Wise Society : Cos’è il glifosato? Rischi e ricerche: facciamo chiarezza

Cos’è il glifosato? Rischi e ricerche: facciamo chiarezza

di Fabio Di Todaro
2 Gennaio 2021

Ormai sono molti anni che si parla di glifosato, a cui sono state mosse molte – e fondate – accuse. Scopriamo di più su questo diserbante sistemico e «totale» che, cioè, non è in grado di agire in maniera selettiva. Non è pertanto pensabile di somministrarlo a una coltura avendo la certezza che in minima parte non finisca anche su quelle limitrofe.

Che cos’è il glifosato?

Il glifosato è un erbicida a largo spettro d’azione, attivo sia sulle infestanti annuali sia su quelle perenni (sia sulla parte aerea cioè sul fusto e sulle foglie sia su quella ipogea cioè nelle radici), che inibisce uno specifico enzima nei vegetali, indispensabile per la sintesi degli aminoacidi aromatici. Questo erbicida viene utilizzato con successo per eliminare le piante infestanti, spesso molto persistenti, in quanto entrano in competizione con le piante coltivate per acqua, nutrienti, luce e superficie. Il glifosato è in grado di devitalizzare anche gli organi di conservazione ipogea delle erbe infestanti, come i rizomi e i fittoni carnosi, che in nessun altro modo potrebbero essere devitalizzati.

Il glifosato viene venduto sotto forma di liquido pronto per l’uso. Si può dunque spruzzare direttamente sulle piante infettanti o sui terreni, in maniera semplice e diretta. Si trova sul mercato anche in forma solubile da sciogliere nell’acqua. L’assorbimento del prodotto avviene in 5-6 ore, mentre il disseccamento della vegetazione è visibile in genere dopo 10-12 giorni.

Glifosato in un campo

Foto di Th G da Pixabay

Breve storia del glifosato

L’uso del glifosato in agricoltura è stato autorizzato per la prima volta negli anni settanta ed è oggi diffuso in oltre 140 Paesi nel mondo. Ad agevolarne la diffusione nei primi anni, in un periodo in cui si iniziavano a scoprire le conseguenze legate all’uso dei pesticidi, la ridotta tossicità e la scarsa capacità di penetrare nel suolo. L’utilizzo del glifosato è cresciuto negli anni con la diffusione di coltivazioni di piante Ogm (organismi geneticamente modificati). L’introduzione di specie vegetali resistenti al glifosato (soia, mais e cotone) ha permesso ai coltivatori di utilizzare l’erbicida su queste piante senza danneggiare i raccolti. Nel 2011 è scaduto il brevetto in possesso della Monsanto, prima multinazionale a produrre il glifosato. Oggi sarebbero 750 i prodotti in commercio a base di questo erbicida, il cui mercato ammonta a quasi 6 miliardi di dollari.

Perché viene utilizzato?

Mentre in passato la lotta alle infestanti era effettuata attraverso azioni fisiche e con la rotazione delle colture attualmente, soprattutto nell’agricoltura intensiva, si preferisce controllare le piante infestanti attraverso l’uso di sostanze chimiche (erbicidi) in quanto, anche se possono dare vari inconvenienti (formazione spontanea di piante infestanti erbicida-tolleranti, inquinamento ambientale, danneggiamento delle piante coltivate), permettono di ridurre i costi agronomici. Dimostrazione di ciò sono gli oltre duemila agrofarmaci contenenti glifosato regolarmente registrati nell’Unione Europea.

campo di girasoli

Photo di cristan ruberti / Unsplash

Il glifosato è tossico? I rischi per la salute

Nel 2015 l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (Iarc) ha catalogato il glifosato come un «probabile cancerogeno per l’uomo» e come tale lo ha inserito nel gruppo 2A. Il giudizio, espresso da 17 esperti, rientra nella rivalutazione di questi composti che era in corso da quattro anni ed è giunto dopo una revisione degli studi che consideravano l’esposizione di uomini e modelli animali al glifosato (puro o in un mix con altre sostanze). Per gli studi condotti sul composto «puro», il documento ha concluso che «le prove che l’erbicida causi il cancro negli animali sono sufficienti», mentre sono «forti quelle riguardanti la genotossicità del prodotto». Dal documento è emersa una forte correlazione epidemiologica tra l’impiego del glifosato (riscontrato anche nel sangue e nelle urine degli agricoltori) e il linfoma non-Hodgkin.

Prodotti probabilmente cancerogeni: analizziamo la categoria 2A

Questa categoria (2A) viene utilizzata quando c’è limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo, sufficiente evidenza nell’animale da esperimento e forte evidenza che il meccanismo di cancerogenesi osservato negli animali valga anche per l’uomo. Altre categorie di valutazione del rischio comprendono le sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo (gruppo 1), le sostanze possibilmente cancerogene (2B), le sostanze non classificabili in relazione alla loro cancerogenicità per l’uomo (gruppo 3) e quelle probabilmente non cancerogene per l’uomo (gruppo 4).

Cancro e glifosato

Foto di National Cancer Institute / Unsplash

I limiti delle ricerche sul glifosato

Il limite è lo stesso che condividono tutti gli studi epidemiologici, dalle cui conclusioni si associa la presenza di una malattia in una determinata area all’esposizione a un composto (in questo caso il glifosato). In questo caso manca però un nesso assolutamente sicuro di causa-effetto.

Secondo l’Efsa, l’organo di consulenza scientifica della Commissione Europea in materia di rischi associati alla catena alimentare, «è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo». L’opinione è dunque opposta a quell dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (e dunque dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), anche se l’agenzia ha chiesto alla Commissione Europea di rendere più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti.

Per la prima volta l’Efsa ha stabilito una dose acuta di riferimento (DAR) per il glifosato pari a 0.5 milligrammi per chilo di peso corporeo. Con essa si intende «il quantitativo stimato di una sostanza chimica in un alimento, espressa in rapporto al peso corporeo, che può essere ingerito nell’arco di un breve lasso di tempo, di solito un pasto o un giorno, senza comportare rischi per la salute».

Glifosato: chi lo usa in Italia e nel mondo 

I più grandi utilizzatori di glifosato sono gli Stati Uniti, l’Argentina, il Brasile, il Sudafrica e la Cina. E per quanto riguarda l’Italia? La Lombardia è l’unica Regione a presentare i dati sul monitoraggio del glifosato nelle acque (laghi e fiumi). Rileggendo l’ultimo rapporto nazionale pesticidi nelle acque dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), il glifosato e il suo metabolita, l’acido aminometilfosfonico, sono stati rilevati nel 27.5 per cento e nel 49.2 per cento dei punti di monitoraggio delle acque superficiali (ma la ricerca al momento avviene soltanto in cinque Regioni: Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto e Sicilia).

Twitter @fabioditodaro

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