Formiche e muffe diventano modelli per bio smart-city partecipate da uomo e natura: ci lavora Claudia Pasquero, architetto co-fondatore di ecoLogicStudio
Formiche, funghi, api, cianobatteri… Il modello su cui ripensare le città e renderle sostenibili passa da una visione più organica, capace di coniugare biologia e digitale, traendo energia da alghe e batteri. Si tratta di creare infrastrutture naturali, attualizzando l’Internet delle Cose tramite interconnessioni biologiche; in altre parole interpretare piante e specie animali come biosensori urbani. Questo è, in sintesi, un filone nuovo dell’architettura che sta prendendo piede e che ha tra i suoi massimi esponenti Claudia Pasquero e Marco Poletto, architetti e co-fondatori di ecoLogicStudio, a Londra.
A Londra Claudia dirige anche l’Urban Morphogenesis Lab, alla Bartlett UCL; tiene conferenze a livello internazionale, è professore di Architettura del Paesaggio all’università di Innsbruck e docente allo IAAC in Barcellona; ha collaborato con professionisti e istituzioni di riferimento internazionale, uno tra tutti il Sensable City Lab, diretto da Carlo Ratti. In Estonia ha curato la Biennale di Architettura di Tallinn, appena conclusa. È stata inserita nella Wired Smart List 2017 tra le dieci personalità al mondo in grado di influenzare positivamente la visione del domani con le proprie idee e progetti. Nell’anno in corso ecoLogicStudio è stato impegnato nella progettazione del BIOtech Hut all’Astana Expo 2017, in Kazakistan, e in due progetti danesi: l’Aarhus Wet City e lo Urban Algae Folly ad Aarhus.
RIPENSARE L’ARCHITETTURA SUL MODELLO…DI UNA MUFFA – Ma dove nasce l’interesse di coniugare biotecnologie e pensiero computazionale alla concezione architettonica? «L’idea da cui siamo partiti è superare il paradigma che spesso vede l’ecologia usata superficialmente come strumento per risolvere le criticità che affliggono la città – afferma Pasquero – Un esempio è l’inquinamento, un problema che va affrontato interpretando gli elementi inquinanti e “metabolizzandoli” attraverso determinati processi, sperimentando soluzioni di design locali in grado di rielaborarli». Da qui si è sviluppata l’idea propria di ecoLogicStudio, che lavora da anni con organismi viventi: «da cinque anni studiamo un particolare organismo unicellulare, Physarum polycephalum, una muffa considerata da molti scienziati come il prossimo computer biologico, una forma di intelligenza bio-artificiale, un modo di programmare tramite la biologia». Questo mixomiceto pur non avendo un cervello, è comunque capace di sfruttare una memoria spaziale. Infatti, «pur essendo unicellulare, comprende milioni di nuclei, è in grado di sviluppare schemi che processano informazioni ottimizzando le risorse a disposizione – spiega l’architetto – È un modo di pensare analogo a quello che sta dietro all’ideazione del masterplan per la programmazione di un territorio. Solo che non parte da una visione “dall’alto”, come solitamente avviene a livello urbanistico, bensì da una “intelligenza collettiva”, quindi dallo scambio d’informazioni tra un nucleo e l’altro e passando poi a un’ottimizzazione dell’idea primigenia che è frutto di relazioni locali». Un modo, quindi, di visione partecipata nell’elaborare concetti che era la base dell’architettura pre industriale, un modo condiviso e davvero ecosostenibile, in quanto affine ai meccanismi propri della natura.
ALGHE E FUNGHI PER COSTRUIRE E RIQUALIFICARE L’ESISTENTE – Si arriva così alla modalità progettuale di ecoLogicStudio, che «parte dal superamento dell’idea lineare caratteristica della città tradizionale e va verso una nuova visione dell’architettura che superi la visione tradizionale tipica della progettazione di un edificio o di un quartiere e diventi un sistema di relazioni tra la cosiddetta Urbansphere, un sistema di infrastrutture che permette la sopravvivenza delle città, e la Biosphere, che invece ha a che fare con le infrastrutture naturali». Illustra Claudia Pasquero. In pratica questo pensiero vede anche l’unione di elementi vivi all’interno di sistemi inerti architettonici, come possono essere le microalghe di BIO.tech HUT, un padiglione all’Expo 2017 di Astana che testa un sistema innovativo per la coltivazione di alghe in città. Ma dietro al concept vi sono presupposti concreti: le alghe, infatti, entrano in gioco per produrre energia e cibo del futuro – la spirulina già oggi è in commercio – consumando CO2. Il tutto all’interno della città, che così vede concentrate in sé tutte le parti essenziali per la vita. Questa è la vera essenza della bio-smart city: un concetto adattativo e vivo, in cui utilizzare anche quanto di buono possano offrire le tecnologie e i materiali d’interesse contemporaneo.
GUARDRE AL MODELLO DELLE FORMICHE – E il prossimo anno vedrà Claudia
Pasquero attiva nel portare avanti queste idee, che passano anche dalla possibilità di rigenerare quanto già esistente: «lo intendiamo come una riqualificazione completa dell’infrastruttura esistente. Per esempio, a Tallin abbiamo considerato di riportare un edificio a una sorta di wilderness, ovvero riqualificandolo come sistema per l’allevamento di funghi mycellium (utile per creare materiali per la bioarchitettura) e bachi da seta (insetti commestibili), creando anche uno spazio pubblico che interagisca con la produzione. Così si può ripensare un edificio: come una struttura che ridiventa parte del paesaggio».
Sullo sfondo c’è un’idea complessiva di bio smart-city, un’evoluzione naturale della “città intelligente”: «quest’ultima opera esclusivamente con dati digitali, mentre la bio smart-city ragiona con le informazioni ottenibili da bio-sensori come piante o alghe; e poi cercando di definire come questi flussi d’informazioni possano definire la morfologia della stessa città». E parlando di biologia il riferimento migliorare cui prendere ispirazioni diventano i funghi o gli insetti: «le formiche sono forse più semplici da comprendere dato che sono più visibili delle muffe. Inoltre sono tra le forme più studiate di intelligenza collettiva, al pari delle api. Gli stessi formicai hanno una morfologia caratteristica a seconda della specifica specie, oltre ad avere caratteristiche bio-climatiche decisamente interessanti. Qui ritroviamo integrati i concetti di energia e design morfologico, dove estetica e funzione strutturale combaciano e dove l’intelligenza individuale possa collaborare alla realizzazione di un insieme armonico».