitigazione s’intendono le azioni capaci di rendere meno gravi gli impatti dei cambiamenti climatici prevenendo o riducendo l’emissione di gas a effetto serra nell’atmosfera. La mitigazione si ottiene riducendo le fonti di questi gas, per esempio aumentando la quota di energie rinnovabili, promuovendo un sistema di mobilità più green oppure migliorando lo stoccaggio di questi gas, per esempio, promuovendo la tutela e l’aumento di boschi e delle foreste.
In pratica la differenza tra le due strategie è che la mitigazione punta ad affrontare le cause e a ridurre al minimo i possibili impatti del climate change, mentre l’adattamento si occupa di come ridurre gli effetti negativi e di come sfruttare le opportunità che si presentano. Sono due facce della stessa medaglia,
Già a partire dall’Accordo di Parigi, adattamento e mitigazione trovano posto nelle misure previste. Ribadisce che i Paesi sviluppati devono assumere un ruolo guida nel fornire assistenza finanziaria ai Paesi meno dotati e più vulnerabili, stanziando finanziamenti necessari sia per la mitigazione, in particolare per ridurre in modo significativo le emissioni, sia per adattarsi al clima che cambia e agli effetti negativi.
Mitigazione e adattamento: le azioni possibili e l’utilità di azioni in sinergia
Quali possono essere misure efficaci di mitigazione e adattamento? In tema di adattamento possono essere, per esempio, la protezione delle foreste, la migliore gestione del suolo (evitando il progressivo consumo e cementificazione), l’attenzione nella progettazione di infrastrutture ed edifici che siano resilienti, interventi per mitigare il rischio alluvioni e di protezione del sistema dell’approvvigionamento alimentare; a questi vanno aggiunti anche piani aziendali e l’impegno della comunità.
Per quanto riguarda invece opere di mitigazione, innanzitutto occorre promuovere l’efficienza energetica e l’uso di energia da fonti rinnovabili, la cogenerazione (ovvero la produzione combinata di energia elettrica e termica), mobilità sostenibile, la cattura e uso di CO2.
Ci sono poi interventi che riguardano entrambi gli aspetti: le infrastrutture verdi, la generazione energetica distribuita, l’adozione di politiche di trasporto urbano resiliente (promuovendo la mobilità attiva, pedonale e ciclabile), misure per la conservazione dell’acqua e dell’energia, l’agricoltura a basso impatto.
I vantaggi, anche economici
I cambiamenti climatici si traducono in perdite di vite umane, ma anche economiche. Investire in misure di adattamento al cambiamento climatico quanto più mirate potrebbe avere un effetto positivo. Secondo la Global Commission on Adaptation, investire 1.800 miliardi di dollari a livello globale in cinque ambiti dal 2020 al 2030 potrebbe generare 7.100 miliardi di dollari di benefici netti totali. Essi sono i sistemi di allerta precoce, le infrastrutture resistenti al clima, il miglioramento dell’agricoltura delle zone aride, la protezione delle mangrovie e gli investimenti per rendere le risorse idriche più resilienti.
Anche investire sull’azione mitigatrice apporta benefici economici. Un esempio lo fornisce lo studio condotto dall’istituto nazionale statunitense di scienze delle costruzioni, la cui analisi suggerisce che per ogni dollaro speso per i costi iniziali di mitigazione se ne guadagnano sei.
Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici: cosa si fa in Italia
Gli effetti dei cambiamenti climatici trovano particolarmente esposta l’Italia. Solo considerando frane e alluvioni, il 91% dei Comuni nazionali sono a rischio. In Europa siamo il primo Paese per numero di frane: delle 900mila censite nelle banche dati dei paesi europei, due terzi sono contenute nell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia, rileva ISPRA. Occorre quindi fare interventi previsionali e piani specifici. Il nostro Paese risulta avere un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, “in via di approvazione” però dal 2018.
Nei giorni in cui è avvenuta l’ennesima tragedia – quella del ghiacciaio della Marmolada – legata al clima, non sono mancate polemiche su questo aspetto. E dire che l’Europa ha lanciato nel 2013 la prima strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici, cui il nostro Paese ha risposto con una strategia nazionale. Ma dal 2012 a oggi manca l’attuazione concreta tramite un piano nazionale, ancora fermo.
C’è però chi si è mosso invece per tempo: è il caso della città di Bologna che ha predisposto nel 2015 un proprio piano, uno strumento volontario di pianificazione che promuove misure di adattamento per rendere il territorio meno vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico. Bologna è una tra le prime città pilota in Italia a predisporre gli strumenti necessari ad affrontare la sfida del cambiamento climatico. Tale piano di adattamento si sviluppa su tre temi principali: siccità e carenza idrica, ondate di calore in area urbana, eventi estremi di pioggia e rischio idrogeologico. Per ciascuno dei tre temi si è cercato di delineare degli obiettivi generali di lungo periodo in grado di rendere misurabile e monitorabile l’attuazione del Piano.
Sono state quindi individuate le azioni operative, che spaziano dalla valorizzazione delle aree verdi per ridurre l’impatto delle ondate di calore, ai miglioramenti della risposta idrologica della città.
Andrea Ballocchi