Secondo ricercatori della Penn State University la nostra percezione del sale è solo una questione di geni
Salato, troppo saporito, insipido: lo stesso piatto può essere gustato, da persone diverse, in maniera differente. Il livello di sale percepito nei cibi varia infatti da persona a persona, e tutto dipende da una predisposizione genetica che influenza la percezione gustativa del sale.
I ricercatori statunitensi del College of Agricultural Sciences della Penn State University che hanno condotto lo studio pubblicato su Physiology & Behavior, hanno coinvolto 87 soggetti sani non fumatori di età compresa tra 20 e i 40 anni (45 uomini e 42 donne). Per due settimane, hanno mangiato diversi cibi salati come brodo, patatine e snack salati. I volontari dovevano poi valutare l`intensità del gusto attraverso una scala che va da appena rilevabile a molto forte.
Secondo la scala del gusto sono stati individuati due gruppi: «Alcune persone, i supertasters, cioè i soggetti super sensibili ai sapori, descrivono i cibi salati come estremamente salati, mentre altri, chiamati nontasters, cioè poco sensibili, trovano questi stessi composti insapori o solo debolmente sapidi», spiega John Hayes, principale autore dello studio.
Dalla ricerca è inoltre emerso che, oltre al sale, la predisposizione alla percezione del gusto coinvolge anche altri sapori: «Gli individui che percepiscono maggiormente il sale percepiscono lo zucchero più dolce, il peperoncino più piccante, e il formicolare delle bevande gassate più forte», continua Hayes.
È come se i supertasters vivessero in un mondo alimentare illuminato a festa, e i nontasters in un panorama di cibi color pastello: «È quindi molto probabile che i soggetti poco sensibili ai sapori, i nontasters, abbiano bisogno di aggiungere sale agli alimenti per percepire lo stesso livello di sapidità gustato da un supertaster».