Anche il congresso mondiale di cardiologia conferma che gli integratori come gli Omega-3 non sono di grande aiuto per contenere gli eventi cardiovascolari nè tantomeno per combattere il diabete
È stato un duplice colpo: il primo è giunto a luglio, il secondo pochi giorni fa, in occasione del congresso europeo di cardiologia di Monaco di Baviera. Crolla un mito, almeno per gli integratori. Dati alla mano, quelli di acidi grassi omega-3 a base di olio di pesce non riducono il rischio di eventi cardiovascolari, morti a causa di infarto, malattie coronarie, ictus o irregolarità cardiache. Molto meno chiara è invece l’evidenza correlata al consumo di pesce, che comunque rimane un alimento consigliato per la dieta anche in virtù di altre proprietà. Un’evidenza che, svelata a luglio attraverso una revisione della letteratura condotta dalla «Cochrane Library», è stata puntellata durante l’appuntamento scientifico in Baviera in relazione ai diabetici: nemmeno a loro serve integrare la dieta con gli omega-3 per ridurre le probabilità di essere colpito da un problema cardiovascolare.
Gli integratori sono inutili?
Nella revisione, i cui risultati sono stati resi noti all’inizio dell’estate, sono state analizzate 79 sperimentazioni randomizzate che hanno coinvolto 112.059 persone, al fine di confrontare gli effetti degli omega-3 su persone che erano assegnate casualmente (con le stesse probabilità) al gruppo che li usava o a quello che non li usava. «Non abbiamo osservato effetti protettivi – afferma il responsabile della metanalisi, Lee Hooper -. Gli autori dei singoli studi non sono stati in grado di dimostrare un chiaro beneficio clinico nei disturbi cardiaci».
Eppure, per ridurre il pesante carico delle malattie cardiache nei paesi occidentali (prima causa di morte), cardiologi e nutrizionisti avevano riposto molte speranze nei grassi omega-3. Questi infatti svolgono un ruolo importante nel costruire le membrane delle nostre cellule e i primi studi sembravano indicare la capacità di ridurre il colesterolo e di sanare le infiammazioni. Oggi, invece, si scopre che probabilmente l’evidenza è stata sovrastimata, nonostante ormai da anni gli integratori di questo tipo siano consigliati a chi è già stato colpito da un problema cardiovascolare (prevenzione secondaria).
Nella review firmata dalla «Cochrane», i ricercatori sono andati a vedere cosa succede aumentando la quantità di Omega-3, in particolare se e come cambiano il rischio di malattie cardiovascolari, i livelli di colesterolo e di trigliceridi. Sono stati registrati i dati sui principali tipi di Omega-3: EPA (acido ecosapentaenoico), DHA (acido docosaesaenoico) presenti in pesci come aringa, sardina, tonno, sgombro, e ALA (acido alfa-linoleico) presente nelle fonti vegetali (semi oleosi, frutta a guscio, soia, oli derivati).
E il pesce?
La maggior parte di tali studi riguardava l‘uso di supplementi o integratori a base di Omega-3. Alcuni invece consideravano l’apporto di acidi grassi con la dieta. I ricercatori hanno concluso che aumentare l’apporto di EPA e di DHA non ha effetti significativi sul rischio cardiovascolare. Mentre aumentare le quantità di ALA determina soltanto un leggero calo del rischio di eventi cardiovascolari, mortalità coronarica e di alterazioni nella funzionalità cardiaca: per ogni mille persone che incrementa l’introito con la dieta, la quantità di ALA nella dieta, ce n’è una che ne trae un beneficio reale. Tradotto? Assumere omega-3 in capsule non abbassa il rischio di rimanere vittima di un infarto do di un ictus cerebrale.
Più sfumata è invece l’evidenza riguardante il pesce, il quale comunque da solo non basta a mantenere il cuore e i vasi in salute. Detto ciò, è comunque più probabile che chi consuma pesce in quantità adeguate, evita di mettere a tavola carne e formaggi in eccesso. Dunque, sebbene in maniera indiretta, si determina comunque una condizione favorente lo stato di salute.
E per i diabetici?
In occasione dell’ultimo congresso europeo di cardiologia, gli omega-3 sono stati ridimensionati anche nell’uso da parte dei diabetici, che convivono già con un rischio cardiovascolare più elevato rispetto al resto della popolazione. Un gruppo di ricercatori inglesi ha infatti voluto osservare se l’uso di integratori fosse correlato a una minore insorgenza di infarti e ictus. Anche in questo caso, un nulla di fatto. Dallo studio, condotto su oltre undicimila diabetici fino a quel momento con un cuore in salute e pubblicato sul «New England Journal of Medicine», è emerso che «gli integratori a base di olio di pesce non riducono il rischio di eventi cardiovascolari tra i diabetici – afferma Louise Bowman, epidemiologa all’Università di Oxford e prima firma della pubblicazione -. Si tratta di risultati deludenti, ma in linea con i più recenti. Motivo per cui non c’è ragione per raccomandare una supplementazione della dieta con olio di pesce per proteggere il cuore e le arterie».
Twitter @fabioditodaro