È uno degli amministratori delegati più giovani del nostro Paese, a capo dell'innovativa azienda di telefonia mobile iliad, che oggi conta ben sei milioni di utenti, e di una generazione che chiede spazio per cambiare l'Italia
In Italia, è noto, c’è un’atavica resistenza al nuovo che avanza, soprattutto quando quel nuovo è rappresentato dai giovani. Forse per attaccamento alla tradizione, forse per rifiuto da parte delle “teste grigie” a cedere, mediamente un po’ in tutti i settori, le poltrone alle nuove leve in quelle stanze dei bottoni dove si prendono decisioni importanti per un Paese o un’azienda. Ma il nuovo avanza, per fortuna, inesorabilmente, anche in Italia, sebbene in maniera un po’ più lenta rispetto ad altri paesi, e sempre più a prendere le redini ad alti livelli saranno nei prossimi anni i Millennials e a ruota i ragazzi e le ragazze della Generazione Z. Benedetto Levi, ceo di iliad Italia, è sicuramente fra questi, visto che dal 2018, da quando aveva cioè 29 anni, è diventato uno dei più giovani amministratori delegati in carica nel nostro Paese, chiamato a guidare lo sbarco in Italia di un’azienda che ha rivoluzionato il settore, oggi quarto operatore di telefonia mobile nostrano con sei milioni di utenti, 450 dipendenti, 13 uffici e 18 iliad Store sparsi per lo Stivale, e che da qui al 2050 metterà in campo un bel po’ di investimenti per contrastare l’emergenza climatica.
Con lui in quest’intervista parliamo di tante cose. Di come si arriva, così giovani e nonostante si sia in Italia, a ricoprire un ruolo così prestigioso, di quali sono le sfide più impellenti per le aziende che guardano al futuro, di innovazione e sostenibilità, di come si trasforma un’idea in un business vincente in un Paese come il nostro con uno dei tassi di mortalità di startup più alti d’Europa.
Ci spiega che cos’è il programma “Zero emissioni” di iliad?
Il Gruppo iliad si è impegnato a lungo termine per raggiungere l’obiettivo di azzerare le proprie emissioni di carbonio distinguendo in questo percorso tre tappe principali: il 2021 anno da cui il 100% dell’energia elettrica consumata proviene da fonti rinnovabili (la cosiddetta “carbon neutrality” secondo l’approccio statico), il 2035 anno entro il quale puntiamo ad abbattere le emissioni dirette di carbonio (cioè quelle derivate dall’attività strettamente aziendale e da fonti che l’azienda possiede o controlla direttamente), e il 2050, anno entro il quale puntiamo ad azzerare anche le principali emissioni indirette (generate da soggetti terzi coinvolti nella catena produttiva dell’azienda e dei fornitori).
Fra i dieci punti del vostro programma, c’è quello di investire in depositi di carbonio…
Sì, in tal modo, investendo in depositi di carbonio, sviluppiamo progetti dedicati a sostenere depositi naturali per l’assorbimento del carbonio presente nell’atmosfera, come ad esempio foreste e oceani, per bilanciare le nostre emissioni, dando così un contributo importante nel contrastare l’effetto serra. Fra gli altri punti fondamentali, c’è l’utilizzo di tecnologie e componenti all’avanguardia nello sviluppo delle nostre reti così da renderle più efficienti anche e soprattutto dal punto di vista dei consumi, e attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili per l’approvvigionamento di energia elettrica.
Nei prossimi quindici anni investiremo un miliardo per ridurre il nostro impatto ambientale e per azioni a compensazione delle nostre emissioni di carbonio. Svilupperemo inoltre degli accordi specifici, definiti PPA (Power Purchase Agreement) che ci permetteranno di contribuire direttamente alla nascita di impianti di produzione di energia pulita su tutto il territorio, assicurandoci al tempo stesso di poter acquistare l’energia rinnovabile prodotta e utilizzarla per le nostre attività.
In che modo, e attraverso quali servizi, le Telco potranno favorire una vita sempre più sostenibile? Molti pensano ancora che investire in sostenibilità sia soltanto un costo per l’azienda. Invece?
Gli operatori di telefonia sono oggi protagonisti di un importante cambiamento che interessa l’intera società e possono trasformare il modo in cui lavorano affiancando agli obiettivi di business e soddisfazione del mercato, gli obiettivi di sostenibilità ambientale. La tecnologia del 5G, ad esempio, agevolerà condizioni che comportano una diminuzione dell’impatto ambientale: basti pensare al telelavoro o alla telemedicina come possibilità per diminuire fortemente gli spostamenti e l’inquinamento che ne consegue. Le aziende sono sempre più consapevoli del valore delle proprie azioni al fine di creare un sistema economico responsabile. È una visione che non prescinde dagli obiettivi di business, ma ne tiene conto in un’ottica ben più ampia.
La transizione che stiamo vivendo, accelerata dalla pandemia, porterà fra le altre cose a una situazione in cui si stima che circa l’80% della popolazione lavorativa sarà in smart working. Per sostenere questo carico le telecomunicazioni diventeranno un po’ come il sistema nervoso della società. Con quali benefici e rischi?
La pandemia ha sicuramente reso evidente quanto la connessione, e pertanto la tecnologia, siano importanti per le nostre vite. Iliad e le aziende di telecomunicazione in generale, agiscono come abilitatori per permettere all’intera società di progredire in modo positivo anche attraverso la tecnologia. Il telelavoro è solo la punta dell’iceberg: avere un Paese più connesso comporta molti e ulteriori sviluppi, basti pensare al sistema sanitario, ai sistemi logistici e di produzione, così come alla gestione del traffico urbano. I rischi che vedo in questo momento sono piuttosto legati a potenziali ritardi che l’Italia potrebbe registrare rispetto ad altri paesi. Si tratta di un tassello fondamentale per il nostro sviluppo.
Lei, contrariamente a quanto avviene in genere in Italia, è diventato amministratore delegato giovanissimo. Cosa pensa di avere in più rispetto ad altri suoi coetanei italiani per essere riuscito in questa “impresa”? Che qualità bisogna avere per scalare così velocemente la vetta di un’azienda?
Penso che sia necessario avere le idee molto chiare su dove si vuole andare e cercare di perseguire la propria strada con determinazione, oltre a essere pronti a cogliere le opportunità che si presentano. È un mix di motivazione, decisione e fortuna.
Cosa ostacola nel nostro Paese il passaggio di consegne nelle stanze dei bottoni dalla vecchia guardia alle nuove generazioni?
Credo che i giovani possano portare grande valore in qualsiasi ambito e mi auguro che sempre di più l’età non venga intesa come un fattore discriminante, sia in un senso che nell’altro, ma che si riesca a dare valore alle idee prescindendo dall’età di chi le propone.
Certamente la vostra è una realtà mediamente molto giovane, ma va con i suoi “sottoposti” più anziani?
Il team iliad ha un’età media di 36 anni. Abbiamo persone di differenti background ed esperienze, e questa diversità arricchisce il valore del gruppo. Il confronto aperto tra colleghi, in iliad, è un valore basato sulla possibilità di poter imparare l’uno dall’altro.
Un buon leader che qualità deve avere secondo lei?
Un buon leader sa ascoltare e mettere le persone con cui lavora nella condizione di potersi esprimere liberamente, creando un’ambiente positivo e assicurandosi che tutti abbiano a cuore la soddisfazione degli utenti finali.
Prima di arrivare in iliad ha sperimentato il mondo delle startup. Cosa si sente di consigliare – dato anche l’alto tasso di “mortalità” delle nuove imprese in Italia – a chi vuole avviare un nuovo progetto imprenditoriale?
Consiglio di domandarsi sempre, prima di avviare un progetto, quanto quello che si sta facendo risponda davvero alle esigenze reali delle persone. Successivamente, a progetto avviato, consiglierei di proseguire con decisione e perseveranza senza risparmiarsi ma rimanendo pronti a mettere in discussione le proprie idee. Talvolta le soluzioni che funzionano non sono quelle che avevamo in mente.
Vincenzo Petraglia
>>>LEGGI ANCHE>>> La maggior parte delle startup è destinata a fallire? Vi spiego come crearne una di successo