Si manifesta con sintomi gastrointestinali e in Italia colpisce 50 giovani su centomila tra i 15 e i 25 anni. Farmaci e dieta specifica sono le cure indicate.
La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria che può interessare qualsiasi porzione del tratto digestivo dell’uomo, la cui causa è ad oggi ancora sconosciuta. Il processo infiammatorio presenta due caratteristiche principali: può coinvolgere tutti gli strati della parete intestinale e colpire punti diversi del canale alimentare, con porzioni di intestino apparentemente sani tra due tratti ammalati. Queste caratteristiche la differenziano dalla colite ulcerosa, nella quale l’infiammazione interessa solo la parte interna della parete intestinale (la mucosa), è sempre limitata al colon ed è continua.
Si tratta di una malattia che colpisce prevalentemente i giovani nella fascia di età tra i 15 ed i 25 anni, ed è particolarmente frequente nei Paesi a maggior sviluppo economico rispetto a quelli in via di sviluppo. In Italia si stima – perché non esiste ancora un registro nazionale – che circa 50 persone su centomila presentino la malattia di Crohn.
Malattia di Crohn: le cause
Benché non si abbiano certezze sulle causa iniziale della malattia, oggi sappiamo che fattori ambientali e fattori genetici sono importanti.
Tra i fattori ambientali, il fumo di sigaretta è certamente quello che svolge un ruolo importante poiché i soggetti fumatori hanno un rischio tre volte superiore rispetto ai non fumatori di sviluppare la malattia di Crohn. Inoltre, nei pazienti con Crohn, l’abitudine al fumo si associa a un decorso più grave della malattia.
Anche i fattori genetici sono comunque importanti, se la malattia è presente nel 50% dei casi in entrambi i gemelli se questi omozigoti (cioè geneticamente identici) e soltanto nel 10 per cento degli eterozigoti.
La diagnosi della malattia di Crohn
Non esiste un test di semplice esecuzione per identificare i pazienti con morbo di Crohn. La prima avvisaglia sta quasi sempre nella comparsa di sintomi gastrointestinali. I successivi esami del sangue possono evidenziare:
- un aumento dei marcatori dell’infiammazione
- una lieve anemia
- un (apparentemente inspiegabile) aumento dei globuli bianchi.
È comunque necessario ricorrere a un esame endoscopico (la gastro-duodenoscopia o la colonscopia) per osservare l’intestino da vicino e prelevare piccole porzioni di tessuto da analizzare poi in laboratorio.
Se l’infiammazione è estesa a tutta la parete interna dell’intestino e si osservano particolari aggregati (granulomi), la diagnosi di malattia di Crohn è molto probabile. Per avere conferma, andando a osservare anche i tratti di intestino non visualizzabili in altro modo, è necessario il supporto della radiologia. Una ecografia e, se necessario, una Tac o una risonanza magnetica permettono di studiare il tubo digerente nella sua totalità (osservando la parete in tutti i suoi strati) e di integrare eventuali nuove informazioni con quelle già in possesso.
Cura e trattamenti del morbo di Crohn
L’obiettivo della terapia è di ridurre l’infiammazione che è causa dei sintomi e di mantenere una remissione a lungo termine. Questi sono spesso raggiungibili con la terapia medica ma, talora, richiedono un approccio chirurgico.
La strategia che regola l’utilizzo dei farmaci disponibili per il trattamento del morbo di Crohn è del tipo cosiddetto «sequenziale»: prevede l’impiego dei farmaci più potenti, ma con maggiori effetti collaterali, quando non vi è risposta clinica al trattamento con i farmaci meno potenti ma più sicuri.
I farmaci di cui oggi disponiamo sono:
- gli antinfiammatori (mesalazina o cortisonici, la scelta dipende soprattutto dalla porzione di intestino colpita dalla malattia)
- gli antibiotici (metronidazolo e coprofloxacina, per curare soprattutto eventuali fistole o ascessi)
- gli immunomodulatori (i più utilizzati)
L’impiego di questi ultimi – che peraltro risultano spesso meglio tollerati dai pazienti – si basa sulla convinzione che la malattia sia legata a un disturbo del sistema immunitario che mal controlla batteri, virus o altri elementi del contenuto intestinale.
Morbo di Crohn e dieta
I pazienti che soffrono della malattia di Crohn devono adeguare la propria dieta per mantenere «a riposo» l’intestino soprattutto nelle fasi di maggiore infiammazione. Escludendo i casi troppo gravi, che possono richiedere il ricorso alla nutrizione parenterale, ai pazienti si consiglia normalmente di fare piccoli pasti frequenti, mantenendo le percentuali di macronutrienti indicati al resto della popolazione. E dunque: 50-55% di carboidrati, 25-30% di grassi e 15-20% di proteine.
Ne «La dieta antinfiammatoria per l’intestino», l’ultimo libro di Silvio Danese (tra i massimi esperti internazionali di Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) e Marco Bianchi edito da Demetra, i due autori raccomandano il consumo di pasta di piccolo formato (escludendo l’integrale), di carne e pesce magri e poco fibrosi (per favorire la digestione).
Quanto ai vegetali, meglio prediligere spremute e succhi nelle fasi più delicate della malattia, mentre le possibilità aumentano se le condizioni di un paziente sono stabili (comunque le verdure sono più digeribili se cotte).
Quanto al latte e ai suoi derivati, occorre seguire la tolleranza individuale. Come consiglio generale, si può suggerire il consumo di formaggi freschi e non fermentati.
In sintesi, molto dipende dalle condizioni del paziente. Le restrizioni saranno tanto più evidenti quanto più acuta è la fase di malattia. Mentre in remissione la dieta di una persona con la malattia di Crohn è pressoché identica a quella di tutti gli altri, con alcune accortezze in più.
Twitter @fabioditodaro