Ma secondo i dati dell'Associazione Italiana Celiachia le diagnosi attuali sono poco più del trenta per cento di quelle attese perchè la malattia si manifesta anche con sintomi insoliti
Le diagnosi di celiachia segnano il passo. Nel 2017, il tasso di crescita dei nuovi casi riconosciuti si è dimezzato rispetto all’anno precedente. Nel 2016 infatti si erano avute ben 15.500 diagnosi in più rispetto al 2015, nel 2017 sono scese a 8.000: una battuta d’arresto che contribuisce a spiegare perché ancora oggi mancano all’appello ben 400mila dei 600mila celiaci stimati in Italia. Il motivo? Tanti celiaci sono pazienti «camaleonte», che sfuggono alla diagnosi perché hanno sintomi insoliti. Dalle afte ricorrenti in bocca a un’orticaria fastidiosa, dall’anemia all’infertilità: sono tanti i disturbi meno noti associati alla celiachia, che pochi conoscono e quindi pochi collegano a una possibile intolleranza al glutine.
DIAGNOSI IN CALO: COSA VUOL DIRE? – Riconoscere questi casi meno «standard» è l’obiettivo dell’Associazione Italiana Celiachia, che in occasione della Settimana Nazionale della Celiachia, dall’11 al 19 maggio, accende i riflettori sulle manifestazioni meno consuete dell’intolleranza al glutine per favorire la diagnosi tempestiva, facendo un appello a specialisti come ginecologi, ortopedici, dentisti ed ematologi di rado coinvolti nella diagnosi di celiachia, perché diventino anche «sentinelle» della malattia. Numerose le iniziative che come ogni anno animeranno la settimana per diffondere la conoscenza della celiachia e ribadire l’importanza di garantire ai pazienti il diritto all’assistenza integrativa per la terapia senza glutine: l’elenco completo è sul sito www.settimanadellaceliachia.it, dove per l’occasione è anche a disposizione il filo diretto con gli esperti per domande in ambito medico, nutrizionale o sui diritti e le tutele dei celiaci. «Le diagnosi stanno rallentando: lo sappiamo per certo grazie ai numeri molto precisi emersi dalla Relazione Annuale sulla celiachia, il documento che ogni anno il Ministero della Salute presenta in Parlamento e rende disponibile in rete – afferma Giuseppe Di Fabio, Presidente AIC -. Dai dati sappiamo che le diagnosi attuali sono poco più del trenta per cento di quelle attese sulla base dell’epidemiologia della celiachia, che colpisce l’un per cento della popolazione e quindi dovrebbe riguardare circa 600mila italiani. Oggi, nonostante la crescita del numero dei pazienti, restiamo ancorati a un terzo delle diagnosi attese».
I POSSIBILI «CAMPANELLI D’ALLARME» DELLA CELIACHIA – Paradossalmente, in tempi in cui si parla molto di celiachia e di dieta senza glutine, spesso adottata per scelta e prima della diagnosi del medico, siamo ancora poco efficaci nella diagnosi dei pazienti con sintomi non classici e insoliti che per questo sfuggono alla diagnosi. Persone con problemi che non vengono immediatamente ricondotti al sospetto di celiachia e che possono vivere anni senza sapere di essere celiaci: sono soprattutto loro a mancare all’appello della diagnosi, restando esposti alle gravi complicanze della celiachia non curata. L’elenco di sintomi che potrebbero essere provocati dalla malattia è molto lungo. Sono associate alla celiachia, infatti, malattie dermatologiche come alopecia, psoriasi e orticaria e malattie metaboliche come diabete di tipo 1, osteoporosi e osteopenia, tiroiditi autoimmuni, pubertà ritardata. Problemi come anemia, carenza di ferro, astenia, affaticabilità, carie, disturbi allo smalto e afte ricorrenti, fratture frequenti, ansia, cefalea. Malattie ginecologiche come infertilità, prematurità, aborti ripetuti. «Tutti segni che dovrebbero far sospettare una celiachia e portare il paziente a sottoporsi ai test diagnostici – osserva Marco Silano, direttore del dipartimento alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità e coordinatore del comitato scientifico dell’AIC -. Attualmente sono più frequenti segni e sintomi extra-intestinali rispetto a quelli considerati classici, a carico del sistema gastro-intestinale, quali diarrea, stipsi, dolori addominali ricorrenti, vomito e, nel bambino, scarso accrescimento».
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