Riportare in salute i suoli degradati, rendendoli più fertili, produttivi e resilienti: questo è il principio cardine di questo modello agricolo che si adatta alla crisi climatica, mitigandola
L’agricoltura ha un impatto ambientale significativo. Basti pensare che contribuisce a oltre il 10% delle emissioni di anidride carbonica dell’Unione europea, per non parlare dell’impatto in termini di consumo di suolo, inquinamento ed eutrofizzazione delle falde acquifere per l’uso di fitofarmaci e fertilizzanti, consumo delle risorse, emissioni di ammoniaca (che contribuiscono, a loro volta, al particolato atmosferico secondario). Ecco perché c’è bisogno di ripensare il modello agricolo. L’agricoltura rigenerativa aiuta in questo.
Cos’è l’agricoltura rigenerativa
Cominciamo con la definizione di agricoltura rigenerativa: è un approccio alla gestione delle aziende agricole mirato a ripristinare i suoli degradati. In altri termini, è un’agricoltura sostenibile che mira a ricostruire la materia organica del suolo e ad accrescere la sua biodiversità, aumentando sensibilmente la quantità di anidride carbonica prelevata dall’atmosfera, innalzando notevolmente la fertilità del terreno e il ciclo idrico.
Lo spiega il Center for Regenerative Agriculture and Resilient Systems della California State University, sostenendo che l’agricoltura rigenerativa è una pratica olistica di gestione del territorio che sfrutta il potere della fotosintesi nelle piante per chiudere il ciclo del carbonio e ricostruire la salute del terreno, la resilienza delle colture e la densità dei nutrienti. Essa migliora la salute e la materia organica del terreno, mediante l’attuazione di pratiche agricole specifiche. Questo non solo aiuta ad aumentare la salute del biota del suolo, ovvero la sua componente vitale, ma ne incrementa la biodiversità. Inoltre, incrementa sia la capacità di trattenere l’acqua che di sequestrare il carbonio a profondità maggiori, riducendo così i livelli di CO2 atmosferica. È anche un modo per invertire il fenomeno del consumo di suolo.
Principi fondamentali e tecniche dell’agricoltura rigenerativa
L’agricoltura rigenerativa mette in pratica questi principi generali attraverso una serie di tecniche, molte delle quali hanno una storia addirittura millenaria. È il caso della rotazione delle colture, cioè dell’alternanza tra diverse piante sullo stesso terreno, volta a migliorare la salute del suolo, ridurre l’accumulo di parassiti e malattie specifiche e migliorare la disponibilità di nutrienti per le piante. È l’opposto rispetto alle monocolture intensive che incrementano il più possibile le rese ma, così facendo, impoveriscono rapidamente il suolo.
Altrettanto importante è consumare in modo efficiente l’acqua, attraverso la semplice raccolta dell’acqua piovana ma anche tecnologie più avanzate, come l’irrigazione a goccia. In una logica di sostenibilità, nessuna risorsa va sprecata: ecco quindi che rifiuti organici e scarti della lavorazione agricola diventano compost.
Benefici dell’agricoltura rigenerativa per il suolo
Quello di migliorare le condizioni del suolo è l’obiettivo numero uno dell’agricoltura rigenerativa. Un obiettivo che si articola in tanti benefici concreti:
- aumento della fertilità, grazie all’apporto di sostanze nutritive come l’azoto;
- incremento del contenuto di carbonio, attraverso l’aggiunta di compost, letame e altre sostanze organiche;
- migliore capacità del suolo di trattenere l’acqua e dunque saper reggere anche periodi di siccità;
- minore tendenza all’erosione, grazie all’aratura ridotta al minimo indispensabile o a tecniche come il pascolo gestito;
- sequestro del carbonio, funzionale a ridurre i livelli di CO2 in atmosfera e dunque mitigare i cambiamenti climatici;
- tutela e arricchimento della biodiversità, con la presenza di insetti, lombrichi e altri invertebrati;
- maggiore resilienza a piogge intense, ondate di siccità prolungate e altri eventi meteo estremi.
Differenze e similitudini tra agricoltura organica e rigenerativa
Dopo decenni di strapotere del modello agricolo intensivo, si stanno scoprendo – o riscoprendo – approcci più sani, rispettosi del Pianeta e del suo futuro. Anche su Wise Society ne parliamo spesso. È però importante saper usare i termini giusti, perché esistono modelli che magari puntano allo stesso obiettivo generale ma lo fanno con metodi, tecniche e priorità differenti.
L’agricoltura organica, o biologica, è una tecnica agricola che tende a eliminare i pesticidi e i fertilizzanti di sintesi o, per lo meno, a ridurli al minimo indispensabile. Oppone un netto no anche agli organismi geneticamente modificati (ogm). Per riuscire comunque a tutelare le rese agricole prevenendo le infestazioni, si affida a metodi naturali: compost e letame come fertilizzanti, rotazione delle colture, controllo biologico dei parassiti. Un alimento può essere definito biologico solo se possiede una certificazione, rilasciata a fronte del rispetto di un disciplinare.
Anche l’agroecologia rientra sempre nella sfera dell’agricoltura sostenibile, ma è un approccio più ampio che si basa su una visione olistica del sistema alimentare. La rigenerazione del suolo dunque è uno degli obiettivi, alla pari però di altre dimensioni sociali, come la sovranità alimentare, l’equità, il coinvolgimento delle comunità agricole nei processi decisionali, la giusta ripartizione delle risorse.
Ancora diversa è l’agricoltura aeroponica: in questo caso il suolo – che è il focus dell’agricoltura rigenerativa – non è nemmeno impiegato, perché le piante crescono all’interno di apposite serre, con le radici sospese nell’aria. Questo è possibile perché acqua e nutrienti vengono spruzzati direttamente sulle radici, fornendo loro esattamente le quantità di cui hanno bisogno.
Applicazioni pratiche dell’agricoltura rigenerativa: esempi di successo
Uno dei volti – anche mediatici – dell’agricoltura rigenerativa è Richard Perkins, ideatore e anima di Ridgedale Farm. L’azienda agricola sorge in Svezia – come dice lui stesso, “in che middle of nowhere” – ed è stata messa in piedi con un budget limitato. Oltre a essere un laboratorio pratico di agricoltura rigenerativa, è anche un centro educativo che organizza varie attività laboratoriali.
Dall’altra parte dell’oceano, in Brasile, c’è Balbo Group: una coltivazione di canna da zucchero a gestione familiare che, dopo decenni di pratiche agricole che avevano ben poco di sostenibile, è stata completamente riconvertita. Ci sono voluti anni di rodaggio ma, oggi, la resa supera del 20% quella della coltivazione convenzionale di canna da zucchero, facendone uno degli esempi più riusciti di agricoltura rigenerativa.
Agricoltura rigenerativa in Italia e in Europa
C’è un’organizzazione non governativa che diffonde le conoscenze legate all’agricoltura rigenerativa in Italia, anche collaborando con il mondo della ricerca scientifica: si chiama Deafal ed è attiva dal 2010. Da allora, ha formato oltre 4.500 agricoltori e seguito in campo circa 200 aziende agricole in tutto il Paese. Deafal ha registrato il logo “agricoltura organica e rigenerativa”, pubblicando anche una carta dei princìpi e dei valori.
In Europa l’agricoltura rigenerativa è al centro di vari progetti co-finanziati dalle istituzioni dell’Unione, come per esempio EIT Food o Regagri4Europe.
Altre tecniche innovative e sostenibili per migliorare la fertilità del suolo
Un altro approccio che ha un evidente impatto benefico sulla salute del suolo è l’agroforestazione. Si tratta dell’opposto rispetto alle monocolture intensive, perché si viene a creare un ecosistema diversificato in cui le colture agricole convivono con alberi e arbusti. Ciò significa che gli alberi fanno ombra alle piante, le proteggono dal vento e dalle ondate di caldo, stabilizzano il terreno con le loro radici, lo arricchiscono grazie alle foglie che cadono e vanno in decomposizione. In un ambiente simile, la biodiversità animale e vegetale è libera di prosperare.
Se invece si vuole bonificare un territorio contaminato riportandolo a uno stato produttivo, si può fare ricorso alla cosiddetta bioremediation (in italiano, biorisanamento). Si tratta di una tecnica che fa uso di organismi viventi – principalmente batteri, funghi o piante – per rimuovere o neutralizzare i contaminanti presenti nel suolo, nelle acque o nei sedimenti.
Valentina Neri