Wise Society : Lo Smart Working aiuta a ridurre le emissioni

Lo Smart Working aiuta a ridurre le emissioni

di Monica Giambersio
16 Ottobre 2023

Secondo un nuovo studio realizzato dalla Cornell University e da Microsoft, chi lavora a distanza può arrivare ad avere un’impronta di carbonio inferiore del 54% rispetto a chi si reca in sede

Lo smart working può contribuire non solo a migliorare la produttività e il benessere dei lavoratori, ma anche a ridurre in modo importante l’impatto ambientale. A dirlo è un nuovo studio realizzato dalla Cornell University e da Microsoft secondo cui chi lavora a distanza può arrivare ad avere un’impronta di carbonio inferiore del 54% rispetto a chi si reca in sede. L’analisi si è basata sugli studi della National Science Foundation e ha sfruttato i dati dei sondaggi di Microsoft, dell’American Time Use Survey, del National Household Travel Survey e del Residential Energy Consumption Survey. La ricerca è stata pubblicata su Pnas lo scorso settembre.

Donna che lavora in smart working

Foto Shutterstock

Smart working, lavorare da casa riduce le emissioni

Nello specifico, secondo gli studiosi, i lavoratori ibridi, che lavorano da casa da due a quattro giorni alla settimana, possono ridurre la loro impronta di carbonio di un valore compreso tra l’11% e il 29%. Questo dato però cala in modo importante se si lavora da casa solo un giorno a settimana. In questo caso la riduzione dell’impronta di carbonio è solo del 2%.

Tuttavia la ricerca precisa come il lavoro a distanza non comporti un azzeramento delle emissioni inquinanti e come i dati legati al lavoro ibrido non siano perfettamente lineari. Secondo il coordinatore dello studio, il professore di Ingegneria dei sistemi energetici Fengqi You, nonostante l’assenza di spostamenti comporti un risparmio di energia e riduca le emissioni legate ai trasporti, bisogna comunque sempre considerare molti altri fattori in gioco come, ad esempio, gli stili di vita.

L’impatto ambientale del lavoro: le emissioni sono legate a viaggi ed energia

Ma quali sono i fattori che incidono maggiormente sull’impatto ambientale dei lavoratori in sede e ibridi? Da questo punto di vista lo studio ha confermato ciò che già si poteva ipotizzare a livello intuitivo: i consumi dei lavoratori in sede e ibridi sono dovuti principalmente al tragitto casa-lavoro e al consumo energetico in ufficio.

Tuttavia il punto di forza della ricerca dell’università di Cornell e di Microsoft non è rappresentato da queste conclusioni, ma piuttosto dalla scelta di utilizzare dati provenienti da sondaggi e modelli che hanno preso in considerazione fattori a volte trascurati nel calcolo dell’impronta di carbonio, tra cui l’uso di energia residenziale correlata al tempo dedicato al lavoro, la distanza e la modalità di trasporto, l’utilizzo dei dispositivi di comunicazione, il numero di membri della famiglia e la configurazione dell’ufficio.

I risultati dello studio

La valutazione di tutti questi parametri ha portato i ricercatori ad alcune conclusioni:

  • I viaggi non pendolari, come i viaggi per attività sociali e ricreative, diventano più significativi con l’aumento del numero di giorni lavorativi da remoto.
  • La condivisione delle sedi tra i lavoratori ibridi può ridurre l’impronta di carbonio del 28%.
  • Gli effetti del lavoro da remoto e ibrido sulle tecnologie di comunicazione – come l’utilizzo di computer, telefono e Internet – hanno un impatto trascurabile sull’impronta di carbonio complessiva.
Un'illustrazione sullo smart working

Foto Shutterstock

Andare oltre lo smart working

In generale, secondo la ricerca, lo smart working rappresenta dunque uno strumento ad alt potenziale per ridurre l’impronta di carbonio. Tuttavia, per massimizzare i benefici di questo strumento, è necessario adottare una visione olistica che sappia abbinare il lavoro da remoto o ibrido a interventi sul miglioramento dello stile di vita e dell’ambiente di lavoro in azienda.

Tutte le imprese stanno infatti puntando su obiettivi sempre più sfidanti come la neutralità climatica, ma per valutare i risultati raggiunti non basta considerare la riduzione di consumi legata all’assenza del lavoratore dalla sua scrivania in ufficio. Bisogna invece andare oltre, ampliare lo sguardo e concentrarsi anche su altre iniziative come l’incentivazione del trasporto pubblico rispetto all’utilizzo della macchina o il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici adibiti ad uffici.

Monica Giambersio

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