Wise Society : James Irvine: il silenzio su un designer gentile

James Irvine: il silenzio su un designer gentile

di Chiara Bondioli
10 Aprile 2013

A febbraio è mancato il designer londinese e da tempo residente a Milano. Una firma importante del design internazionale che pochi hanno ricordato. Anche nei giorni ad alto tasso di design del Salone del Mobile, la sua città d'adozione sembra aver perso la voce ( e la memoria)

Anche in questi giorni che, in occasione del Salone del Mobile, le strade e gli spazi di Milano si trasformano in un grande teatro per i talenti del design internazionale, non ho sentito alcun ricordo rivolto a uno dei protagonisti di questo mondo che purtroppo è mancato prematuramente a febbraio. Mi riferisco a James Irvine, designer gentile e innovativo, londinese di nascita che dopo il diploma al Royal College of Art, si era trasferito nel 1984 a Milano. Qui aveva lavorato per Olivetti e collaborato con Ettore Sottsass e Michele De Lucchi per poi aprire nel 1988 il suo studio.

Ha disegnato per Alias, Artemide, B&B Italia, Coro, Muji, Thonet e tante altre griffe internazionali, ma la sua caratteristica è sempre stata quella dell’understatement e non, come molti suoi colleghi, quella del protagonismo. Così me lo ricordo a novembre del 2012, quando l’ho visto tra i partecipanti di un’asta promossa da Valcucine per dare un contributo di solidarietà ai terremotati dell’Emila Romagna. Nello showroom dell’azienda friulana erano stati riuniti pezzi unici, prototipi, disegni, acquerelli e schizzi regalati per l’occasione da architetti, designer e aziende; i proventi dell’asta sarebbero stati consegnati a una squadra di ciclisti che da Modena doveva giungere in serata a Milano per ritirare i fondi raccolti.

Io ero lì con un’amica e, tra tra le opere proposte, siamo rimaste colpite proprio dalla sua, la sola ideata espressamente per ricordare le vittime del sisma dove con un tratto delicato sono disegnati i ciclisti osservati da una ventina di volti, tanti  i morti del terremoto, che spuntano da una nuvola in cielo. Quando il pezzo è stato aggiudicato, io mi sono girata e ho chiesto a Irvine, che era seduto dietro di noi, di autografarlo; lui, quasi intimidito, ha firmato e con un sorriso ci ha ringraziato di aver acquistato il suo disegno. Non l’avevo mai visto prima, ma quella generosità e delicatezza mi ha colpito e mi ha fatto pensare che fosse una persona perbene, merce rara di questi tempi.

E ora che anche lui ha raggiunto tra le nuvole quelle figurine tenui, mi chiedo il perché di tanto silenzio, dai colleghi, dai giornali e dalla città che lo aveva adottato. Forse la morte di un designer low profile che aveva fatto della gentilezza il suo tratto espressivo non è considerata una notizia degna di nota.

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