Wise Society : Le conseguenze del cambiamento climatico sulla nostra dieta

Le conseguenze del cambiamento climatico sulla nostra dieta

di Fabio Di Todaro
10 Maggio 2016

Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista The lancet in base al quale nel 2050 cambierà la nostra dieta e molti decessi saranno da ricondurre agli effetti dei cambiamenti sulla produzione alimentare

Un pianeta più caldo. Ma soprattutto meno frutta e verdura a disposizione di tutti i consumatori, che nel 2050 potrebbero raggiungere la quota di nove miliardi. Eccole, le conseguenze del cambiamento climatico sulla salute dell’uomo. Prima fonte di ricaduta non può essere che la dieta, attraverso una riduzione della produttività delle colture. Il dato emerge da uno studio pubblicato su The Lancet e vale come un monito per tutti: o la svolta parte dalle piccole azioni o il rischio di rovinare irrimediabilmente il pianeta assumerà prospettive sempre più concrete. A incidere sono soprattutto le alte emissioni di gas serra, alla base dell’aumento globale delle temperature.

ECCO COME CAMBIERÀ LA DIETA PER IL TROPPO CALORE – Secondo i ricercatori dell’Università di Oxford, coinvolti in un programma di ricerca dedicato al futuro dell’alimentazione, lo scenario peggiore potrebbe prendere forma con un aumento annuo delle temperature pari a due gradi centigradi. Di questo passo nel 2050 il mondo avrà meno cibo a disposizione e dunque farà ancora più fatica a venire fuori dalla dicotomia che si vive a tavola nel terzo millennio: a chi troppo cibo e a chi quasi nulla. Ma le conseguenze saranno visibili anche prima, se entro la metà del secolo 529mila decessi – di cui 4600 soltanto in Italia – potrebbero essere ricondotti agli effetti dei cambiamenti sulla produzione alimentare. Le aree più colpite, se non ci sarà un’inversione di rotta, saranno il Pacifico occidentale e il Sudest asiatico. Non è difficile spiegare quali passaggi ci siano alla base di questi dati: ondate di calore e periodi di forte siccità, alternati a fasi di lunghe piogge torrenziali, si ripercuoteranno inevitabilmente sulla resa agricola e sulle condizioni di lavoro degli agricoltori. Anche la qualità del cibo sarà peggiore: ci saranno il quattro per cento in meno di frutta e verdura e lo 0,7 per cento in meno di carne rossa.

NEMMENO L’ITALIA È ESENTE DAI RISCHI – Una dieta più povera di frutta e verdura – e dunque di vitamine, fibre e sostanze ossidanti – sarà alla base del crollo dello stato di salute a livello globale. È noto, infatti, il ruolo di questi alimenti nella prevenzione dell’obesità e, di conseguenza, del rischio di sviluppare tumori e malattie cardiovascolari. Il minore apporto calorico, invece, porterà a due effetti contrastanti: in alcuni paesi ci sarà un aumento delle persone in condizioni di sottopeso, mentre nella società occidentale la riduzione delle persone in sovrappeso e obesità comporterà una riduzione della mortalità relativa. Tra i Paesi a rischio al primo posto c’è la Cina, mentre l’Italia si colloca in settima posizione: a dimostrazione di quanto anche l’area mediterranea non possa sentirsi al sicuro. Trattasi di stime e non di certezze, che invitano però a invertire quanto prima la rotta. Secondo Marc Springmann, ricercatore presso il dipartimento di salute pubblica all’Università di Oxford e prima firma dello studio, «occorre potenziare i programmi di sanità pubblica volti a prevenire gli effetti sulla salute legati ai cambiamenti climatici». Meglio sapere cosa ci aspetta. Siamo ancora in tempo per invertire la rotta.

@fabioditodaro

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